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mercoledì 5 gennaio 2011

Venosa, ventitre secoli di storia e di arte

di Francesco Mastrorizzi

Era il 291 a.C. quando i Romani, dopo aver sconfitto e scacciato i Sanniti, che occupavano un altopiano situato ai margini del Vulture, fondarono la colonia latina di Venusia, chiamata così forse in onore della dea dell’amore Venere (in latino Venus), probabilmente riprendendo il nome della già importante città sannita. Da allora Venosa ha vissuto a pieno ventitre secoli di storia, durante i quali hanno lasciato le loro tracce in questo luogo molteplici popoli e civiltà (dai Romani ai Longobardi, dai Saraceni ai Normanni, dagli Svevi agli Aragonesi), nonché personalità artistiche di rilievo nel campo della poesia, della musica e della pittura. Il passato di Venosa è ricco di arte e di cultura e affascina per la sua lunga vicenda storica e per i suoi monumenti carichi di memoria.
Gran parte delle testimonianze della storia di Venosa sono conservate nel tessuto urbano della città, il quale costituisce uno straordinario esempio di continuità storica tra età romana, medioevo ed età moderna. Il centro storico è fatto quasi per intero di materiali recuperati dalle architetture civili e religiose romane e questo gioco di rimandi e intrecci, innesti e sovrapposizioni, crea il fascino della città. Ogni più piccolo angolo racchiude in sé i segni di un passato luminoso e importante e merita di essere apprezzato e valorizzato. Chi, visitando la città, si incammina per strade e vicoli, attraversandola da un’estremità all’altra, percepisce la muta presenza del tempo, sedimentato in tantissime testimonianze architettoniche, dalle chiese ai palazzi nobiliari alle tante fontane sparse per il centro.
Le tracce più significative della colonia latina sono individuabili nell’attuale parco archeologico, il quale conserva testimonianze comprese tra il periodo repubblicano e l’età medievale, quali le terme pubbliche del I-III secolo d.C., una grande domus con pavimenti a mosaico di prima età imperiale, alcuni edifici a carattere abitativo, in uso dal II secolo a.C. sino al V-VI secolo d.C. Nella stessa area, ai margini della città antica, è ubicato un anfiteatro costruito tra il I ed il II secolo d.C. e utilizzato per spettacoli a cui potevano assistere fino a 10.000 spettatori.
Attrazione di grande valore è anche il complesso della S.S. Trinità. Sorto su di un insediamento paleocristiano del V-VI secolo d. C., a sua volta edificato sulle rovine di un tempio pagano dedicato ad Imene, divinità delle Nozze, la sua origine, ancora oggi oggetto di dibattito e di confronto in sede storica, si può far risalire tra l’XI e il XII secolo. La dominazione normanna e la presenza benedettina furono il volano di crescita e di sviluppo di questo complesso. I Normanni nel 1135 decisero di realizzare un consistente ampliamento dell'abbazia, attraverso un intervento estremamente ambizioso, che non fu mai portato a termine. Testimonianza dell’imponente progetto basilicale sono i muri perimetrali e parte del colonnato, eretti utilizzando materiali sottratti all'anfiteatro romano, che costituiscono quella che è nota a tutti come l’Incompiuta.
All’interno del centro storico spicca maestoso il Castello Aragonese con le sue quattro torri cilindriche, costruito nel 1470 per ordine del duca Pirro del Balzo, nel punto dove sorgeva l'antica Cattedrale e vi era un sistema di cisterne di età romana. Trasformato nel Seicento in dimora signorile, al suo interno ospita il Museo Archeologico, ricco di reperti di diverse civiltà ed epoche storiche, che vanno dal Paleolitico al periodo normanno.
La Cattedrale di Sant'Andrea, edificata anch’essa secondo il volere di Pirro del Balzo tra il 1470 e il 1502, si distingue per la sua facciata a capanna e lo spettacolare campanile che svetta su tutta la città. L'interno presenta un impianto basilicale a tre navate, adornate con archi a sesto acuto, e custodisce diversi dipinti, tra cui il Martirio di San Felice e l’Annunciazione di Carlo Maratta (1625-1713) e L'Adorazione dei Magi, affresco ad opera di Simone da Firenze (notizie 1520-1540), di cui ci rimane solamente un piccolo frammento.
Fuori dall’abitato, sulla collina della Maddalena, sono situate le catacombe ebriache. Datate tra il IV e il VI secolo d.C. secondo la documentazione epigrafica e scoperte nel 1853, sono composte da una serie di corridoi lungo i quali si possono ammirare le sepolture e le iconografie di questo popolo. Accanto alle catacombe ebraiche, vi è un'altra struttura che ospita quelle cristiane; ciò è una delle prove che gli ebrei riuscirono a convivere pacificamente con la popolazione locale.
Tra i personaggi a cui Venosa ha dato i natali spiccano quelli che si sono distinti a livello nazionale e mondiale nell’ambito dell’arte e della cultura.
A Venosa nel 65 a.C. nacque uno tra i più grandi poeti della latinità, il celeberrimo Quinto Orazio Flacco. Maestro di eleganza stilistica e dotato di inusuale ironia, fu poeta che seppe affrontare le vicissitudini politiche e civili del suo tempo da placido epicureo amante dei piaceri della vita, dettando quelli che per molti sono ancora oggi i canoni dell’ars vivendi.
Restando nell’ambito della poesia, tra i suoi cittadini illustri Venosa può vantare anche Luigi Tansillo, uno dei più validi poeti italiani del XVI sec., da alcuni ritenuto il creatore del dramma pastorale. Le liriche raccolte nel suo Canzoniere ne fanno uno dei più eminenti poeti del petrarchismo meridionale.
Nacque a Venosa anche il sommo madrigalista Carlo Gesualdo, musicista geniale e compositore eccentrico, da molti considerato un autentico precursore della musica moderna. Fu uno dei personaggi più rappresentativi dell'età della Controriforma e uno dei grandi testimoni del manierismo musicale. Le sue originali composizioni, assieme alle tormentate vicende personali, sono state oggetto nel corso dei secoli non solo di studi storici, ma anche di opere letterarie, musicali, teatrali, cinematografiche.
Venosino di rilievo fu anche Giacomo Di Chirico, uno dei protagonisti della scena pittorica napoletana della seconda metà dell'Ottocento, apprezzato dalla critica nazionale ed europea e più volte in mostra nelle grandi capitali culturali del tempo (Napoli, Roma, Milano, Torino, Parigi, Vienna), tanto che riuscì ad approdare alla Galleria parigina di Goupil, il cui gusto determinava gli orientamenti di gran parte del mercato europeo dell'arte.
Altro pittore molto conosciuto in tutta Italia, tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, fu Andrea Petroni, il quale espose nelle principali mostre della penisola, da Venezia a Napoli, e decorò il salone del Ministero dell’Agricoltura a Roma.

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