Per conoscere ed ammirare l’arte sacra di Alessandro Nastasio bisognerebbe poterlo seguire in pellegrinaggio lungo la Via Crucis, perché con questa tematica si è confrontato più volte e con tecniche diverse. Nel 1962 a Cesate Milanese con xilografie in legno di cirmolo, nel 1990 a Montedomini (Firenze) in ferro battuto, nel 1999 a Garbagnate con bassorilievi in gres, nel 2002 nella chiesa di san Zaccaria a Milano con cinque grandi pannelli sgorbiati, che nel loro insieme costituiscono una Sacra rappresentazione. Così Luca Frigerio presenta queste sequenze: “Il suo Cristo mostra una barba arruffata, e il corpo massiccio di chi per vent’anni ha fatto il falegname. Tutto è vero, tutto è vivo. Proprio come la parola nella Scrittura. Raccontare per immagini. Questo solo, in fondo, interessa a Nastasio. Abbassarsi, scomparire perfino, dinnanzi alla Parola, perché essa soltanto possa essere diffusa e compresa”.[1]
A Varese nella “Sala Veratti”, refettorio dell’antico convento delle monache benedettine, con affreschi di Antonio Magatti tra le architetture dipinte dai fratelli Baroffio, abbiamo raccolto, in collaborazione con l’artista, una serie di opere che illustrano le Sacre Scritture dalla Genesi all’Apocalisse. Al centro il Vangelo secondo Giovanni, non solo perché possiamo presentare l’opera nella completezza delle sue cinquantasei xilografie in bianco e nero nella pregevole edizione Marzorati, ma perché è la chiave di lettura dell’intero percorso della mostra. Infatti l’artista, alla ricerca del significato della condizione umana, che non si può accettare e non si può rifiutare, ma si può trascendere, si confronta con le Sacre Scritture sul fondamento ultimo di Cristo morto e risorto, che rappresenta in un'unica figura in diverse sculture. Si consideri al centro della sala “L’uomo pellegrino verso Cristo-Porta” del 2003. L’artista sulla base di un arco, perché la vita umana quaggiù ha un inizio e una fine, rappresenta un pellegrino con il suo bastone che avanza verso il Cristo risorto appoggiato all’albero della vita. È un esplicito riferimento al Vangelo di Giovanni, che ricordando come il Cristo richiamandosi alla rivelazione fatta da Jhwh a Mosè sul monte Horeb, “Io sono colui che sono” (Gn. 2, 20) si presenta come “Io sono la porta” (Gv. 10, 9). Questa porta è la croce, che è insieme sacrificio e glorificazione, perché Cristo morendo vince la morte ed invita tutti a passare attraverso la porta stretta (Lc 13, 24), al di là del caleidoscopio mutevole di tutti i linguaggi visivi e acustici che ci avvolgono da ogni parte in una civiltà succube della tecnologia, per raggiungere, nella contemplazione e nell’amore di Dio e del prossimo, la beatitudine eterna oltre i limiti, le insufficienze, le colpe, le presunzioni della vita quotidiana. Il ciclo si apre con la Genesi della quale l’artista ha scelto di presentare alcuni momenti significativi ad incominciare dalla creazione di Adamo ed di Eva, la prima coppia. Dal loro amore e dal loro peccato, con la pretesa di essere legge a se stessi, inizia la storia dell’umanità, in quanto le conseguenze della colpa originale, di generazione in generazione, ricadono su ogni uomo. Avendo rifiutato la grazia di Dio, l’uomo e la donna si sono ritrovati soli nella loro nudità, insoddisfatti della stessa prole, nonostante il moltiplicarsi della loro discendenza, perché hanno perso la loro relazione verticale con Dio, il dono di una vita soprannaturale che garantiva armonia e pace alla loro vita terrestre . Questa frattura è stata riparata da una nuova donna, Maria generatrice nel tempo del Verbo di Dio, che nel suo sacrificio sulla Croce riconcilia l’umanità con Dio, e dalla Chiesa che prolunga nella storia il Cristo in un relazione di nozze mistiche a cui allude il Cantico dei Cantici.
Alessandro Nastasio sta lavorando alle sculture in bronzo per l’altare della chiesa di san Bartolomeo apostolo a Brugherio (Milano) ; in mostra abbiamo i disegni preparatori. Da un lato Abramo riceve tre personaggi misteriosi, (Gen. 18,2), che la tradizione cristiana considera simbolo della Trinità; dall’altro lato l’angelo, che ferma Abramo mentre sta per sacrificare Isacco (Gen. 22,11), simbolo del sacrificio di Cristo, al centro la moltiplicazione dei pani, simbolo dell’Eucarestia, perché è il Cristo stesso il pane vivo per la vita eterna. (Gv. 6,27) L’artista qui non sono connette l’Antico e il Nuovo Testamento, ma sviluppa una lezione teologica, perché al di là dei simboli raccorda il sacrificio di Cristo alla comunione ecclesiale.
