di Sonia Gammone
Da sempre la donna è stata oggetto/soggetto privilegiato
nell’arte. Rappresentata come archetipo della dimensione umana, la figura
femminile ha ricoperto di volta in volta un significato diverso a seconda del
periodo storico nel quale viveva. Il modo di rappresentarla e il ruolo
simbolico da essa svolto sono cambiati nel corso dei secoli, di pari passo con
l’evoluzione delle tecniche artistiche e degli stili, con il variare del gusto
estetico e, elemento non meno importante, con il diverso modo di concepire il
ruolo della donna nella società.
Nell'iconografia medievale la bellezza femminile era
riservata alle immagini sacre. Era la figura di Maria ad essere protagonista
indiscussa in tutti i campi dell'arte. Le enormi influenze derivanti dal
Cristianesimo portarono ad una rappresentazione della donna solo considerandola
nella sua sacralità. La concezione teocentrica tipica di questo periodo,
investe ogni ambito della vita e conseguentemente l’arte ne diventa
espressione. Le Madonne sono il soggetto sacro per eccellenza: si presentano
composte, dolci ed eleganti, come nel caso di Simone Martini; oppure sono
ricche di umanità e di tratti più “umanamente” reali, come quelle di Giotto.
Nell’opera di Simone Martini Annunciazione
la pittura ci presenta l’Arcangelo Gabriele in ginocchio davanti alla Beata
Vergine mentre le porge una fronda d’ulivo annunciandole la volontà divina. I
loro corpi sono privi di qualsiasi consistenza materiale. Maria è avvolta in un
mantello blu con una bordatura dorata. Il suo volto, reclinato sulla spalla
destra, indica un sentimento misto tra il pudore e il distacco.
Sarà Giotto a dare una svolta radicale alla pittura del
tempo. Nella Chiesa di Ognissanti a Firenze si trova la Pala di Ognissanti: la Madonna è una figura solida, reale, e per la
prima volta la sua espressione ci appare del tutto “umanizzata”. A differenza
della Madonna bizantina, solenne e severa, questa accenna quasi ad un sorriso
nello schiudersi delle labbra che lascia intravedere i denti. Il suo aspetto,
il suo volto, la sua espressione, sono di una dolcezza tipicamente umana, senza
alcuna astrazione. Il mantello azzurro scuro che la ricopre scende dalla testa
creando una linea verticale netta, ma poi si modella adagiandosi sulle gambe
della Madonna: a Giotto basta una leggera scoloritura del colore del mantello
per farci vedere pienamente il volume disegnato dalle ginocchia. In ossequio
alla tradizione, anche Giotto alla fine utilizza il fondo dorato e una
sproporzione “gerarchica” tra la figura della Madonna e del Bambino rispetto alle
altre figure. Ma sono solo concessioni che egli fa alla tradizione, senza nulla
togliere alla sua grande capacità di controllare visivamente tutti i rapporti
spaziali e visivi tra le figure. Queste che per Giotto saranno pure intuizioni
presto diventeranno metodo e regola con la scoperta e l’utilizzo della
prospettiva.
All’unisono con i poeti e i letterati del tempo, le donne
sono angeli, sono creature sacre ed immateriali. Una consuetudine questa,
rimasta fino all'epoca rinascimentale, quando, secondo le nuove concezioni che
riportavano l'uomo al centro dell'universo, anche la donna si riappropriava dei
suoi connotati corporali e la sua figura si sganciava da una dimensione
esclusivamente trascendentale nella quale era stata relegata dalla storia. Col
Rinascimento tutto cambierà, la donna come soggetto sacro sarà sempre presente.
Non più lontana e austera come nelle rappresentazioni medievali, ma reale e
terrena nelle espressioni e nei gesti, perfezione dell’umanità che rappresenta.
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