di Giuseppe Nolè
La religione cristiana si diffuse tardi nel territorio lucano, soltanto nel V e VI secolo infatti sono stati trovati accenni ai vescovi di Acerenza, Venosa e Potenza. Tale fenomeno fu ampliato dall’invasione dei longobardi che determinò un’ulteriore ostilità nei confronti della chiesa cattolica. Essa si concluse solo con la sconfitta dei greci; in seguito si ebbe un ridestarsi del sentimento religioso che portò alla diffusione della vita monastica anche in Lucania. Nel frattempo però le migrazioni dei cristiani d’oriente, che cercavano di sfuggire alle persecuzioni iconoclastiche, ripopolarono un meridione d’Italia che guerre civili, saraceni, terremoti e carestie avevano reso deserto. La presenza di quest’ultimi favorì l’arrivo dei monaci basiliani; in parallelo però il culto benedettino dell’arcangelo Michele presso Monticchio continuava a diffondersi, alimentando una accesa rivalità tra benedettini e basiliani. Proprio nella zona dei laghi con molta probabilità i monaci di Basilio giunsero prima dei monaci di Benedetto.
La religione cristiana si diffuse tardi nel territorio lucano, soltanto nel V e VI secolo infatti sono stati trovati accenni ai vescovi di Acerenza, Venosa e Potenza. Tale fenomeno fu ampliato dall’invasione dei longobardi che determinò un’ulteriore ostilità nei confronti della chiesa cattolica. Essa si concluse solo con la sconfitta dei greci; in seguito si ebbe un ridestarsi del sentimento religioso che portò alla diffusione della vita monastica anche in Lucania. Nel frattempo però le migrazioni dei cristiani d’oriente, che cercavano di sfuggire alle persecuzioni iconoclastiche, ripopolarono un meridione d’Italia che guerre civili, saraceni, terremoti e carestie avevano reso deserto. La presenza di quest’ultimi favorì l’arrivo dei monaci basiliani; in parallelo però il culto benedettino dell’arcangelo Michele presso Monticchio continuava a diffondersi, alimentando una accesa rivalità tra benedettini e basiliani. Proprio nella zona dei laghi con molta probabilità i monaci di Basilio giunsero prima dei monaci di Benedetto.
Il complesso di S. Ippolito situato lungo la strada che costeggia i due laghi di Monticchio, per molti anni considerato erroneamente un rudere senza particolare importanza, è la testimonianza di questo incontro-scontro tra oriente e occidente cristiano. Secondo i primi studi effettuati la chiesa avrebbe avuto origine benedettina, con un impianto ad una navata di cui i resti circostanti ne erano un semplice ampliamento. In realtà in epoca relativamente recente si è appurato, in seguito al ritrovamento di capitelli figurati di pregevole fattura, che questi resti invece sono la testimonianza di un monumento basiliano crollato. Dagli scavi effettuati nel 1963 emersero poi una serie di strutture all’esterno dell’abside ad una quota di due metri inferiore rispetto al piano della chiesa: si scoprì così l'esistenza di un vero impianto architettonico di epoca alto-medioevale costituito dalla sagoma di un tricorno innestato su un corpo rettangolare diviso in due campate di cinque pilastri di forma rettangolare. La chiesa medievale dunque fu ricavata nell’atrio antistante del primitivo impianto.
Il complesso di S. Ippolito non costituisce un insieme concepito e realizzato omogeneamente, bensì un progressivo sviluppo e sovrapporsi di idee e forme, un autentico “palinsesto” di strutture. I resti delle due chiese hanno in comune curiosamente il tipo di muratura di pietra informe; un fatto unicamente tecnico-economico e che non influisce nell’analisi storica. Per troppo tempo sono stati considerati dei semplici ruderi; questi resti invece nascondo la bellezza di un passato ricco di spiritualità e contatto con la natura incontaminata dei laghi vulcanici di Monticchio.
(Foto Archivio APT)
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