giovedì 20 novembre 2008

Lost Paradise - Lo sguardo dell’angelo

di Francesca Donvito

“C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi”. È con queste parole che il filosofo ebreo tedesco Walter Benjamin, descrisse nel 1939, all’interno delle sue celebri Tesi di Filosofia della Storia, una delle opere più importanti dell’artista svizzero Paul Klee.
L’acquerello, realizzato nel 1920 e successivamente acquistato da Benjamin, appartiene oggi al Jerusalem Israel Museum e per la prima volta, è stato esposto al pubblico in Europa, come opera chiave dell’esposizione Lost Paradise-Lo sguardo dell’angelo organizzata dal Centro Paul Klee di Berna.
All’interno della suggestiva cornice architettonica, concepita da Renzo Piano come un flusso di tre onde di vetro e acciaio, perfettamente amalgamate con il territorio circostante, ci si sente immersi in un vivace contenitore culturale: grandi spazi espositivi, sale attrezzate per concerti e manifestazioni e un museo dedicato ai bambini, creato per stimolare la loro creatività.
Il Centro Paul Klee attualmente offre la possibilità di visitare due mostre, in netta contrapposizione l’una all’altra; il percorso di visita prevede dapprima l’esposizione Il giardino incantato di Paul Klee, dove rappresentazioni di piante, fiori, giardini e parchi immergono i visitatori in un Eden naturale, cosi come lo immaginava Klee. L’esposizione Lost Paradise- Lo sguardo dell’angelo, aperta dal 31 maggio al 26 ottobre 2008 e allestita al piano inferiore, è un viaggio sul tema del paradiso perduto, nell’oblio di catastrofi e sofferenze collettive e individuali del XX e del XXI secolo, dalla prima guerra mondialeall’11 settembre 2001.
Nello spazio espositivo dipinto di nero, che non offre vie di fuga, trovano spazio più di 130 opere che mettono in evidenza il naufragio del progresso, la distruzione, la sofferenza e il vagare dell’uomo alla ricerca della sopravvivenza in mezzo a tutto questo orrore terreno. Attraverso fotografie, filmati, installazioni, dipinti e reperti storici (alcuni provenienti dal Museo della Memoria di Hiroshima) il visitatore è confrontato con una sorta di antologia dell’arte del Novecento, testimone diretta dell’ininterrotta serie di atrocità che ha caratterizzato il secolo scorso. Opere di Paul Klee e Alberto Giacometti si affiancano ai lavori di artisti come Picasso, Adrian Paci, Fernando Sanchez Castillo, Alfred Kubin, Nan Goldin e Jean Luc-Godard. Il mezzo è vario quanto il tema, non offre respiro fino alla fine.
Il senso d’angoscia pervade gli animi, ne cattura i sentimenti e forse, anche solo per un attimo, invita a riflettere sulla crudele natura dell’uomo. L’Angelus Novus campeggia al centro della sala, con il suo sguardo retrospettivo verso la storia, fugge terrorizzato da ciò che vede, assumendo a tratti sembianze umane o addirittura mostruose. I suoi occhi sgomenti imprimono suggestione in quelli del visitatore. “È un angelo che esiste per un istante, attonito, davanti a qualcosa che non comprende e poi muore. Si allontana da qualcosa su cui fissa lo sguardo […] è l’emblema della storia; è trascinato dal vento verso il futuro, il progresso è la tempesta che lo trascina, ma i suoi occhi sono rivolti al passato”. (Walter Benjamin).

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