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lunedì 11 maggio 2015

Guardando all'URSS. Realismo socialista in Italia dal mito al mercato

[Comunicato stampa] Per la prima volta a Palazzo Te a Mantova, un progetto espositivo che indaga le relazioni, gli scambi, gli sguardi e i "fuochi incrociati” tra arte italiana del secondo dopoguerra e arte sovietica del realismo socialista, riflettendo su affinità elettive e divergenze culturali e linguistiche, in una mostra di grande respiro internazionale e ricca di documenti, video e fotografie, manifesti e libri, poco o per nulla conosciuti al pubblico.
La mostra riconduce il visitatore agli anni della frontale contrapposizione politica tra comunisti e democristiani, quelli di don Camillo e Peppone, di Dio ti vede e Stalin no. Agli anni in cui per metà degli italiani l’URSS era il mito, il paradiso della giustizia sociale e il demonio per l’altra metà.
Gli anni in cui grandi intellettuali italiani (Levi, Calvino, Moravia tra i tanti) compivano il loro pellegrinaggio laico a Mosca. Gli anni in cui lunghe code si formavano all’Hermitage per ammirare Guttuso.
Lo fa in modo del tutto originale: al centro di questa proposta è infatti la riflessione sull’immagine mitica dell’URSS nell’Italia del secondo dopoguerra e sul ruolo assunto dall’iconografia realista nella sua diffusione e veicolazione.
Due gli ambiti scelti dal progetto per indagare questa vicenda ancora inedita e affascinante: da un lato l’iniziativa del Premio Suzzara, voluto da Dino Villani e dal sindaco comunista Tebe Mignoni con Cesare Zavattini e destinato, dal 1948 per quasi trent’anni, a far riflettere sul linguaggio realista e sul tema del lavoro. Gli artisti partecipanti e premiati (da Guttuso a Zigaina, da Gorni a Borgonzoni, da Mucchi a Pizzinato, da Fabbri a Sughi, solo per fare alcuni nomi) introducono il tema del ruolo dell’arte figurativa all’interno della politica culturale del PCI.
Una seconda sezione della mostra si propone di ricostruire l’immagine dell’URSS in Italia nel secondo dopoguerra, con uno sguardo particolare rivolto alla ricostruzione delle opere e degli artisti proposti nei Padiglioni sovietici alle Biennali veneziane nel 1934 e dal 1956 agli anni Settanta. Grazie ai prestiti della Galleria Tret’jakov, in mostra saranno presenti opere di Nikolaj Andreev, Aleksandr Dejneka, Sergej Gerasimov, Vera Muchina, Pëtr Končalovskij, Grigor’evič Nisskij, Viktor Popkov.
«Parlare del mito dell'URSS in Italia nel secondo dopoguerra significa sollevare il coperchio su un mondo complesso nei linguaggi e nei significati, impossibile da risolvere in una mostra e in una pubblicazione, ma al quale, finalmente e senza falsi miti o negazioni, si vuole guardare» – puntualizza Vanja Strukelj, curatrice della mostra mantovana con Ilaria Bignotti e Francesca Zanella.
«Innanzitutto abbiamo cercato di restringere il campo della nostra ricerca a un territorio rigorosamente storico-artistico, focalizzando l’attenzione sulla ricezione del realismo socialista sovietico in Italia, inquadrandolo in un contesto di scambi e rapporti culturali.
In questo quadro d'insieme un aspetto che è emerso in tutta la sua complessità è quello del viaggio in URSS e dei resoconti di viaggio, che nel corso degli anni Cinquanta costruiscono un'immagine mitica e allo stesso tempo fortemente stereotipata di luoghi, contesti sociali, linguistici, culturali...
Ci siamo chiesti: che cosa avevano visto gli artisti italiani nei loro viaggi in Unione Sovietica? Chi avevano incontrato, di cosa avevano dialogato, cosa avevano portato di sè, cosa avevano ritrovato?
Abbiamo provato a rispondere attraverso il metodo del confronto interdisciplinare, con lo spoglio di archivi, la visione di film d’epoca, la rilettura di racconti e di resoconti di viaggio, guardando a manifesti, cartoline, sfogliando i rotocalchi.
Poi il fenomeno collezionistico, qui documentato da prestiti privati: testimonianza di una cultura d'immagine, di una retorica visiva, di una modalità di racconto della realtà sovietica che rivela forti persistenze, un linguaggio fortemente codificato che viene riproposto, tra copie e riedizioni, per tutti gli anni Ottanta.
L'altro fronte su cui abbiamo lavorato è quello delle esposizioni: ripercorrendo le sale dei Premi suzzaresi e delle Biennali veneziane, certi del confronto fertile tra una manifestazione solo apparentemente di periferia e l’altra ufficiale e internazionalmente riconosciuta.
Abbiamo lavorato alla ricerca di un filo rosso che si dipana e si ritrova nella consapevolezza che parlare di realismo socialista in Italia, dalla nostra prospettiva, significa rileggere la nostra cultura e anche metterla un po’ in crisi. Ma non è forse questo il compito di una mostra e di una pubblicazione che vogliano dare un vero contributo all’oggi?».
La mostra è organizzata dal Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te presieduto da Graziano Mangoni, con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, del Consolato Generale della Federazione Russa a Milano, della Regione Lombardia, del Sistema Mantova per EXPO, del Museo Civico di Palazzo Te e della Galleria del Premio Suzzara, con il contributo del Comune di Mantova e della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Mantova, e con il sostegno di TEA Energia, Generali Italia Agenzia Pezzoli, Coop Consumatori Nordest e Berman Spa.
Per la realizzazione della mostra e del catalogo edito da Skira, le curatrici Ilaria Bignotti, Vanja Strukelj e Francesca Zanella sono state affiancate da ricercatori, dell’Università di Parma e di altri istituti di ricerca, esperti in differenti discipline.

Titolo: Guardando all'URSS. Realismo socialista in Italia dal mito al mercato
Sede: Fruttiere di Palazzo Te, Viale Te, 13 - 46100 Mantova
Date: 30 maggio - 4 ottobre 2015
Orari: lunedì 13.00-18 .00, martedì-domenica 9.00-18.00 (chiusura biglietteria un’ora prima dell’orario di chiusura della mostra)
Biglietti: intero € 6,00, ridotto € 4,00
Organizzazione: Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te
Progetto mostra e catalogo a cura di: Vanja Strukelj - Francesca Zanella - Ilaria Bignotti
Da una idea di: Arturo Calzona
Catalogo: Skira

Immagine: Armando Baldinelli, Ritorno dai campi, 1948, olio su tela, cm 90,3x120, Suzzara, Galleria del Premio Suzzara.

