Antonio Albanese con la regia di Giulio Manfredonia porta in scena uno dei suoi personaggi più famosi e popolari: Cetto La Qualunque. Il personaggio, noto per lo spazio riservatogli nel programma di Fabio Fazio, nel film sfoggia tutto il suo essere attraverso battute e personaggi di spalla. Commedia amara su una realtà non poi così fantastica di uno spaccato di società italiana, affronta il tema delle elezioni politiche che sono precedute da una scorretta campagna elettorale. C’è spazio per il dibattito televisivo che è completamente politicamente scorretto; c’è spazio per la “seduzione” dell’elettorato attraverso feste e regalie di vario genere; c’è la scelta del guru che viene chiamato per dare i consigli più utili alla creazione di un personaggio vincente; c’è il tentativo di intimorire l’avversario affinché si ritiri “spontaneamente” dalla scena politica. Il film è ambientato in una Calabria pervasa dal degrado, dal mal costume societario dei falsi invalidi, degli scavi archeologici occultati per costruire stabilimenti balneari, speculazioni edilizie abusive che hanno permesso la costruzione di grandi ville sulla costa. Ed ecco che fra tutto questo torna Cetto da un lungo periodo di latitanza, portando con sé una seconda moglie con bambina che deve dividere il tetto coniugale con la prima moglie ed il primo figlio. Quest’ultimo, di nome Melo, è completamente il rovescio del padre: timido, innamorato di una ragazzina che non ha nulla delle donne portate in giro per propaganda elettorale; impacciato e costretto a subire il carcere al posto del padre, per permettergli di dare l’immagine di un uomo che arriva fino in fondo al proprio dovere di cittadino. Battuta amara e riflessiva che racchiude il senso del film viene pronunciata dal guru, che si sbaglia chiamando La Qualsiasi, lapsus che esplica la pochezza e l’anonimato che a tratti pervade la nostra società.
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