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giovedì 18 febbraio 2010

Francesco Borromini: per concludere

di Angela Delle Donne

Concludiamo raccogliendo insieme altri quattro monumenti romani ai quali Francesco Borromini ha lavorato con interventi di vario tipo. Iniziamo con Palazzo Pamphilj in Piazza Navona, voluto da Innocenzo X, fu proprio quest’ultimo a chiamare il ticinese, che vi lavorò dal 1645 al 1650. Al Borromini spetta la decorazione della Galleria Grande e della sua testata all’esterno, con la finestra serliana, ripetuta poi anche sul lato opposto della chiesa di Sant’Agnese e la copertura a volta a botte della grande sala detta del Palestrina, posta fra i due cortili interni. Attaccata al palazzo troviamo la famosa la Chiesa di Sant’ Agnese in Agone; nel 1653 Borromini venne chiamato per sostituire Girolamo e Carlo Rainaldi, ed accolse sostanzialmente le idee dei predecessori in merito alla pianta e alla sistemazione dell’interno, mutando però radicalmente il disegno della facciata, concepita con un ampio fronte concavo, che si ricollegasse alla forma della piazza di cui voleva essere il centro significativo. Borromini lavorò anche alla realizzazione di Palazzo Barberini, affiancando il Maderno che, una volta morto, fu sostituito dal Bernini che continuò a mantenere la collaborazione dell’architetto ticinese fino al 1632. A Borromini possono riferirsi con sicurezza la grande scala a chiocciola, le porte del salone d’onore, le finestre laterali accanto al loggiato in facciata (importanti per lo sviluppo dell’architettura barocca a Roma) e quelle del prospetto posteriore. Ed infine incontriamo San Giovanni in Oleo; si tratta di un piccolo sacello nei pressi di Porta Latina risalente al V secolo d.C. L’intervento del Borromini, commissionato dal cardinale Francesco Paolucci è del 1658 e si limitò al tamburo, sul quale l’architetto aggiunse un altro fregio: sulla calottina conica pose un motivo goticheggiante, con palme e rosoni.

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