giovedì 23 ottobre 2014

Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e Americhe

Comunicato stampa

La Fondazione Ferrero di Alba e la GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte, si preparano a rendere omaggio a Felice Casorati (1883 – 1963) con un’ampia antologica che si potrà ammirare alla Fondazione Ferrero, ad Alba, dal 25 ottobre 2014 al primo febbraio 2015.
Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e Americhe - curata da Giorgina Bertolino, coautrice del Catalogo Generale dei dipinti dell’artista - è una personale dedicata alla ricerca, alla storia pubblica e alla ricezione internazionale della pittura casoratiana, dagli anni Dieci agli anni Cinquanta del Novecento.
Quaranta dei sessantacinque dipinti che saranno presenti nelle sale della Fondazione provengono da musei e istituzioni nazionali e internazionali. Alcuni, acquisiti e partiti dall’Italia nei primi decenni del Novecento, rappresentano per il pubblico di oggi dei veri e propri inediti espositivi.
Tra i musei prestatori italiani, la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Museo del Novecento di Milano, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro di Venezia, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, depositario della Collezione VAF- Stiftung, la RAI-Radiotelevisione Italiana.
Tra i musei prestatori in Europa, la Nationalgalerie di Berlino e il Centre Pompidou di Parigi; negli Stati Uniti, il Detroit Institute of Arts e il Museum of Fine Arts di Boston; in Brasile, il Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo.
La collaborazione della GAM di Torino - depositaria della più ampia collezione pubblica di opere di Felice Casorati - conferma l’impostazione scientifica del progetto, avvalorato dal Comitato scientifico presieduto da Danilo Eccher, direttore della Galleria torinese e composto da personalità autorevoli: Edith Gabrielli, Carlo Sisi, Ester Coen, Flavio Fergonzi, Maria Cristina Bandera, Luigi Cavallo, Ana Gonçalves Magalhães, Virginia Bertone.
«La mia pittura accolta con tanta severità in patria, trovò all’estero consensi cordiali, talvolta entusiasti. Moltissime le riviste che mi dedicarono articoli. Fui invitato ad allestire mostre personali in Germania, in Belgio, in America, in Francia e persino in Russia. Le Gallerie d’Europa e d’America ospitarono fin troppo volentieri i miei quadri».
Con queste parole, nel 1943, Felice Casorati raccontava nell’Aula Magna dell’Università di Pisa, la sua vicenda artistica oltre confine.
Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e Americhe raccoglie un nucleo di opere filologicamente coerenti rispetto alla provenienza e alla storia delle mostre, con dipinti appartenenti a collezioni museali e private, acquisiti o esposti all’estero e nelle sale della Biennale di Venezia, la grande rassegna investita nel secolo scorso della funzione di Società delle Nazioni dell’arte. Le opere sono state individuate tra quelle che Casorati stesso, durante la sua lunga carriera artistica (iniziata nel 1907 e conclusa con la scomparsa nel 1963), scelse di presentare nei contesti espositivi internazionali. Celebrato come uno dei maestri dell’arte italiana del Novecento, Felice Casorati fu protagonista di quel rinnovamento del linguaggio artistico che ebbe nelle Biennali di Venezia e nelle sedi del circuito espositivo europeo e americano uno spazio di scambio e di confronto. Partecipò a importanti rassegne celebrative tra le quali, nel 1910, le Esposizioni per il Centenario argentino di Buenos Aires e per il Centenario dell’Indipendenza di Santiago del Cile; le Esposizioni universali di Barcellona nel 1929 e di Bruxelles nel 1935; l’Esposizione Internazionale di Parigi nel 1937. Presente a numerose mostre dedicate all’arte italiana contemporanea, alle mostre itineranti del movimento artistico Novecento (a Ginevra nel 1929, in America latina nel 1930, a Stoccolma e a Helsinki nel 1931), e nel dopoguerra, alla Documenta di Kassel (dove fu invitato per la prima edizione del 1955), l’artista concorse a prestigiosi premi come quello promosso dal Carnegie Institute di Pittsburgh, dove fu presente dal 1924 al 1939 e poi nel 1950, e per il quale fu membro della giuria nel 1927.
L’antologica Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e Americhe si prefigge di analizzare questa composita mappa espositiva, assumendo le Biennali veneziane come punto privilegiato d’osservazione. Sono dodici le edizioni documentate nelle sale della Fondazione, attraverso singole opere (1907, 1910, 1912) o attraverso nuclei cospicui (ciascuno di cinque, sette dipinti) che consentiranno di ricostruire la partecipazione dell’artista alla mostra del 1924, del 1938, del 1942, del 1952, sino alla postuma del 1964.
La mostra è introdotta dal Ritratto della sorella Elvira, con cui Felice Casorati esordì alla Biennale di Venezia del 1907, avviando la sua prima stagione pittorica, caratterizzata da quadri con figura che, secondo canoni ancora naturalistici, declinano il tema delle età femminili: Le vecchie comari del 1908 (Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Verona), inviato due anni dopo a Santiago del Cile, Le ereditiere (MART, Rovereto - Collezione VAF-Stiftung), esposto alla Biennale veneziana del 1910, Bambina su un tappeto rosso (Museum voor Schone Kunsten, Gent) presentato nell’edizione del 1912 dove fu acquistato dal governo belga.
Accanto ad alcuni dei più celebri capolavori - Ritratto di Maria Anna De Lisi (1918), Tiro al bersaglio (1919), Le uova sul cassettone (1920) - la mostra rintraccia l’itinerario di scelte compiute dall’artista sul versante interno della pittura e su quello della sua presentazione ufficiale. Ne emerge un Casorati che nelle occasioni importanti privilegia il ritratto.
In mostra la ricorsività del genere sarà sottolineata da una vera e propria “galleria di ritratti”: quelli dedicati alla moglie Daphne Maugham, al mecenate Riccardo Gualino e ai suoi familiari, al pianista e compositore Alfredo Casella, alla danzatrice russa Raja Markmann, a Hena Rigotti, all’ingegner Gino Beria, ai coniugi tedeschi Kurt ed Elisabetta Wolff (il cui ritratto giungerà dalla Pinakothek der Moderne di Monaco di Baviera), al pittore e allievo Riccardo Chicco (in prestito dal Museum of Fine Arts di Boston). Familiari, amici, intellettuali, artisti, fanno parte dell’ambiente culturale e cosmopolita che l’artista frequenta lungo tutti gli anni Venti.
Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e Americhe offre un’occasione unica per ammirare, una accanto all’altra, opere straordinarie normalmente distanti. È il caso della Madre (Neue Nationalgalerie degli Staatliche Museen di Berlino), esposta alla XIV Biennale di Venezia del 1924, che il pubblico vedrà insieme ad alcune delle opere che l’artista decise di presentare allora: Manichini (Museo del Novecento, Milano), il Ritratto di Hena Rigotti (GAM, Torino), il Concerto (RAI, Torino) e i tre Ritratti Gualino, nuovamente riuniti a trent’anni dalla mostra Dagli ori antichi agli anni Venti che li presentò a Torino nel 1982.
Il Ritratto del Maestro Alfredo Casella del 1926, il Ritratto dell’ingegner Gino Beria del 1925-1926 (GAM, Torino) documentano la partecipazione di Casorati al circuito espositivo internazionale della seconda metà degli anni Venti, mentre Ospedale (GNAM, Roma), Gli scolari (Galleria d’Arte Moderna “E. Restivo”, Palermo) e Beethoven (MART, Rovereto, Collezione VAF-Stiftung), ricostruiscono parte dell’insieme presentato alla Biennale di Venezia del 1928.
Tra le opere esposte nell’edizione del 1930 il Ritratto di fanciulla (Galleria d’Arte Moderna, Genova) e in quella del 1934, Pomodori dello Szépmuvészeti Múzeum di Budapest.
La sezione delle opere degli anni Trenta si apre con la Venere bionda del 1933 (Centre Pompidou, Parigi). Esposta nel 1937 nel Padiglione italiano dell’Exposition internationale di Parigi e acquisita dallo Stato francese nel 1938, la tela fu richiesta in prestito nel 1952 per la sala alla Biennale di Venezia che lo stesso Casorati concepì per antologizzare la propria storia pittorica. I prestiti del Detroit Institute of Arts consentiranno di vedere per la prima volta in Italia il Ritratto di mia moglie, esposto al Premio Carnegie nel 1933 e nel 1936, e Icaro, presentato nell’edizione del 1939.
L’importante nucleo di quattro dipinti appartenenti al Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo documenteranno il decennio successivo, registrando al contempo l’esemplare vicenda collezionistica di Francisco Matarazzo Sobrinho, imprenditore e mecenate italo-brasiliano.
Alla GAM di Torino appartiene anche la serie di fogli dell’album che raccolgono i minuscoli disegni progettuali con cui Casorati era solito tracciare, con pochi segni essenziali, le idee e le varianti dei suoi futuri dipinti. In questi formati di pochi centimetri, allestiti in un’apposita sezione, il visitatore potrà riconoscere numerose delle opere disposte sulle pareti della mostra.
La mostra avrà tra i suoi destinatari sia gli studiosi sia il grande pubblico, accolti negli spazi della Fondazione Ferrero da un articolato programma di visite, incontri e approfondimenti, dalla proiezione di un documentario prodotto ad hoc e dalle attività educative destinate alle scuole, progettate dalla Fondazione in collaborazione con il Dipartimento Educazione della GAM, Torino.
Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e Americhe è fondata su una approfondita ricerca iniziata nella primavera del 2013. Gli esiti della ricerca confluiranno nel catalogo, curato da Giorgina Bertolino ed edito da Silvana Editoriale. Il volume documenterà e analizzerà le opere esposte e sarà arricchito dai saggi della curatrice, di Sergio Cortesini, Maria Chiara Donini, Ana Gonçalves Magalhães.
Nel periodo di apertura dell’esposizione allestita ad Alba, la GAM di Torino presenterà una selezione di disegni di Felice Casorati, provenienti dal Gabinetto Disegni e Stampe del museo. Organizzata nella Wunderkammer, la mostra di disegni sarà curata dal vice-direttore Riccardo Passoni.

Titolo mostra: Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e Americhe
A cura di: Giorgina Bertolino
Sede: Alba, Fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero
Periodo: 25 ottobre 2014 - 1 febbraio 2015
Orario: dal martedì al sabato ore 10.00-18.00

mercoledì 27 agosto 2014

Licata e la pittura a Venezia nel Dopoguerra

Comunicato stampa

La musica come guida, il mosaico come sintesi, la versatilità come strumento: il Movimento Spaziale è una testimonianza vivida della creatività italiana del Dopoguerra e le opere di Riccardo Licata ne sono lʼemblema più caleidoscopico. A pochi mesi dalla scomparsa dellʼartista, avvenuta a Venezia lo scorso 19 febbraio, nasce così la mostra Licata e la pittura a Venezia nel Dopoguerra, che si terrà dal 3 settembre al 10 dicembre nella cornice di Palazzo Te a Mantova. La prima occasione per riflettere sul lascito artistico di Riccardo Licata. La mostra, curata dal prof. Giovanni Granzotto, è stata realizzata da Il Cigno GG Edizioni e lo Studio GR con il patrocinio del Comune di Mantova e dellʼAssessorato alla Cultura. Una rassegna unica, sponsorizzata dal Gruppo Euromobil, che si terrà presso lʼAla Napoleonica, il padiglione ottocentesco del Palazzo Te: lʼinaugurazione sarà alle ore 18.30 del 3 settembre presso il palazzo mantovano.
Una mostra quindi che mette in luce lʼalchimia colorata degli artisti che si legano al pittore torinese e che ne tracciano la cornice e il contesto realizzativo. Licata e la pittura a Venezia nel Dopoguerra apre con i quadri di Bruno Saetti, così lontani dalle avanguardie e così vicini al realismo espressionista con le sue tele sulle nature morte. Ci sono le opere di Virginio Guidi, Mario Deluigi, Luciano Gaspari, Edmondo Bacci e di altri artisti a riportare lʼattenzione del visitatore sul Movimento Spaziale. Seguono i dipinti dei riferimenti più vicini allʼespressione concettuale di Licata come quelli di Giuseppe Santomaso e alle opere di rivali dellʼautore di origini siciliane come quelle di Emilio Vedova: un percorso ideale per descrivere il vissuto artistico che ha forgiato lʼhumus creativo di Riccardo Licata. Alle opere del grande spazialista è dedicata la seconda parte del percorso espositivo della mostra mantovana, con dipinti realizzati con tempera, olio e acrilico su tela e quindi un mosaico che illumina i segni e i codici di Licata, ricchi di illusioni grafiche e codici espressivi.

