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giovedì 15 gennaio 2009

La Venere Callipigia: brevi spunti critici

di Gianmatteo Funicelli

Dalle collezioni della sezione “scultura” appartenenti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli possiamo ammirare le numerose statue provenienti da Roma riunite in un gruppo di elementi che celebrano la vittoria dei re di Pergamo sui Galati e le varie statue di Afrodite, collocate nelle sale IX e X.
Tra tutte le opere presenti lo sguardo subito si volge sull’Aphrodite Callipige. Capolavoro di età adrianea, la perfetta e morbida scultura in marmo denominata la Venere Callipigia (dalle belle natiche) fu rinvenuta nei pressi della Domus Aurea e collocata presso il Palazzo Farnese, al centro della Sala dei Filosofi, rievocando un ideale di bellezza classica e la passione delle forme in un accurato e realistico studio anatomico al femminile. Vivendo in un’organica composizione di superamento canonico nonché accademico, riversa nelle parti in nudità una luminosa accentuazione di contrasti chiaroscurali ben definiti. L’ascesa delle gesta, la sensualità delle carni, nel gioco vizioso del panneggio cadente e stante, ne provocarono la chiusura temporanea nella collezione segreta del museo.
Dalle varie interpretazioni si desume fosse una fanciulla in atto di fare un bagno, mentre volge il capo all’indietro per svelare e contemplare le proprie ‘grazie’. Questo soggetto, in genere realizzato nel mondo romano per decorazioni ornamentali, poteva appartenere ad un ninfeo oppure ad una fontana. Questa copia della prima metà del II sec. d.C. rievoca un originale di scuola rodio-asiatica.
Elemento di studio e di notevole impatto visivo appare la resa anatomica delle parti inferiori del corpo, dove il trapano realizza e identifica nella pietra marmorea - in un virtuosismo veristico avanzato - linee di inconfondibile charis muliebre. Da evidenziare sono anche le parti ben definite di un soffice panneggio, il quale, scoperto e rialzato sulla parte posteriore dal gesto della mano sinistra, spinge i punti di forza su un gioco di pieghe pendenti in perfetta sintonia, parallele al resto del corpo. La scultura fu in parte restaurata: parte del torso e la testa furono realizzati in un secondo tempo da Carlo Albacini, restauratore del museo napoletano a partire dalla fine del ‘700. Le sue attenzioni si concentreranno sulla grazia lineare del volto, nonché sulla chioma riccioluta e cadente su di una spalla rigidamente scoperta. Le natiche costituiscono il punto centrale e cruciale dell’osservatore, che idealizza un potere attrattivo sulle carni, carico di emotività erotica, verso un’idealizzazione di bellezza sopraffina ed irraggiungibile.

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