di Daniele Nardiello e Raffaele Pastore
Il padre della medicina, l’Ippocrate del famoso giuramento, riteneva che l’humour (termine latino successivamente anglofonizzato, indicante il liquido organico) influenzasse la salute e l’indole degli uomini. È questa alchimia di liquidi e flussi vitali, la chimica della vita, che determina il nostro approccio con la realtà, l’interazione con i nostri simili, dissimili e diversimili. Il buon-humour è equilibrio dinamico, sintesi del caos, espressione di una visione elastica e trasgressiva, potente mezzo espressivo e perché no, curativo. La comicità è figlia del buonumore e a sua volta è prolifica generatrice di stimoli creativi, immaginiferi e fantasiosi.
L’espressione della comicità affranca dai vincoli della ragione e delle convenzioni sociali e permette allo spirito umano di esprimersi nelle modalità ad esso più congeniali e più libere, diventando così potente veicolo di nuovi linguaggi culturali e artistici. La catarsi si sprigiona dalla liberazione di energie recondite, capaci di superare i limiti dell’incomunicabilità e della relatività di mondi possibili. Da questo punto di vista, la comicità come strategia vincente per attivare risorse creative, diventa un approccio gioioso e ludico alla vita e alla quotidianità. È questo il background umano e il fertile approccio dinamico da cui muove le mosse la comicità verbale e corporea, fatta di: giochi di parole, doppi sensi, contrasti, affermazioni illogiche ed assurde, spunti nonsense, annotazioni stonate ed autoironiche, smorfie, pose strambe, facce strane, sguardi divertenti, movimenti rocamboleschi, posture buffe ed esilaranti, invenzioni terminologiche.
In genere, si tende a ridere soltanto di ciò che è propriamente umano. Umano e relativo all'imperfezione umana. Kant, invece, ci fornisce una teoria complessa e articolata su tre livelli: a) quello dello stimolo, il comico in senso stretto che deve presentarsi con una configurazione che deve contenere qualcosa di assurdo, "qualcosa che per un istante possa produrre illusione"; b) questo qualcosa in un primo momento è capace di produrre una aspettazione tesa e subito dopo, d'improvviso la riduce a nulla; c) questo processo percettivo, questa "rappresentazione influisce sul corpo ed è la reazione somatica a produrre il noto piacere del riso". In altre parole, per Kant, il riso è il risultato di una subitanea distensione che segua ad una tensione; esso traduce in una manifestazione il sollievo che segue ad un timore; cioè il sollievo di una sicurezza ritrovata. Nel riso l'anima diventa medico del corpo. Tutto ciò serve a suscitare divertimento ed ilarità, a far riflettere e prendere coscienza di tante banalità, incoerenze, rigidità e incongruenze presenti nei gesti, nei comportamenti e nel linguaggio comune e soprattutto a prendersi in giro e deridersi, per rendersi conto di quanto siamo profondamente comici e ridicoli nella nostra quotidianità, e di quanto sia necessario o addirittura indispensabile prenderne atto, al di là di ogni apparente e camuffata seriosità.
Nessun commento :
Posta un commento