Titolo mostra: Licata e la pittura a Venezia nel Dopoguerra”
A cura di: Giovanni Granzotto
Sede: Museo Civico di Palazzo Te, Mantova
Date: 3 settembre - 10 dicembre 2014
Vernissage: 3 settembre 2014, ore 18.30
Catalogo: Il Cigno GG Edizioni

mercoledì 11 settembre 2013

Passeggiate romane dalle Secessioni alla Scuola Romana

Comunicato stampa

Ideata come “passeggiata” attraverso i diversi movimenti artistici dei primi decenni del Novecento, la mostra che si inaugura il 19 settembre 2013 alle ore 17 alla Nuova Galleria Campo dei Fiori rende omaggio ad artisti romani e ad altri maestri attivi nella capitale negli anni fra le due guerre, facendone emergere le differenti poetiche e i diversi linguaggi.
Strettamente legati alla “Scuola romana” sono: Giuseppe Capogrossi (1900 - 1972) con una straordinaria e inedita opera figurativa Ponte di ferro [o] Ponte del soldino (1928), che restituisce l’incanto di un angolo della Roma sparita; Riccardo Francalancia (1886 - 1965), di cui si espone il dipinto Monte Soratte (1926), presentato nel 1928 alla prima mostra romana dell’artista e mai più esposto, una icona così antinaturalistica da lambire la pittura astratta; Gisberto Ceracchini (1899 - 1982) con il dipinto Pastorale con il quale l’artista partecipa nel 1943 alla IV Quadriennale, un inno alla pace in mezzo agli orrori della guerra.
Di matrice divisionista Alla toilette di Camillo Innocenti (1871 - 1961), un esempio tra i più significativi della sua poetica intimista, eseguito a Parigi tra il 1912 e 1915. La tecnica della pittura divisa si ritrova anche in un raro Ritratto di Salvatore Di Giacomo (1908) del napoletano Enrico Lionne (1865 - 1921), maestro in quegli anni di Umberto Boccioni. Di Armando Spadini (1883 - 1925) in mostra La pettinatrice, un capolavoro proveniente da una storica collezione, eseguito nel novembre del 1918 nel clima di fine guerra ed esposto nel 1931 alla I Quadriennale Romana. Dello stesso autore una vivace Natura morta del 1915. Si segnalano di Giulio Aristide Sartorio (1860 - 1932) una scena della Grande Guerra del 1917 Baraccamenti a Boneti sul Carso e due opere di Felice Carena (1879 - 1966), Nudo del 1927 e una Veduta di Roma. Sempre tra le nature morte si espone del triestino Bruno Croatto (1875 - 1948) una Coppa rossa con melograni, espressione di un naturalismo puro e raffinato con un’attenzione meticolosa al dato reale che ritroviamo anche nel Vaso di rame e mele di Rino Gaspare Battaini (1898 – 1960).
Tra gli artisti che hanno lavorato e vissuto a Roma a Villa Strohl-fern si espongono un dipinto di Amedeo Bocchi (1883 - 1976) che ritrae la Villa nel 1930 e le sculture del faentino Ercole Drei (1886 – 1973) e del veneto Attilio Torresini (1884 – 1961).
Sempre rimanendo nell’ambito della scultura sono presenti due raffinate teste in marmo bianco di gusto Neoclassico dello scultore abruzzese Nicolò D’Antino (1880 - 1966), appartenute alla collezione di un Ministro del Ventennio; di Filippo Cifariello (1864 - 1936) il gesso I coniugi Pinto, eseguito nel 1919 durante la breve fase simbolista della scultore pugliese.

Titolo mostra: Passeggiate romane dalle Secessioni alla Scuola Romana
A cura di: Lela Djokic e Daina Maja Titonel
Sede: Nuova Galleria Campo dei Fiori, Via di Monserrato 30, Roma
Durata: 19 settembre - 16 novembre 2013
Vernissage: giovedì 19 settembre 2013, ore 17.00-20.00
Orario: 10.00-13.00 / 16.00-19.00, chiuso lunedì mattina e festivi; altri orari su appuntamento
Opere di: G. Capogrossi, F. Carena, G. Ceracchini, R. Francalancia, C. Innocenti, E. Lionne, G.A. Sartorio, A. Spadini, R.G. Battaini, L. Bistolfi, A. Bocchi, F. Cangiullo, F. Cifariello, B. Croatto, N. D’Antino, E. Drei, D. De Angelis, G. Guerrini, L. Laurenzi, G. Prini, A. Torresini.

martedì 26 febbraio 2013

Stile Italiano: Arte e Società 1900-1930

Comunicato stampa

La Reggia di Colorno, nel parmense, risanati almeno in parte i danni subiti dal recente terremoto, riapre i suoi magnifici ambienti ad eventi espositivi di rilievo. Questo nuovo corso prende il via il prossimo 2 marzo con la grande rassegna intitolata Stile Italiano: Arte e Società 1900-1930, allestita in Reggia grazie alla collaborazione tra Provincia di Parma, Comune di Colorno, il Massimo e Sonia Cirulli Archive, New York e Antea Progetti e Servizi per la Cultura e il Turismo. Di rilievo la collaborazione assicurata alla mostra dal Metalab della Harvard University, nella figura del suo direttore Jeffrey Shnapp.
Oltre 150 opere, molto selezionate, vi compongono una moderna wunderkammer sull’arte Italiana del XX secolo che celebra il “fare italiano” o made in Italy offrendo un punto di vista documentato sulla complessità artistica, creativa ed estetica dell’Italia della prima parte del Novecento.
Come in un prisma la mostra Stile Italiano: Arte e Società 1900-1930 riflette e rifrange, attraverso la molteplicità degli ambiti artistici presi in considerazione, lo spirito del secolo, in un dialogo continuo tra pittura, scultura, disegni, grafica pubblicitaria, progetti per l’industria e le loro implicazioni poetiche e filosofiche. Fino a giungere ad una vera e propria sintesi tra le varie espressioni artistiche, che ha le sue radici profonde nel grande big bang futurista, in questo modo affascinando e continuando ad affascinare molti paesi nel mondo.
I dipinti di Balla, Sironi, Licini, Russolo, Previati, le fotografie di Luxardo, Ghergo e Ghitta Carell, le fotodinamiche di Masoero, Munari e Bragaglia, i manifesti pubblicitari firmati da Enrico Prampolini, Lucio Fontana, Marcello Dudovich, le sculture di Thayaht, i fotomontaggi di Bruno Munari, la collezione di libri e manoscritti futuristi, i disegni di architettura dei grandi razionalisti italiani per la grande sfida della costruzione di una “cittá utopica” a Roma, EUR o E 42, il progetto di Sant’Elia per una “stazione per treni e aerei” del 1913, impaginate in questa grande mostra, ci parlano della nostra avventurosa presenza nel secolo appena concluso, descrivendo le mille sfaccettature di quello che è internazionalmente riconosciuto come lo stile italiano.
«La multidisciplinarità è uno dei grandi pregi di questa rassegna, la rende vissuta e nel contempo viva e piena di sorprese per i visitatori. A noi piace pensare alla mostra – afferma Massimo Cirulli – come a un racconto, una partitura, una sceneggiatura di un film, meglio ancora come una composizione d’autore, rivolta in particolar modo alle nuove generazioni, le più giovani, quelle che – come diceva Bruno Munari – rappresentano il futuro che è già presente qui, adesso, tra di noi.
Naturalmente è legittimo chiedersi se esista davvero uno stile italiano e se sia possibile definire alcune caratteristiche della sua modernità. Tra le possibili risposte cerchiamo di abbozzare alcuni fondamenti: un aspetto emozionale che arricchisce un prodotto più artigianale che industriale e la cui forma spesso deriva in modo pragmatico dalla funzione; la semplicità, ovvero il tentativo di cancellare tutto il superfluo senza essere obbligatoriamente più semplici; la fantasia che fa da contrappeso alle regole troppo rigide della progettualità; l’eleganza, ovvero il risultato di un equilibrio compositivo, di una partitura cromatica ed estetica ottenuta per futili motivi, per puro godimento della bella forma».
Da La santità della luce del 1910 del futurista Russolo, dal disegno Stazioni per treni ed aeroplani di Sant’Elia del 1912 alla fotografia vintage dello Sviluppo di una bottiglia nello spazio di Boccioni del 1912 alla Città che sale di Licini del 1914, solo per fare alcuni esempi delle opere che sono contenute nell’Archivio e che sono qui esposte (molte per la prima volta in Italia), è esplicitato tutto lo sforzo descrittivo ed analitico di inizio secolo verso un mondo inafferrabile, in continuo mutamento, descrivibile solo attraverso la molteplicità delle sue trasformazioni, un mondo complesso che riflette la profonda esaltazione della modernità italiana, della velocità, del dinamismo, della urbanizzazione, della industrializzazione.
E allora scorrere le immagini che vanno dal Profilo continuo del 1933 di Bertelli al Poeta incompreso di Munari, dai manifesti giallo intenso per la Perugina di Seneca a quelli per la Campari di Depero, Nizzoli e Munari, è un succedersi caleidoscopico di suggestioni visive, ricordi, passioni, stili con un comune denominatore: lo stile italiano.
«Difficilmente, anche il visitatore più distante dai temi dell’arte, potrà rimanere – conclude Massimo Cirulli – indifferente e non notare la qualità eccellente di un lavoro che non è solo relegato ad un passato da ricordare con affetto, ma che è ancora vivo nel nostro patrimonio culturale e industriale, consolidato nel linguaggio visivo di un’intera nazione».
Il Massimo e Sonia Cirulli Archive, da dove provengono tutte le opere, nasce a New York, così come all’estero vivono e lavorano in prestigiose università alcuni dei giovani professori italiani che sono stati chiamati nell’Advisory Board a contribuire, con le loro ricerche storico-scientifiche, ad una riflessione su quanto abbiamo prodotto in Italia.