Dopo questa premessa introduttiva la mostra presenta tutta una serie di disegni, pezzi unici, dove il colore prevale sulla linea, studi che l’artista, meditando sui versetti delle Sacre scritture, ha impostato con diverse varianti, provando e riprovando, lo schema figurativo per giungere alla migliore definizione delle linee delle xilografie in legno o in linoleum. Nastasio rapporta con fedeltà ciascun disegno ad un preciso testo biblico, che talvolta trascrive nell’opera stessa o ai margini della medesima. Assistiamo così alla genesi dell’opera, al travaglio dell’artista, che è sempre insoddisfatto del risultato del suo lavoro.
Il libro di Giobbe è il primo dei libri sapienziali, un poema con un prologo e un epilogo che si sviluppa in un lungo dialogo tra il protagonista, sofferente per la malattia e le disgrazie provocate da Satana, e i suoi tre amici. Nei quarantadue capitoletti ci si interroga sullo scandalo dell’esistenza del male e la fede in un Dio giusto e misericordioso. Nastasio, che è particolarmente sensibile a questa problematica, che sente in profondità la contraddizione dell’esistenza umana, e il mistero del male, ha dedicato a Giobbe ventotto xilografie nel 2006 elaborate sulla basi di numerosi disegni di cui possiamo presentare una selezione. L’artista pone una premessa rilevando la religiosità di Giobbe Si alzava di buon mattino e offriva un olocausto… (Gb. 1,5), sottolinea che la causa del male non è Dio ma il diavolo Satana si allontanò dal Signore… (Gb. 1, 12), poi evidenzia la contraddizione attraverso le parole della moglie Allora sua moglie disse: "Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!" (Gb. 2, 9-10) per concludere che la ragione umana non sa risolvere questo mistero“Fino a quando mi tormenterete e mi opprimerete con le vostre parole?” (Gb. 19-2).
Il lavoro di Nastasio sui centocinquanta Salmi, una raccolta di preghiere composta da diversi autori tra l’XI secolo e il II secolo a.C. che costituiscono l’ossatura portante del breviario, e sono oggetto di lettura in tutte le messe, è in corso d’opera. La mostra espone alcune primizie ad incominciare da un ritratto di Davide, uno degli autori dei Salmi, visto di profilo con la sua cetra. L’artista si sofferma sui temi della vita quotidiana, la famiglia e il lavoro. Vivacissima l’illustrazione del salmo 128 con i due sposi visti frontalmente, lei con una rosa in mano e i tre figli che giocano tra di loro:“La tua sposa come vite feconda….” (Sal. 128, 3). Le due illustrazioni che si riferiscono al lavoro “Quelli che seminano nel pianto, mieteranno nella gioia” (Sal. 126, 5) e “ Viene con gioia colui che porta i suoi covoni” (Sal. 126, 6), ci ricordano le figure dei mesi nelle cattedrali romaniche e gotiche. Ma al di là di questo mondo idilliaco si percepisce anche il male e la violenza che tormentano la vita degli uomini e nel presentare il versetto Io sono per la pace ma, quando parlo, essi sono per la guerra (Sal 120, 7) l’artista ritrae il volto di un uomo che urla di rabbia, mentre una bianca colomba vola via in un cielo di sangue. Nell’universo poetico e realistico di Nastasio anche la natura nella sua bellezza e nella sua forza trova un posto, si veda come viene illustrato il versetto “Quelli che confidano in Dio,sono come il monte Sion, che non vacilla,che è stabile in eterno” ( Sal 125, 1).
Il Qohèlet (o Ecclesiaste) è un breve scritto in dodici capitoletti, dovuto ad un saggio ebreo vissuto verso la fine del III secolo a.C., che contiene una serie di pensieri, senza ordine, sulla condizione umana la cui massima “Vanità delle vanità, tutto è vanità” (Qo, 1,2) è entrata nell’immaginario popolare. Nastasio gli dedica due serie di diciotto xilografie, una su linoleum nel 1980 ed una su legno di tiglio nel 2003. In una di queste xilografie l’Artista rappresenta se stesso in un autoritratto a lato del volto di Cristo della Sindone a commento del versetto “Cerco di capire l’opera di Dio” (Qo, 7, 13). In mostra abbiano diversi disegni preparatori, molto bello l’ultimo “Conclusione: rispetta Dio e osserva i suoi comandamenti… (Qo 12, 13) nel quale l’artista contrappone e raccorda la figura di un angelo ad un gruppo di astanti, un vecchio con a fianco un bambino e una coppia. Le diverse condizioni umane e il senso ultimo dell’esistere: la vita è un soffio, ma volge in alto.
