Protagonista della scena artistica fin dalla seconda metà degli anni Cinquanta, Mario Nanni torna alla Galleria d'Arte Maggiore di Bologna con una selezione significativa di lavori inediti, che aggiungono un capitolo cruciale alla sua importante riflessione sul tema delle "mappe" e pronti a coinvolgere direttamente lo spettatore in un nuovo dialogo tra opera e pubblico. Una ricerca nata negli anni Settanta con il noto ciclo delle "Geografie dell'attenzione" e ripresa nei primi anni del XXI secolo con i famosi "Giochi della metamorfosi", esposti proprio da Franco e Roberta Calarota nel 2004. Le mappe, oggi riproposte in grandi dimensioni e su opere che richiedono l'intervento attivo del pubblico, si presentano quindi come un ideale fil rouge che ripercorre alcuni snodi significativi del lungo e articolato percorso artistico di Mario Nanni, convinto, come lui stesso sottolinea: "che le opere debbano, o dovrebbero almeno, rappresentare il loro tempo storico."
Protagonista del percorso artistico di Mario Nanni, la mappa è un mezzo con cui indagare lo spazio, attraverso un uso straniante che fa perdere ai segni topografici i connotati di cui sono portatori nella quotidianità. La topografia «in quanto tale, è perduta, ma come base figurativa può dar luogo ad una serie di programmi di esplorazione compositiva, percettiva, cromatica, geometrica. Insomma diventa la matrice di quel che si definisce "ricerca creativa", "esercizio di stile"» come scrive Omar Calabrese. Una ricerca artistica che se dal punto di vista materico porta Nanni ad affogare i riferimenti topografici nel colore, espanso in movimenti fluidi e vorticosi, impetuosi e decisi anche nelle tinte che vanno dal rosso accesso al nero; dal punto di vista emotivo trasferisce sui nuovi «portentosi meccanismi mobili, coloratissimi e componibili, che sollecitano l’intervento del pubblico», come li descrive Monica Miretti, nuove dinamiche e nuove personali interpretazioni. Lo spettatore è infatti invitato a comporre alcune opere a suo piacimento, scegliendo tra diverse possibilità, per poi trascrivere la propria preferenza su un apposito modulo. Da qui la necessità di uscire dalla bidimensionalità, per usare ancora una volta le parole dell'artista: «anche quando ho lavorato nella bidimensionalità, ho sempre cercato di venire fuori dal quadro», ed il piacere di coinvolgere il pubblico. Un'interazione che ha radici lontane se si pensa a lavori come Automisurazione psicologica. Il limite del mare, presentato a San Benedetto del Tronto il 5 luglio 1969, o all'installazione ambientale I giochi del malessere, proposta per la prima volta nel 1968, in cui lo spettatore si trovava in una stanza che diventava «una foresta di anelli sonanti», per usare un'espressione di Achille Bonito Oliva.
Mario Nanni continua così la sua inesausta ricerca iniziata a metà degli anni Cinquanta, quando, dopo una breve esperienza realista che ne segna gli esordi, si rivela tra gli artisti italiani più interessanti della stagione informale. Da qui, la sua estrema libertà ideativa lo ha portato nel corso degli anni a confrontarsi con le esperienze diverse della pittura, della scultura – a partire dagli anni Sessanta con le prime "macchine" metalliche di forte impatto e dimensioni – e del coinvolgimento spaziale, in costante dialogo con i movimenti più significativi della scena artistica internazionale. Dotato di un'«anima duplice», Nanni spazia dal polo dell'informale a un polo più razionale, esemplificato nei lavori del Mitico Computer, per poi tornare a un gesto più morbido, "caldo", che si dispiega su legno e su plexiglas trasparente, con le Stratificazioni. La conflittualità in Nanni è quindi la forza motrice di un continuo gioco di rimandi in cui continuare a meditare sul tema dello spazio, del segno, della materia e del gesto inteso come impronta e traccia.
Titolo mostra: Mario Nanni. I giochi della metamorfosi
Sede: Galleria d’Arte Maggiore
Via Massimo D'Azeglio 15, Bologna
Vernissage: 19 febbraio 2011, ore 18.00
Orari di apertura: lunedì 16.00-19.30, martedì-sabato 10.00-12.30 e 16.00-19.30
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