Titolo mostra: Stile Italiano: Arte e Società 1900-1930
Sede: Reggia di Colorno, Piano Nobile, Colorno (PR)
Periodo: 2 marzo - 15 giugno 2013
Mostra promossa da: Provincia di Parma, Comune di Colorno
Organizzazione a cura di: Antea Progetti e Servizi per la Cultura e il Turismo scrl
Ideazione di: Massimo Citrulli, Antonio Morabito
A cura di: Pierpaolo Antonello - University of Cambridge, Alessandro Coalizzi - Université du Québec, Giuseppe Virelli - Università di Bologna
Supervisione progetto: Jeffrey T. Schnapp, Metalab at Harvard University
© Massimo & Sonia Cirulli Archive, New York
Orari di apertura: dal 2 al 31 marzo: martedì-domenica 10-18; dal 1 aprile al 15 giugno: martedì-venerdì 9-18, sabato e domenica 9-19. Chiuso il lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima.
Ingresso: intero € 8.50; ridotto € 7.00 (ragazzi 15-18 anni, over 65, Card Castelli del Ducato, Soci FAI, Soci Touring); ridotto ragazzi € 3.00 (ragazzi 7-14 anni); ingresso Gruppi € 6,50 (minimo 15 persone). Tutti i giovedì e sabato ore 15.00 ingresso e visite guidate € 12,50. Visita guidata fino a 30 partecipanti € 70 a gruppo + ingresso ridotto. Prenotazione obbligatoria.
Informazioni e prenotazioni: tel. 0521.312545 - fax 0521.521370

giovedì 18 ottobre 2012

Cantiere del '900

Comunicato stampa

A un anno dall'inaugurazione delle Gallerie di Piazza Scala, Intesa Sanpaolo porta a compimento l'ambizioso progetto culturale, con l'apertura di Cantiere del '900, un nuovo spazio espositivo nel palazzo Beltrami, che fu sede storica della Banca Commerciale Italiana, dedicato alla presentazione delle opere del Novecento nelle collezioni di Intesa Sanpaolo. Curata da Francesco Tedeschi, questa prima edizione presenta una selezione delle opere più significative dei protagonisti e delle tendenze dell'arte italiana nella seconda metà del secolo. 189 opere – fra dipinti, sculture, fotografie e altre tecniche artistiche esplorate nel secolo scorso – propongono una visione multiforme della ricchezza delle direzioni di ricerca nelle quali l'arte di questo importante periodo ha raggiunto, in ambito italiano, livelli di eccellenza sul piano mondiale.
Nei luminosi ambienti al piano terra del palazzo Beltrami- sapientemente rivisitati dall'architetto Michele De Lucchi - Cantiere del '900 traccia un percorso nell'arte italiana dagli anni Cinquanta agli anni Novanta, che evidenzia le correnti dell'astrazione, dell'informale, delle sperimentazioni formali e tecnologiche, delle diverse configurazioni di nuove potenzialità espressive e di rappresentazione dell'uomo e della società del proprio tempo. Il progetto espositivo è accompagnato da una serie di supporti multimediali curati da Francesca Pola, che danno la possibilità di approfondire argomenti, opere e architetture. Importante novità nella nuova sezione delle Gallerie, il caveau. In un'idea moderna e funzionale del concetto di deposito, l'architetto De Lucchi ha ripensato i sotterranei dell'edificio bancario, luoghi da sempre segreti e dal grande fascino, rendendoli visibili al pubblico: il deposito, da luogo chiuso, diventa quindi uno spazio che incuriosisce, apre a nuove prospettive e rimanda alle mostre che verranno.
L'inaugurazione della nuova sezione segna un momento importante anche all'esterno del palazzo, nella vita del centro storico di Milano in quanto il fulcro del museo - inizialmente aperto su via Manzoni - gravita su piazza della Scala e propone nuovi servizi e possibilità a cittadini e turisti. Parte integrante del progetto  infatti l'apertura di una grande area di servizi in piazza della Scala, all'angolo con via Manzoni: bookshop e caffetteria sono a disposizione non solo dei visitatori del polo espositivo, ma costituiscono una possibilità di incontro per il pubblico esterno. Rimane, lungo il percorso dell'Ottocento, la piccola e romantica caffetteria che guarda il giardino affacciato sulla abitazione che fu di Alessandro Manzoni. A cura di Civita viene proposta una articolata offerta di itinerari e laboratori didattici gratuiti rivolti alle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie - che possono usufruire di un'attrezzata aula didattica -, visite guidate e itinerari tematici fra le collezioni e i palazzi. Fra i servizi offerti al pubblico sono a disposizione audioguide gratuite in nove lingue, anche in versione iPod.
Cantiere del '900 va ad arricchire l'offerta espositiva delle Gallerie di Piazza Scala, che ospitano dal 2011 un percorso museale curato da Fernando Mazzocca, suddiviso in 13 sezioni tematiche, che ha avuto nel primo anno un pubblico di oltre 140.000 visitatori. Circa duecento opere dalle collezioni dell'Ottocento della Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo propongono un itinerario appassionante attraverso un secolo di arte italiana, in particolare lombarda: il percorso prende avvio da tredici straordinari gessi di Canova e si conclude con quattro capolavori prefuturisti di Boccioni, che segnano un ponte ideale con la proposta espositiva dedicata al Novecento. Con gli spazi di nuova apertura il polo espositivo delle Gallerie di Piazza Scala apre al pubblico, con ingresso gratuito, una superficie di 8.300 mq complessivi all'interno di quattro palazzi storici situati fra piazza della Scala, via Manzoni e via Morone, sintesi affascinante della storia dell'architettura e dello sviluppo urbano di Milano fra la fine del '700 e i primi decenni del secolo scorso.
Le Gallerie di Piazza Scala, parte della rete Gallerie d'Italia insieme alle sedi espositive di Palazzo Leoni Montanari a Vicenza e Palazzo Zevallos Stigliano a Napoli, segnano il momento di maggiore impegno di Intesa Sanpaolo nell'ambito di Progetto Cultura, programma articolato di interventi promossi dalla banca nella radicata consapevolezza che il ruolo di un'impresa bancaria di rilevanza nazionale sia quello di concorrere non solo alla crescita economica, ma anche, e inscindibilmente, a quella culturale e civile del Paese.

