Il mirabile edificio di culto in questione, conserva tutt’oggi il fascino del contesto cultuale su cui è integrato nonché una notevole leggibilità archeologica capace di attirare il visitatore sulla comprensione evoluzionistica delle architetture. La leggenda del Luogo Sacro fonda le origini nel V sec. d.C., quando nei pressi del suburbio di Consilinum (nell’attuale area verso il centro di Padula) nacque un fiorente complesso religioso costituito da un Battistero con annessa una sede vescovile, frutto della grande opera di evangelizzazione per mano dei Santi Paolino e Prisco.
Citato dalle documentazioni come “Battistero di San Giovanni in Fonte Marcellianum”, si potrebbe orientativamente attribuire la presenza del sacrario già ai tempi di Papa Marcello I, che occupò il pontificato nel 307 circa. L’importanza che veste l’area di culto nel contesto sociale successivo viene annoverata da Cassiodoro, il celebre funzionario statale a stretto contatto con il re degli Ostrogoti Teodorico. Il grande storico ci ricorda il Complesso nel crocevia di grandi assi viari tra Lucania e Calabria, tra cui anche l’antica strada romana Annia Popilia, a testimoniare le continue convergenze di diverse etnie sul Luogo Santo.
Sede dell’atto battesimale di rito orientale, celebrato cioè la notte dell’Epifania, la struttura fu edificata su di una sorgente d’acqua naturale per poi essere incanalata all’uso sacramentale. Nel Volume VIII del Viarum libri, è ancora Cassiodoro che ricorda esattamente questa fonte su cui venne costruita la vasca lustrale a sette gradini e dove miracolosamente avveniva l’episodio dell’innalzamento delle acque in cui i catecumeni ricevevano il sacramento per immersione. Le successive fonti normanne citano l’edificio come “Commenda di San Giovanni”, quando cioè Ruggero II donò ai Cavalieri Templari il Luogo Sacro. Nel XIV secolo passò poi al regio demanio. In epoca rinascimentale l’edificio non fu più attivo, difatti non compare in nessuna fonte ecclesiastica.
I restauri condotti dal 1985 ed il 1987 hanno riportato in luce la complessa struttura, dotata di un impianto centrale quadrangolare in cui vi era il fonte battesimale nel centro, con annessi edifici secondari. Indispensabili per la comprensione cronologica sono i lacerti pittorici nell’interno, soprattutto quelli inerenti ai pennacchi del tamburo del fonte su cui vi erano raffigurati i volti dei quattro Evangelisti, secondo uno schema iconografico tipicamente bizantino. Nell’interno si può osservare, inoltre, il ciclo affrescato raffigurante una probabile “Teoria di Santi” riconducibile al X secolo, su cui si profila una frontalità compositiva di chiara ascendenza greco-bizantina, analoga alle similitudini iconografiche degli affreschi absidali nell’Abbazia di San Pattano (Vallo della Lucania). San Giovanni in Fonte scomparì ben presto dalla scena storica quando venne integrata ad un forte insediamento abitativo, in cui si affermarono d’altronde nuovi complessi religiosi.
Citato dalle documentazioni come “Battistero di San Giovanni in Fonte Marcellianum”, si potrebbe orientativamente attribuire la presenza del sacrario già ai tempi di Papa Marcello I, che occupò il pontificato nel 307 circa. L’importanza che veste l’area di culto nel contesto sociale successivo viene annoverata da Cassiodoro, il celebre funzionario statale a stretto contatto con il re degli Ostrogoti Teodorico. Il grande storico ci ricorda il Complesso nel crocevia di grandi assi viari tra Lucania e Calabria, tra cui anche l’antica strada romana Annia Popilia, a testimoniare le continue convergenze di diverse etnie sul Luogo Santo.
Sede dell’atto battesimale di rito orientale, celebrato cioè la notte dell’Epifania, la struttura fu edificata su di una sorgente d’acqua naturale per poi essere incanalata all’uso sacramentale. Nel Volume VIII del Viarum libri, è ancora Cassiodoro che ricorda esattamente questa fonte su cui venne costruita la vasca lustrale a sette gradini e dove miracolosamente avveniva l’episodio dell’innalzamento delle acque in cui i catecumeni ricevevano il sacramento per immersione. Le successive fonti normanne citano l’edificio come “Commenda di San Giovanni”, quando cioè Ruggero II donò ai Cavalieri Templari il Luogo Sacro. Nel XIV secolo passò poi al regio demanio. In epoca rinascimentale l’edificio non fu più attivo, difatti non compare in nessuna fonte ecclesiastica.
I restauri condotti dal 1985 ed il 1987 hanno riportato in luce la complessa struttura, dotata di un impianto centrale quadrangolare in cui vi era il fonte battesimale nel centro, con annessi edifici secondari. Indispensabili per la comprensione cronologica sono i lacerti pittorici nell’interno, soprattutto quelli inerenti ai pennacchi del tamburo del fonte su cui vi erano raffigurati i volti dei quattro Evangelisti, secondo uno schema iconografico tipicamente bizantino. Nell’interno si può osservare, inoltre, il ciclo affrescato raffigurante una probabile “Teoria di Santi” riconducibile al X secolo, su cui si profila una frontalità compositiva di chiara ascendenza greco-bizantina, analoga alle similitudini iconografiche degli affreschi absidali nell’Abbazia di San Pattano (Vallo della Lucania). San Giovanni in Fonte scomparì ben presto dalla scena storica quando venne integrata ad un forte insediamento abitativo, in cui si affermarono d’altronde nuovi complessi religiosi.
Sarà un refuso...spero. VARIARUM LIBRI di Cassiodoro, non VIARUM LIBRI, come ho letto anche in altri articoli sul web. In particolare la XXXIII lettera dell'VIII Libro delle Variae.
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