di Sonia Gammone
Dalla
sommità del Monte Catarozzolo, sulle cui pendici è situato l’abitato di
Chiaromonte, si gode la vista di uno stupendo scenario di monti e di valli e
costellato da piccoli paesi ognuno di antichissime e mirabili origini. Tutto
quanto è visibile dal monte in gran parte definisce quell’immenso feudo che
dall’XI secolo è noto come la “Contea di Chiaromonte” creata dai Conti Normanni
giunti nel mezzogiorno al seguito di Roberto il Guiscardo.
Chiaromonte
è uno dei tanti gioielli paesaggistici inseriti nel cuore verde del Parco
Nazionale del Pollino. Nel fiorente periodo feudale, "Clarus Mons"
era anche definito "Il signore delle valli", proprio in virtù della
sua posizione dalla quale domina le valli del Serrapotamo e del Sinni a sud. Gode
di un clima salubre e asciutto e il paesaggio si mostra splendido e variegato,
solcato da numerosi torrenti e diviso in diversi borghi rurali. Visitando il
centro storico si possono ammirare caratteristici scorci tra vicoli, abitazioni
antiche con splendidi portali, balconi, finestre e soglie in pietra lavorata,
nonché vecchie porte. E’ proprio la bellezza di alcuni edifici che colpisce l’attenzione;
in particolare il Castello dei Principi Sanseverino, ex Monastero, il palazzo
Vescovile e il palazzo di Giura.
Il
grande complesso chiamato attualmente “Monastero” nel periodo feudale fungeva
da Castello baronale, essendo stato fondato dai primi signori di Chiaromonte in
età normanna. Ingrandito e abbellito dai Sanseverino nel XIV secolo, il maniero
proteggeva dall’alto del Catarozzolo la Terra sottostante, raccolta in un’ampia
e poderosa cerchia di mura, di cui sopravanzano alcuni bastioni con torri. Col
declinare della fortuna dei Sanseverino, anche il Castello di Chiaromonte subì
un notevole degrado: molte fonti lo descrivono come un palazzone agricolo già
nel XVII secolo. Nel 1660, in un apprezzo del Tavolario Gallarano conservato
all’Archivio di Stato di Napoli, viene descritto “come un edificio di
dimensioni notevoli ma in stato precario; vi sono diverse stanze senza tetto,
pur se alcune di esse conservano ancora gli affreschi ed i controsoffitti in
legno”. Per salvarlo dalla rovina, nel secolo successivo, la Camera Comitale
decise di recuperarne la parte più solida, affidando i lavori ad alcuni
artigiani del posto che avrebbero dovuto consolidare e ristrutturare un
quartino di tre camere e camerino, una grande sala e una loggia intermedia tra detta
sala e quartino. Il resto, formato da quattro case soprastanti, un soprano, un
mezzano, otto case sottostanti, finiva di crollare prima del 1850. Acquisito
dalla Curia di Anglona e Tursi nel 1849, il Castello fu riadattato e
trasformato in monastero. La ricostruzione fu completata nel 1845. Dopo varie
vicissitudini nel 1928 fu occupato dalle Suore Figlie dell’Oratorio, che vi
istituirono un orfanotrofio, un asilo infantile e scuola di lavoro. Minacciato
da un movimento franoso sul lato sud, fu rinforzato e consolidato nel 1930/31
ed è stato successivamente ristrutturato e abbellito. È formato da tre corpi:
uno a sud a tre piani, con finestroni rinascimentali all’ultimo piano; un corpo
a due piani sul lato ovest; e un terzo, pure a due piani, sul lato nord. Il
giardino interno è abbellito da un’artistica cisterna, è protetto sul lato est
da un muro dell’antica linea fortificata che curvando a nord chiudeva il
Castello all’altezza dell’adiacente Chiesa di San Tommaso A. Particolarmente
belli al primo piano una serie di archi, costituenti l’origine di un loggiato.
La posizione stessa del castello, raccolto tra le abitazioni del centro rendono
la “location” molto suggestiva.
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