Evento: Apertura Cantiere del '900. Opere dalle collezioni Intesa Sanpaolo
Curatore: Francesco Tedeschi
Allestimento: architetto Michele De Lucchi
Sede: Gallerie d'Italia - Piazza Scala, Milano Piazza della Scala, 6 - 20121 Milano
Superficie espositiva complessiva Gallerie di Piazza Scala: 8.300 mq
Servizi: accoglienza, guardaroba, didattica, visite guidate e itinerari tematici a cura di Civita; audioguide gratuite in 9 lingue anche con supporti iPod a cura di D'Uva Workshop; ampi bookshop e caffetteria aperti all'esterno in Piazza della Scala e piccola caffetteria all'interno del percorso museale.
Percorso multimediale: a cura di Francesca Pola e Zenit, punti video lungo il percorso con approfondimenti multimediali su opere, autori, architetture.
Modalità di ingresso: entrata gratuita
Orari:
Giovedì 25 ottobre, giorno dell'inaugurazione, apertura serale straordinaria al pubblico dalle 20.30.
Da martedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30 (ultimo ingresso 18.30); giovedì dalle 9.30 alle 22.30 (ultimo ingresso 21.30), lunedì chiuso
Prenotazione consigliata per gruppi e scuole

Immagine: Lucio Fontana, Concetto spaziale: la Luna a Venezia, 1961, olio e vetri su tela, cm 150x150, Collezione Intesa Sanpaolo.

giovedì 11 ottobre 2012

Tito: Gli Inizi

Comunicato stampa

Il periodo dell’Accademia a Firenze, gli studi intorno alla figura umana, il rapporto con il maestro Primo Conti, le prime nature morte e vedute di città: questi sono i temi che trovano collocazione nella cornice di Sala 1 in occasione della nascente Fondazione Tito Amodei. Una serie di dipinti e sculture, a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘70, che ripercorrono gli albori della sua lunga carrieria artistica e il delicato passaggio da allievo a direttore, da una prima fase figurativa alla riduzione delle forme e la scoperta dello spazio. La mostra è a cura di Sandra Leone.

Tito Amodei (in arte Tito), pittore, scultore, incisore, è nato nel 1926 a Colli al Volturno (IS). Membro della Comunità Passionista della Scala Santa, vive a Roma dal 1966. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze, inizia nel 1958 l’attività espositiva in Italia e all’estero. Nel 1970 ha fondato a Roma la galleria Sala 1. Ha pubblicato numerosi libri e saggi come 50 artisti per la Passione (De Luca Editore, Roma 1962), L’arte sacra oggi (Edizioni Sala 1, Roma 1971), La Scala Santa (Edizioni Quasar, Roma 1999), Signum Magnum. Perché la Madonna vuole apparire kitsch? (Edizioni Feeria, Firenze 2009).

Titolo mostra: Tito: Gli Inizi / Opere pittoriche e scultoree dal 1951 al 1973
A cura di: Sandra Leone
Sede: Sala 1, P.zza di Porta S. Giovanni, 10 - 00815 Roma
Periodo: 5 novembre 2012 - 5 febbraio 2013
Orari: dal martedì al sabato, ore 16.00-19.00

Immagine: Tito, Autoritratto, 1955, olio su tavola, cm 63x49.

giovedì 13 settembre 2012

L'ignoto che appare. Torino, presenze 1964-1990

Comunicato stampa

Verso la fine degli anni Sessanta del secolo scorso, Torino – città profonda, città geometrica – ha cominciato ad accogliere intorno a sé un nutrito gruppo di artisti, che dopo pochi anni, nel vasto concerto internazionale, si sono affermati tra i più significativi e importanti del secondo dopoguerra. Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Piero Gilardi, Mario Merz, Aldo Mondino, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Salvo, Gilberto Zorio, sono i famosi protagonisti di un nuovo linguaggio – delimitabile intorno alle fortunate definizioni di arte povera e arte concettuale – che annullando o trasformando radicalmente ogni residuo pittorico, ha saputo inventare inedite e visionarie forme.
La mostra L'ignoto che appare. Torino, presenze, 1967-1990 testimonia come – attraverso un'alchimia profondamente paradossale – nella città italiana più geometrica, razionale e pitagorica, molti studi ed alcune gallerie hanno visto nascere e svilupparsi un felice turbine d'invenzioni: l'apparire di nuovi materiali, spesso viventi, organici, che mutano e si trasformano: il seme, il vegetale, il minerale, la terra, la polvere, il sale, il fuoco, l'acqua, il legno, la parola, il ghiaccio; l'apparire di forme e segni e gesti, insieme avveniristici e arcaici, primitivi e fascinosamente attuali. "L'insurrezione del valore magico e meravigliante degli elementi naturali" (Celant), in un ininterrotto fluire di metamorfosi e mutazioni – in uno spazio urbano, Torino, ben noto per la sua elegante razionalità – nell'esperienza di un'organicità che diviene immobile plastica (Gilardi), e una plasticità che si trasforma in decostruzione e meditazione (Anselmo, Merz, Zorio), in specchio (Pistoletto), in "opera pensata" (Calzolari, Fabro, Paolini), o in parola cromatica e ambigua (Boetti, Salvo). Oltre il desiderio di qualsiasi volontà rappresentativa, una nuova arte nel vivere direttamente il mistero delle cose, dove il massimo peso diviene leggerezza, e la levità si può condensare in ferro, in pietra, in legno, in piombo; dove tutto il fascino della creazione viene ripreso, smontato e rielaborato, nel turbine di un immobile divenire: le forme araldiche di un ignoto che appare: segno e visione, immagine e simbolo.
In occasione della mostra, in cui saranno esposte circa 35 opere, verrà realizzato un catalogo a colori.

Titolo mostra: L'ignoto che appare. Torino, presenze 1964-1990
Sede: Galleria Repetto, via G. Amendola, 21/23, Acqui Terme (AL)
Periodo: 22 settembre-30 novembre 2012
Artisti in mostra: Anselmo, Boetti, Calzolari, Fabro, Gilardi, Merz, Mondino, Penone, Paolini,
Prini, Pistoletto, Salvo, Zorio
Orari: martedì-sabato 9.30-12.30 e 15.30-19.30

martedì 8 maggio 2012

Le avventure della forma

Comunicato stampa

Dal 1 luglio al 9 settembre 2012 le sale del Palazzo Mediceo di Seravezza in Versilia (Lucca), ospitano la mostra Le avventure della forma. Dall’espressività di Viani, Sironi e Rosai alla realtà allucinata di Ligabue, Transavanguardia e oltre; ideata e curata da Enrico Dei e da Marco Moretti e organizzata dalla Fondazione Terre Medicee e dal Comune di Seravezza in collaborazione con l’Archivio Opere Lorenzo Viani di Viareggio.
Il percorso espositivo presenta 75 dipinti e 20 sculture di molti degli artisti italiani più significativi del Novecento e non solo, per la ricerca sul concetto della forma. Figure umane, paesaggi, angoli di città, nature morte, sono i soggetti attraverso i quali si materializzano oltre 100 anni di arte fatta di segni, colori, tele, metallo, visioni. Un tragitto che, dalla scultura “eversiva” ottocentesca di Medardo Rosso, arriva fino ad oggi con artisti del primo e secondo Novecento come Carena, Carrà, Soffici, Viani, Rosai, de Chirico Sironi, Funi, Casorati, Campigli, Conti, Gentilini. In mostra opere di pittori nati negli anni Dieci e Venti come Annigoni, Santini, Lotti, Loffredo, Xavier e Antonio Bueno, e sculture di Andreotti, Boncinelli, Marini, Manzù, Arturo Martini, Quinto Martini, Guidi, Venturi. “Non abbiamo avuto la pretesa di essere esaustivi – spiega Enrico Dei – ma l'idea è quella di documentare l’indagine artistica dedicata alla forma attraverso il lavoro dei grandi maestri accanto ad autori meno noti ma di sicuro interesse espressivo. Una ricerca che ancora oggi prosegue secondo i temi attuali”.
Un’intera sala della mostra è dedicata al massimo esempio italiano della pittura visionaria, Antonio Ligabue, pittore e scultore, la cui forte espressività ben riflette il senso di questa rassegna. “Si tratta di un artista fuori da tutti gli schemi – aggiunge il curatore – che non si può considerare naif ma dotato di un grande istinto che gli ha permesso di portare avanti la sua personale ricerca della forma, seppur secondo uno schema allucinato”. Dopo Ligabue ecco l’esperienza altrettanto visionaria di Sergio Terzi detto Nerone, che di Ligabue fu autista; artista alcolizzato e infine redento d alla pittura. In mostra opere di Ken Tielkemeier, pittore americano che visse in Italia allievo all’Accademia di Belle Arti di Firenze di Ottone Rosai, la cui opera ancora oggi poco conosciuta anticipa di oltre un ventennio gli assunti neo espressionisti della Transavanguardia, il cui gruppo è rappresentato nel percorso espositivo da opere di Sandro Chia e Mimmo Paladino, mentre l’Arte Povera è presente con Michelangelo Pistoletto. La rassegna si conclude con uno sguardo sulla ricerca contemporanea attraverso i lavori di quattro artisti della generazione Anni Cinquanta tra i protagonisti dell'ultima Biennale di Venezia: lo scultore Franco Mauro Franchi e i pittori Giampaolo Talani, Massimo Vinattieri e Concetta De Pasquale, artista con cui si conclude questo viaggio tra i meandri espressivi dal Novecento fino ad oggi, la quale idealmente stabilisce, con la liquefazione’ dei suoi corpi invisibili, l’ultima frontiera tra la forma e la sua riflessa astrazione.