Al Cantico de cantici, un delizioso poemetto in otto capitoletti nei quali si alternano le voci di due innamorati, intramezzate dal coro che rappresenta le figlie di Gerusalemme, l’Artista nel 2008 ha dedicato venticinque xilografie che presenta “Io lo chiamo ‘Il canto di amore del mondo’. È un testo di poco più di mille parole ebraiche, dove la poesia tocca il vertice e l’amore dell’uomo si distingue e si confonde con l’amore di Dio”.[2] In mostra abbiamo alcuni disegni preparatori, ad incominciare da quello per la copertina con i due protagonisti del poemetto, ritratti in seguito in due disegni lei di profilo a commento del versetto Ma una sola è la mia colomba… (Ct. 6, 9) lui di fronte Il suo capo è oro, oro puro…( Ct. 5, 11). Gianfranco Ravasi così commenta queste immagini: “Dietro quell’amore grande, ma finito s’intravvede, però, come ha intuito la tradizione giudaica e cristiana, una scintilla dell’amore infinito. L’amore dei due protagonisti del Cantico, infatti, è rischiarato da una lampada celeste, quella dell’amore eterno di Dio”.[3] Non si tratta si sublimare l’amore umano nell’amore divino, ma di comprendere l’amore umano nell’amore di Dio, che ha creato l’uomo maschio e femmina e a partecipato a loro il dono della creazione, infatti gli sposi “pro-creano”. Questo amore sponsale è stato assunto come simbolo della relazione tra la Chiesa e il Cristo. Ma a questo livello mistico passiamo al Nuovo Testamento, che ci fa comprendere come il diavolo abbia guastato il piano di Dio scatenando nel mondo il male che solo la sofferenza della croce di Cristo può rimediare.
Il Vangelo secondo Giovanni rappresenta l’opera maggiore di Alessandro Nastasio e documenta la capacità di tradurre in segni grafici la sua riflessione teologica, in uno stile primitivo espressionista, che si richiama a Kirchener, Nolde, Hechel . Un artista non commenta, non chiosa, ma interpreta il testo letterario con cui si confronta. In mostra abbiamo non solo il volume contenente le cinquantotto xilografie ma anche alcuni studi preparatori con i quali possono essere confrontate, con la possibilità di percepire come nel processo creativo dell’artista si passi mediante un processo di semplificazione all’astrazione dei tratti essenziali della scena da rappresentare. Questi studi preparatori sono appunti per un’idea da sviluppare, ma già contengono in abbozzo l’intuizione poetica dell’artista, che si realizzerà, precisandosi e definendosi, nell’opera d’arte.
Il volume edito da Marzorati a Milano nel 1969, con il testo integrale in greco, latino, italiano ha una introduzione di Cesare Angelini. L’opera è molto bene strutturata, dopo un Prologo, in cui l’artista con due tavole presenta il Verbo di Dio nella luce trinitaria e san Giovanni Battista che annuncia la missione dell’Agnello, “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (Gv, 1,29) si sviluppa in due sezioni. La prima sessione presenta i misteri della gioia, dalle nozze di Cana alla moltiplicazione dei pani, e i misteri della lotta, dai ripetuti scontri con i farisei alla resurrezione di Lazzaro, la seconda gli avvenimenti degli ultimi giorni, dalla Passione alla resurrezione. È il vangelo delle relazioni tra le persone, dei colloqui a tu per tu, si pensi a Nicodemo o alla Samaritana, e del dialogo con la folla, si pensi al discorso sul pane di vita o al discorso delle beatitudini. Nastasio analizza questi incontri e questi scontri, insiste sui volti dei protagonisti. Le figure umane riempiono tutto lo spazio rappresentativo, il paesaggio rurale e urbano è appena accennato. All’artista interessa far emergere dalle immagini i sentimenti dei personaggi. Si percepisce che Gesù tratta i suoi discepoli come amici; posa la sua mano sulla spalla di Simone, per incaricarlo del governo della sua chiesa, lascia che la mano di Tommaso penetri suo nel costato, per soddisfare la sua coscienza dubbiosa. Sono soprattutto i gesti a rendere vive queste rappresentazioni, si veda il braccio teso in avanti di Gesù verso gli altri apostoli che domanda a Pietro “Simone di Giovanni, mi ami più di costoro? (Gv, 21,15). Nastasio evita una narrazione contenutistica, quasi ad illustrazione filologica e usa un segno espressivo marcatamente primitivo, grezzo, che quasi deforma la figura umana, alla maniera degli espressionisti tedeschi. I volti e i gesti non sono che un rimando ad una realtà invisibile a cui le immagini che sono solo un simbolo, alludono.
