di Giovanna Russillo
Nel linguaggio si riflette la cultura e
l’identità di un popolo, un patrimonio da custodire e tramandare.
Da questo punto di vista la Basilicata può essere considerata una
miniera di antiche tradizioni, una terra nella quale convergono molte
identità linguistiche europee. Tra queste è compreso il
galloitalico, parlato in un’area molto ampia della regione,
perlopiù tra i comuni di Picerno, Tito, Perolla (Savoia di L.),
Pignola, Potenza, Vaglio, Trivigno, Pietragalla Trecchina, Nemoli, S.
Costantino di Rivello, Tintiera (Abriola), Avigliano e, con tracce
minime, Grumento Nova. Sono invece andate completamente perdute le
tracce di Ruoti e Cancellara. Al galloitalico e all’importanza dei
dialetti come patrimonio culturale è dedicato un accurato lavoro di
ricerca dal titolo “Inedito galloitalico”. Ne è autore il lucano
Tonino Cuccaro che da anni, al fianco della dialettologa Maria Teresa
Greco, è impegnato in numerose iniziative culturali volte a far
riscoprire le diversità linguistiche galloitaliche in Basilicata.
Il volume costituisce un ulteriore
tassello nel processo di scrupolosa ricostruzione della storia degli
idiomi locali, la cui conoscenza non va circoscritta ai meri ambienti
accademici, ma necessita di una più ampia divulgazione, in quanto la
lingua permette ad una comunità di riconoscersi e di ritrovare le
proprie radici. Il dialetto galloitalico parlato in Basilicata si
distingue notevolmente da altri dialetti lucani e meridionali e
presenta numerose analogie con il parlato di alcune zone d’Italia
come la Sicilia e quell’area piemontese compresa tra Novara e
Alessandria. Il primo ad operare confronti e a porre l’accento
sull’origine linguistica di queste popolazioni fu il dialettologo
tedesco Gerhard Rohlfs che, giunto in Basilicata nel 1925, rimase
colpito dalla forza del dialetto di alcune zone del potentino. Da qui
ebbero origine diverse ricerche anche ad opera di altri studiosi per
risalire alle radici storiche del fenomeno. Sono diverse le ipotesi
da questi formulate, che vorrebbero il galloitalico lucano nato dalle
deportazioni dei prigionieri lombardi in Basilicata oppure dalla
crisi angioina del XIII secolo.
Nel tempo i dialetti lucani hanno
resistito più che altrove alle contaminazioni linguistiche a causa
dell’isolamento e alla carenza di vie di comunicazione. Oggi, con
la fine dell’isolamento geografico, è più che mai importante
tutelare il patrimonio linguistico e la storia che ad esso si lega.
“Inedito Galloitalico”, la cui pubblicazione è stata finanziata
dall’APT di Basilicata e dal Comune di Tito, riporta non solo
interessanti ipotesi di studiosi, riferimenti storici e bibliografici
e un attento confronto tra i dialetti di alcuni centri lucani –
Potenza, Tito, Pignola, Picerno – ma anche una gustosa panoramica
sul lessico quotidiano. Questa affascinante escursione nel
galloitalico lucano si conclude con una copiosa serie di proverbi e
modi di dire tratti da dialoghi in dialetto titese. Si tratta
soprattutto di conversazioni tra donne di umile estrazione, che
raccontano un mondo arcaico e contadino nel quale poche semplici
parole spesso celavano significati metaforici e allegorici e una
immensa saggezza. Dal 2005 al progetto di ampio respiro legato al
dialetto galloitalico è dedicato anche un sito,
www.galloitalico.org, che raccoglie importanti contributi
documentaristici e fotografici.
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