Titolo mostra: Le avventure della forma. Dall’espressività di Viani, Sironi e Rosai alla realtà allucinata di Ligabue, Transavanguardia e oltre
A cura di: Enrico Dei e Marco Moretti
Sede: Palazzo Mediceo, Seravezza ( Lu)
Date: 1 luglio - 9 settembre 2012
Orari: tutti i giorni dalle 10 alle 12.30 e dalle 17 alle 24
Biglietti: intero euro 5, ridotto euro 3
Catalogo: Bandecchi e Vivaldi, Pontedera

Immagine: Lorenzo Viani, Autoritratto, 1911-1912 ca, olio su cartone applicato su compensato, cm 98x67, Firenze, Galleria d’arte moderna.

giovedì 3 maggio 2012

Lucio Fontana. Hic et Nunc

Comunicato stampa

L'opera di Lucio Fontana è, per la prima volta, in mostra ad Arezzo, nei rinnovati spazi della Galleria Comunale d'Arte Contemporanea, il cui prospetto – per l'occasione – include l'omaggio al 150esimo dell'unità d'Italia con una spettacolare installazione tricolore che offre l'ingresso al pubblico nel proprio taglio centrale. Dal 09 maggio al 24 giugno 2012 – inaugurazione domenica 06 maggio, ore 18.00 – si propone l'itinerario spazialista dell'autore, attraverso l'oltraggio alla materia: carta, tela, terracotta, ceramica…
LUCIO FONTANA - hic et nunc, a cura di Fabio Migliorati, è realizzata dall'Assessorato Cultura e Spettacolo del Comune di Arezzo, con la collaborazione di Tornabuoni Arte, il sostegno di ATAM S.p.A. e di SUGAR Clothing Accessories Ideas.
Circa quaranta opere, fra buchi, tagli, teatrini, pietre, barocchi, gessi, inchiostri, carte, olii dal 1949 al 1968, rappresentano l'arte di Fontana nel suo fare spaziale: a ricordare l'idea di "spazio urbano", già dal 1935 (i cementi armati razionalisti); di "spazio cosmico", dal 1946 (il primo Concepto espacial); di "spazio radicale", dal 1949 (l'Ambiente nero); di "spazio decorativo quotidiano", dal 1951 (il neon della Triennale); di "spazio sintetico", dal 1958 (il taglio); di "spazio energetico", dal 1961 (il Cielo di Torino). Da Buenos Aires, nel 1946, Fontana scrive il Manifiesto Blanco, col quale si sanciscono i pronunciamenti di una poetica nuova, successivamente esaltata in varie fasi del Movimento Spaziale. E da qui al mondo intero il passo è uno; quel mondo conquistato in mezzo secolo d'arte internazionale, con la forza universale della pervicacia immaginativa e della ricerca inesausta, che non si ferma alla conoscenza tecnologica ma la usa, fino alle soglie di una religiosità scientifica - prima viva come simbolo di un fenomeno, poi come memoria incessante di esso.
LUCIO FONTANA - hic et nunc si avvarrà di un catalogo Forma Edizioni, con testi di Enrico Crispolti e prefazione di Fabio Migliorati, il quale lì scrive: “Sostenere che l'opera di Lucio Fontana sia tra i maggiori esempi dell'arte italiana del XX secolo è pura ovvietà; Fontana appare di più, nel Duemila: il più importante artista della seconda metà del Novecento, in Italia e buona parte del mondo. Il suo lavoro ha lambito territori forse imprevisti perfino all'autore: estetica dialettica - della dicotomia, dell'ossimoro, della sinestesia (entità dilatate senza fine, in flussi simpatetici naturali e artificiali insieme, umanissimi proprio perché infiniti). L'arte di Fontana è il fondamento di un'apertura universale. Arte come essenza di modalità antropologiche globali e sempre attuali; tanto sociali quanto individuali, nuove da oltre mezzo secolo, perché relative alla dimensione di un'alterità immaginativa oggettivabile. E, per tale via, siamo alla storia oltre l'avanguardia: epifania atemporale, divenire, misura dell'assenza, distanza logica, accadimento… L'intervento di Fontana gestisce concezioni liminali dell'esistere; rincorre e raggiunge il sogno; circoscrive l'esperienza; conduce o allude alla vita e alla morte. L'opera d'arte si costituisce in esercizi di mistica scientifica, stratificati nel conoscere creativo - dal minimalismo al barocco, dal primitivismo totemico all'evoluzione tecnologica. Ecco lo spazio artistico; ecco il progresso nel ruolo intimo ma arbitrario del colore. È «concetto spaziale»; è addirittura "Fine di Dio". Il nome di Lucio Fontana rappresenta - ormai - quel che la sua opera, forse, non avrebbe dovuto simboleggiare - capacità di sintetica definizione, nobile maniera, gesto definitivo - perché autore e lavoro, già mito moderno, sono oggi fusi in semiotiche dell'attraversamento, del tragitto, dell'atto unico che è definizione d'indefinibile, trascurando il senso dell'introduzione fenomenologica, della permanenza attiva, dello slancio continuo propositivo. Il significato della sua scultura astratta razionale, del suo ambiente al neon, del buco o del taglio, della pietra, del metallo, dell'inchiostro, del teatrino s'invera nella bellezza di uno stile; e, dagli anni Trenta ai Sessanta, l'uso del termine«oltre» diviene ambito particolare dell'arte contemporanea. In questo modo, anche per il basico apporto di titoli carsici, l'artista sperimenta il metro elegante di grafismi d'assoluto - pur nella contingenza tecnica della forma spaziale come ricerca, come risorsa inesausta; in un pragmatismo plastico libero fino alla contraddizione”.
LUCIO FONTANA - hic et nunc sarà inaugurata alla presenza del Sindaco di Arezzo, Avv. Giuseppe Fanfani; dell'Assessore alla Cultura e allo Spettacolo, Prof. Pasquale Giuseppe Macrì; di Roberto Casamonti, proprietario di Tornabuoni Arte; di Francesco Falsini, presidente di ATAM S.p.A.; di Giuseppe Angiolini, titolare di SUGAR Clothing Accessories Ideas; di Fabio Migliorati, critico d'arte, Direttore delle Attività Espositive di Arezzo.

Titolo mostra: Lucio Fontana. Hic et Nunc
A cura di: Fabio Migliorati
Sede: Arezzo, Galleria Comunale d'Arte Contemporanea
Durata: 9 maggio - 24 giugno 2012
Vernissage: domenica 6 maggio 2012, ore 18.00
Orari: da mercoledì a domenica + festivi, ore 10.00/13.00 - 16.00/20.00
Ingresso: libero
Catalogo: Forma Edizioni

lunedì 2 aprile 2012

Sergio Albano. Uno sguardo sull'infinito

Comunicato stampa

Palazzo Salmatoris a Cherasco (CN), alla vigilia di Pasqua apre le porte a una mostra storicizzata: a qualche anno dalla scomparsa, ospita i lavori di Sergio Albano, raggruppati sotto l’emblematico titolo “Uno sguardo sull’infinito”.
«Formatosi all'Accademia…Sergio Albano ha iniziato a disegnare giovanissimo sotto la guida del padre Mario e dello zio materno Carlo Musso, entrambi paesaggisti. Personaggi a lui vicini che gli hanno insegnato l’importanza del mestiere, della sostanza profonda di un’opera e della sua forma, perché nella continua ricerca di questa si afferma la vitalità della pittura. – l’analisi della sua poetica è della curatrice della mostra, la storica dell’arte Cinzia Tesio – La sua prima stagione pittorica figurativa si avvicina ai canoni ottocenteschi con tagli efficacissimi e talvolta memorabili. Di fronte all’infinità della natura impagina i suoi quadri senza filtri. La visione assume i toni sereni di paesaggi nitidi, velati da una vena romantica e dal riverbero della nostalgia. La passione per l’architettura, e la sua personale ricerca, portano Sergio Albano verso l’ultimo filone volto ad una metafisica di ritorno immersa in un quotidiano straniante. Dai paesaggi, alle inquadrature di interno – esterno che sembrano riprese attraverso una finestra, alle straordinarie figure, Albano seleziona, semplifica, indurisce le immagini, per sottrarle alla realtà cui sembrano appartenere. Idealista, prima che realista, Albano, eccezion fatta per il sentimento della malinconia, non manifesta nessun altra emozione, nessun tormento, nessuna inquietudine, nessuna ansia per un bene o per un destino da raggiungere. La poetica che traspare dalle composizioni, particolarmente legata alle cose solide, è in realtà una poetica dell’inappartenenza, dell’estraniazione, del distacco.
...E, ogni qual volta si percepisce il legame con la realtà, la narrazione si svolge comunque in uno spazio fatto di inserzioni geometriche, di linee che spesso cercano l’astrazione dal limite ideale che vogliono racchiudere, proiettando la fantasia di chi guarda in un ordine metafisico, in un mondo di un’umanità distaccata e solitaria che si fa dimensione del vuoto da dove pare rimbalzino immagini di continua e ancorata solitudine. Nelle tavole del maestro, dove emerge quanto siano importanti per Albano spazio e colore, sono rappresentati i temi più cari all’artista: i ballerini di tango, le figure di donne, i paesaggi e i teatrini. Tavole, tornando al discorso introduttivo, spesso unite alla Metafisica ovvero “a ciò che è al di là delle cose fisiche”».
La mostra di Sergio Albano sarà inaugurata sabato 7 aprile, alle ore 17.00, nella Sala del Consiglio di Palazzo Comunale. Sarà aperta al pubblico fino al 1° maggio, il sabato e la domenica dalle ore 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.30, in settimana dal martedì al venerdì al pomeriggio dalle ore 14.30 alle 18.30. Ingresso libero.