Diciotto grandi disegni riguardanti san Paolo sono stati presentati nel 2009 alla “X Biennale d’Arte Sacra”, ma altri sono depositati nello studio dell’Artista e nel loro insieme sulla base degli Atti degli apostoli possono illustrare la vita dell’apostolo dalla sua presenza alla lapidazione di Stefano al discorso nell’Areopago di Atene, dal naufragio durante il suo trasferimento a Roma e alla sua prigionia, e commentare alcuni punti nodali delle Lettere di san Paolo. In mostra abbiamo una selezione di cinque opere. Il versetto “Saulo assiste col mantello di Stefano alla lapidazione” (Atti, 7,58-60), offre all’Artista l’occasione di costruire una scena coloratissima su due piani, come in certe miniature medioevali, o nei mosaici di Santa Maria Maggiore a Roma. In basso quattro figure aggrediscono con sassi e bastoni il diacono, in alto Paolo. Al centro, custodisce i mantelli, mentre ai lati, inquadrati da un accenno di architettura si possono individuare, in un certo qual senso i mandanti, come per la morte di Cristo, cioè i giudici del tribunale civile e del tribunale ecclesiale; quasi una sacra rappresentazione. Un semplice inchiostro con pochi tratti ritrae l’apostolo a commento del versetto “Fremeva nel suo spirito a vedere la città piena di idoli” (Atti, 16,17).
Di questo percorso iconologico solo un disegno è stato inciso su legno, e potrebbe essere la copertina di una cartella di incisioni, perché nella scena, immaginata dall’artista, l’Apostolo medita sulle tavole della legge ebraica, mentre alle spalle, sulla collina compaiono le tre croci e in lontananza di intravede una barca, segno e simbolo dei suoi viaggi. L’artista ha compreso che bisogna leggere l’Antico Testamento alla luce del Nuovo Testamento, che la riflessione di san Paolo precisa che la legge è necessaria ma non basta, perché non ci si salva con le buone opere, ma con la fede in Cristo, morto e risorto.
Il ciclo si conclude con l’Apocalisse. Abbiamo un solo disegno nel quale Nastasio comprende diversi momenti della visione di san Giovanni: in primo piano “il dragone con sette teste e dieci corna” (Ap. 12,3) sulla spiaggia del mare, pronto per divorare il bambino che la Donna sta per partorire; a fianco l’apostolo che sta per inghiottire il libricino che le mani di un angelo gli porgono “e sarà amaro al tuo stomaco, ma dolce come il miele nella bocca” (Ap. 10,9); in alto, sopra l’azzurro delle nubi “il figlio di lei rapito verso Dio” (Ap. 12,5). L ’Artista scompone e ricompone i frammenti delle Scritture che hanno colpito la sua immaginazione creatrice. Con lo stesso criterio nel 1985 aveva disegnato sette oli su tela di grandi dimensioni, uno per ciascuna delle sette chiese, fondate da san Giovanni: Efeso (Ap. 2,1-7), Smirne (Ap. 2,8-11), Pergamo (Ap. 2,12-17), Tiatira (Ap. 2,18-29), Sardi (Ap. 3,1-6), Filadelfia (Ap. 3,7-13), Laodicea (Ap. 3,14-22).
È significativo riscontrare il rimando tra i primi capitoli della Genesi e il tema centrale dell’Apocalisse cioè la “donna”, Eva, che si lascia sedurre da Satana, e Maria, che trionfa sul dragone e genera nella sua carne il Verbo di Dio, che morendo in croce salva l’umanità. L’artista esprime questo messaggio titolando l’olio dedicato alla chiesa di Efeso: “Maria che contiene l’Incontenibile”; e come scrive Nazzareno d’Errico “Il sipario non è chiuso per sempre, la fede nella seconda venuta del Cristo colora di speranza l’esistenza dell’artista, che scorge cieli nuovi e terre nuove oltre il muro nero della storia”
[1] M. Marchiando Pacchiola, Il sacro nell’arte di Alessandro Nastasio, Museo Diocesano di Pinerolo (Torino) 2011, pp. 68-69
[2] Ivi pag, 92
[3] Ivi pag, 93
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