Titolo mostra: Sergio Albano. Uno sguardo sull'infinito
A cura di: Cinzia Tesio
Sede: Palazzo Salmatoris, Cherasco (CN)
Durata: 7 aprile - 1 maggio 2012
Inaugurazione: sabato 7 aprile 2012, ore 17.00
Orari: dal martedì al venerdì ore 14.30-18.30
sabato e domenica ore 9.30-12.30, 14.30-18.30
Ingresso: libero

Immagine: Sergio Albano, Cherasco, 2008, olio su tavola, cm 40x40

mercoledì 29 febbraio 2012

Tancredi-Licata. Un'amicizia oltre il tempo

Comunicato stampa

TancrediDomenica 4 marzo 2012 alle ore 11.30, la Galleria Perl’A situata a Venezia in Salizada San Samuele, San Marco 3216 (a pochi passi da Palazzo Grassi), inaugura un’importante mostra dedicata a due grandi Maestri del dopoguerra: Tancredi Parmeggiani (1927-1964) e Riccardo Licata (1929). Veneziani d’adozione ed artisti geniali; la loro storia creativa e personale si incrocia continuamente durante un’amicizia lunga quasi vent’anni.
Tancredi percorre un’irregolare formazione artistica nella città di Venezia, a soli vent’anni ottiene la stima di artisti come Vedova e Guidi che 1949 lo presenta nella sua prima personale. Nel ’51 espone alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e di ritorno a Venezia incontra Peggy Guggenheim che gli mette a disposizione un atelier personale. A partire dall’anno seguente partecipa all’attività del movimento Spaziale con una serie di opere che comunicano, attraverso segno e colore, una lirica profonda e intima. Alla fine degli anni ’50 lascia la città lagunare per dirigersi verso Parigi. Qui incontra autori geniali come Klein e Giacometti; difficoltà economiche e situazioni disagevoli influenzano la sua pittura degli ultimi anni con grotteschi lacerti figurativi e riferimenti ad una cruda realtà.
LicataLicata ha studiato al Liceo Artistico e all’Accademia di Belle Arti di Venezia negli anni compresi tra il 1947 e il 1955, anni in cui aderisce allo spazialismo con una pittura segnica di grande originalità. Nel 1957 è chiamato come assistente di Gino Severini all’Ecole d’Art Italienne de Paris e nel 1961 è nominato professore di mosaico alla Ecole Nationale de Paris dove ha insegnato fino al 1995. Con vasta esperienza d’arte che lo vede di volta in volta pittore, incisore, mosaicista, scultore, scenografo, inizia ad esporre a Venezia e a Firenze nel 1949 con il gruppo dei Giovani Pittori Astratti. La sua prima esposizione personale si tiene a Venezia nel 1951, seguono oltre 400 personali in 35 diverse Nazioni.
L’esposizione, organizzata in partnership con lo Studio d’Arte G.R., comprenderà una trentina di opere dei due artisti che nel periodo compreso tra la fine degli anni ’40 e i primi anni ’60, aderirono e contribuirono alla storia del Movimento Spaziale che – con l’arte Programmata, l’arte Povera e la Transavanguardia – è una delle poche espressioni artistiche italiane teorizzate, riconosciute a livello internazionale del secondo ‘900. Le illustrazioni di tutte le opere esposte saranno raccolte in un raffinato catalogo edito da “Il Sogno di Polifilo edizioni” corredato da un contributo critico del Prof. Giovanni Granzotto.

Titolo mostra: Tancredi-Licata. Un'amicizia oltre il tempo
A cura di: Giovanni Granzotto
Sede: Perl'A Art Gallery, Venezia
Durata: 4 marzo - 18 aprile 2012
Inaugurazione: domenica 4 marzo 2012, ore 11.30
Orari: 10.30-13.00/16.00-19.00 (martedì chiuso, domenica solo su appuntamento)

venerdì 20 gennaio 2012

Wildt. L’anima e le forme tra Michelangelo e Klimt

Comunicato Stampa

Adolfo Wildt (Milano, 1868 – 1931) è il genio dimenticato del Novecento italiano. La grande mostra che Forlì gli dedica al San Domenico (dal 28 gennaio al 17 giugno) per iniziativa della locale Fondazione Cassa dei Risparmi e del Comune, è certo una scommessa: rendere popolare un artista tra i più sofisticati e colti del nostro Novecento. La mostra è a cura di Fernando Mazzocca e Paola Mola affiancati da un comitato scientifico presieduto da Antonio Paolucci. Da sottolineare come questa esposizione, eccezionale per completezza e qualità delle opere, rappresenti il primo tempo del “Progetto Novecento. Percorsi – Eventi – Interpretazioni” che si svilupperà nel 2013 con la grande mostra DUX, dedicata ad una ricognizione sull’ “arte italiana negli anni del consenso”, legittimamente proposta da Forlì, città del Duce.
Nel percorso al San Domenico, allestito dal parigino Wilmotte et Associès e dallo Studio Lucchi e Biserni, la grande arte di Wildt sarà messa a confronto con i capolavori di maestri del passato che per lui furono sicure fonti di ispirazione. Da Fidia a Cosmè Tura, Antonello da Messina, Dürer, Pisanello, Bramante, Michelangelo, Bramantino, Bronzino, Bambagia, Bernini, Canova, e con i moderni con cui si è originalmente confrontato: Previati, Mazzocutelli, Rodin, Klimt, De Chirico, Morandi, Casorati, Fontana, Melotti. Ma anche con artisti come Klimt che a lui si ispirarono. Nell’uno e nell’altro caso non si tratta di richiami o confronti casuali, ma puntualissimi, diretti, evidenti. Insomma la più grande retrospettiva mai realizzata su Wildt ma anche una sequenza di capolavori mozzafiato, scelti come confronto, quasi due mostre in una, quindi.
Estraneo al mondo delle avanguardie e anticonformista, capace di fondere nella sua arte classico e anticlassico, Wildt è un caso unico in questo suo essere in ogni istante tutto e senza luogo. La sua incredibile eccellenza tecnica e lo straordinario eclettismo furono attaccati sia dai conservatori, che non lo vedevano allineato per i contenuti, ancora pervasi dal Simbolismo, e per le scelte formali caratterizzate da richiami gotici ed espressionisti estranei alla tradizione mediterranea e all’arte di regime, sia dai sostenitori del moderno che mettevano in discussione la sua fedeltà alla figura, la vocazione monumentale, il continuo dialogo con i grandi scultori e pittori del passato, e la predilezione della scultura come esaltazione della tecnica e del materiale tradizionalmente privilegiato, il marmo, che lui sapeva rendere con effetti sorprendenti sino alla più elevata purificazione dell’immagine. Questi aspetti, che ne hanno condizionato per lungo tempo la fortuna, esercitano oggi su di noi un fascino nuovo che solo una grande mostra può finalmente restituire.
Partendo dall’eccezionale nucleo di opere conservate a Forlì, dovute al mecenatismo della famiglia Paulucci di Calboli, protagonista della storia della città e della storia nazionale, e grazie alla disponibilità dell’Archivio Scheiwiller (il grande editore milanese che per via familiare ha ereditato molte opere e materiali di Wildt), è oggi possibile radunare una serie di straordinari capolavori di Wildt e ricostruire il percorso più completo della sua produzione sia scultorea sia grafica.
L’idea che governa questa esposizione non è semplicemente quella di una rassegna di carattere monografico, ma di un percorso che (come nel caso della recente mostra di Forlì su Canova) metta in relazione profonda le sue opere con quelle degli artisti - pittori e scultori - del passato (come Fidia, Cosmè Tura, Antonello da Messina, Dürer, Pisanello, Bramante, Michelangelo, Bramantino, Bronzino, Bambaia, Cellini, Bernini, Canova) e dei moderni (Previati, Mazzucotelli, Rodin, Klimt, De Chirico, Morandi, Casorati, Martini, Fontana, Melotti) con cui si è intensamente e originalmente confrontato, attraversando ambiti e momenti diversi della vicenda artistica.
I temi da lui privilegiati, come quelli del mito e della maschera, gli consentirono di dialogare anche con la musica (Wagner) e la letteratura contemporanea, da D’Annunzio (che fu suo collezionista) a Pirandello e Bontempelli; così, da ritrattista eccezionale quale era, con i magnifici busti colossali di Mussolini, Vittorio Emanuele III, Pio XI, Margherita Sarfatti, Toscanini e di tanti eroi di quegli anni, egli ha saputo creare un Olimpo di inquietanti idoli moderni. Wildt vuole condurre i gesti, i volti, le figure umane a una nudità essenziale, coglierne l’anima consentendo al pensiero di giungere a un’armonia maturata e composta tra la linea e la forma.
Nell’ambito del Progetto Novecento, da segnalare che a “Wildt. L’anima e le forme tra Michelangelo e Klimt, allestita al San Domenico sono collegate altre esposizioni sul territorio: a Faenza, al MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche, “La ceramica nell’età di Wildt”, a Cervia, ai Magazzini del Sale, “Giuseppe Palanti. La pittura, l’urbanistica. La pubblicità da Milano a Milano Marittima”, e a Predappio, nella Casa Natale di Mussolini, due mostre in successione: “Archivio del Novecento. Marisa Mori, donna e artista del ‘900, il talento e il coraggio” e “Renato Bertelli, la parentesi futurista”.

Titolo mostra: Wildt. L’anima e le forme tra Michelangelo e Klimt
A cura di: Fernando Mazzocca, Paola Mola
Sede: Musei San Domenico, Forlì
Date: 28 gennaio - 17 giugno 2012
Orari: da martedì a venerdì: 9.30-19.00; sabato, domenica, giorni festivi: 9.30-20.00; lunedì chiuso. 9 e 30 aprile apertura straordinaria. La biglietteria chiude un’ora prima.

domenica 20 marzo 2011

Bruno Munari, una mostra a Seravezza

Comunicato stampa

Bruno Munari è stato uno dei protagonisti dell'arte, del design e della grafica del Novecento. Grande innovatore e sperimentatore ha espresso contributi importanti non solo nelle arti visive (pittura, scultura cinematografia, design e grafica) ma anche nella scrittura, nella poesia e nella didattica. I temi della sua ricerca: il movimento, la composizione e scomposizione della luce, lo sviluppo della creatività e della fantasia nell'infanzia attraverso il gioco. Nell'ambito della terza edizione del Festival di arti visive e musica contemporanea Galaxia Medicea, la Fondazione Terre Medicee e il Comune di Seravezza rendono omaggio a questo grande artista con una mostra organizzata con l'Associazione Todo Modo. Il percorso espositivo, dopo una sezione introduttiva sulla figura di Bruno Munari, privilegia la produzione artistica degli anni Cinquanta dedicata alla sperimentazione sulla luce e sul suono con le sezioni Macchine inutili e Concavo Convesso. Tetracono sarà invece dedicata alle opere degli anni Sessanta ed in particolare alla collaborazione dell'autore con il musicista Pietro Grossi che sonorizzo' l'omonimo lavoro del maestro con la sua opera Tetrafono. Nella sezione Guardiamoci negli occhi sono esposte le schede disegnate da Bruno Munari per l'omonimo libro; in quella denominata Xerografie alcuni originali realizzati a partire dal 1964. Partendo queste opere verrà costruita una installazione che sarà arricchita da altre xerografie realizzate tramite una fotocopiatrice dai visitatori della mostra. Ambienti di luce è invece dedicata alla pittura proiettata realizzata a partire dal 1950 grazie all'utilizzo di materiale vario, fissato tra i vetrini di una diapositiva. Cinematografia sperimentale è la sezione in cui saranno proiettati alcuni film realizzati dall'autore e da Marcello Piccardo tra il 1962 e il 1972.
Inaugurazione: sabato 23 Aprile ore 18 con proiezione di un vetrino polarizzato realizzato da Bruno Munari e digitalizzato sulla facciata del Palazzo Mediceo. In programma anche performance musicali e laboratori ludico-artistici per bambini della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria ispirati alla filosofia, alle opere e al pensiero di Bruno Munari.

Mostra: Bruno Munari
Sede: Seravezza (LU), Palazzo Mediceo
Date: 23 aprile - 29 maggio 2011
Orari: martedì-sabato ore 15.00-19.30, domenica ore 10.30-12.30, 15.00-19.30.
Ingresso 5 euro intero, 3 euro ridotto.

mercoledì 9 marzo 2011

Roberto Lucato e i suoi "cattivi" maestri

Comunicato stampa

“Roberto Lucato e i suoi ‘cattivi’ maestri” è il titolo dell’antologica che sarà visitabile dal 16 aprile presso Villa Benzi Zecchini e che vedrà portare alla luce un confronto tra l’artista veneto Roberto Lucato e i maggiori esponenti dell’arte contemporanea del Novecento italiano.
La produzione pittorica di Lucato dialogherà con le opere appartenenti alla facoltosa collezione d’arte contemporanea che annovera grandi autori della seconda metà del XX secolo del calibro di Mario Schifano, Renato Mambor, Gastone Biggi, Concetto Pozzati, Salvatore Emblema e Giorgio Celiberti, i “cattivi” maestri di Roberto Lucato.
Originario di Castelfranco Veneto, l’artista risente della ricca eredità culturale tramandata, quale testimonianza del significativo periodo artistico dell’avanguardia italiana del dopoguerra. Dall’erede della pop art italiana (Schifano) al precursore della psicologia della forma (Biggi), fino al surrealismo metallico (Pozzati), Lucato ripercorre i più immediati canali espressivi nella divulgazione di un accorato dissenso verso l’attuale situazione socio-politica, gettata sotto le putride acque della corruzione.
Nella splendida cornice di Villa Benzi Zecchini l’antologica appare scandita in tre sezioni espositive: dalla personale di Lucato si passa alla collezione storica per concludere con un’intera sala dedicata ai politici italiani.
Il percorso espositivo comincia, pertanto, con il ciclo pittorico “Gli Uomini Pensanti”, mediante il quale Lucato manifesta il disagio sociale e le contraddizioni umane, denunciando non soltanto la massificazione del pensiero individuale ma anche la conseguente caduta dei valori della società odierna. L’obiettivo della ricerca artistica di Lucato mira al risveglio della coscienza collettiva, partendo da una ricognizione del proprio modus pensandi per tornare ad essere “uomini pensanti”. Tale finalità artistica rammenta le parole di Mambor che asserì: “Io dico che l’arte serve a pulire lo sguardo. I sensi sono offuscati dalla abitudini e tutto ciò che si fa e si pensa diventa immagine, stereotipo, filtro davanti agli occhi. L’arte insinua un cuneo in questo meccanismo spersonalizzante e ha il potere di ribaltarlo, in definitiva è un piccolo sforzo per muovere il pensiero”.
Così come le opere di Celiberti testimoniano uno spirito di speranza, allo stesso tempo i quadri di Roberto Lucato ci obbligano a riflettere sulle prepotenze dei nostri giorni, perpetrate in primis sull’uomo, in seguito sul cittadino. Sono opere che tracciano l’aberrante situazione istituzionale dell’Italia ma lo fanno in una maniera del tutto inedita e significativa, attingendo al linguaggio caricaturale e all’immaginario mordace, che la Goffaggine politica diventa l’Istituzione per eccellenza. Il lessico ironico di Lucato riesce a stemperare la drammaticità e la gravità dei problemi attuali, creando un contesto grottesco denso di sfumature con singolari spunti di riflessione sul presente.
A tal proposito, è interessante soffermarsi sul “Monumento al Valore” un’opera emblematica firmata Lucato, un cassonetto dei rifiuti che reca la scritta “umido politico” e che prevede l’interazione del pubblico per stimolare a “pensare”. I visitatori potranno agire e prendere posizione scrivendo un pensiero, o anche solo una parola, su un biglietto da gettare, poi, nel cassonetto.
Alla base dell’arte di Lucato c’è tanta rabbia verso la rassegnazione e la passività generali, verso la “non azione” e proprio per queste motivazioni la rassegna rappresenta un energico scossone a questo comportamento sociale. Messaggi importanti quelli comunicati attraverso la sua ricerca artistica, ma fondamentali per sensibilizzare alla ricostruzione di una società di valori pulita.
L’antologica sarà presentata all’inaugurazione dallo storico e critico d’arte Dott.Giorgio Falossi, a cui seguirà il concerto musicale “Serenata” da una poesia di Ernesto Calzavara, con testi di Roberto Scalabrin, poesie di Ernesto Calzavara, Paolo Conte, Silvano Belloni, Katia Carlon, musiche di Simone Zanchini, Astor Piazzolla, Richard Galliano, Paolo Conte…eseguito da Simone Zanchini alla fisarmonica, Roberto Scalambrin al clarinetto e voce, Simone Gerardo alla batteria e percussioni ed Enrico Dalla Cort al contrabbasso. Concluderà la serata la performance audio-visiva di Michele Piovesan e Massimo Barbot.
In programma il 23 aprile sarà possibile assistere ai balli italiani con variazioni in trio dell’Italia Barocca a cura dei Sonatori De La Gioiosa Marca con Giorgio Fava e Giovanni dalla Vecchia ai violini, Walter Vestidello al violoncello, Giancarlo Rado all’arciliuto e Gianpiero Rosato al cembalo.
Domenica 1 maggio presso il Teatro Maffioli è prevista la serata “Vento di Pensieri” con Marco Gerboni al sassofono e Roberto Scalabrin al clarinetto ed accompagnamento musicale dell’Orchestra La Roggia sotto la direzione di Alberto Vianello.
Un appuntamento da non perdere.

Titolo mostra: Roberto Lucato e i suoi “cattivi” maestri
Sede: Caerano di San Marco (TV), Villa Benzi Zecchini
Date: 16 aprile - 1 maggio 2011
Inaugurazione: sabato 16 aprile, ore 18.30
Orari di visita: da martedì a domenica ore 15.00-18.30, chiuso lunedì
Ingresso libero