di Sonia Gammone
Tra i santuari lucani meglio
conservati e più caratteristici, va sicuramente annoverato quello dedicato alla
Madonna di Anglona a Tursi. Secondo alcuni studiosi la costruzione
dell’edificio avrebbe avuto inizio intorno alla fine dell’IX secolo: si ha
notizia infatti che ad Anglona avrebbe fatto sosta Urbano II nel 1092. Il
nucleo più antico, risalente al X-XI secolo, potrebbe coincidere o con
l’attuale cappella a navata unica e con abside semicircolare posta sul lato sud
della chiesa e attualmente dedicata al Ss. Sacramento, oppure con l’aula
absidata venuta alla luce in prossimità del protiro sul quale si innesta con
andamento perpendicolare rispetto all’asse della chiesa. In un periodo di tempo
databile fra i primi decenni del XII secolo e la metà dello stesso secolo, al
nucleo primitivo sarebbe stato affiancato un impianto basilicale tripartito
concluso direttamente ad oriente da tre absidi semicircolari affiancate e
arricchite dal protiro. A cavallo dei secoli XII e XIII la zona terminale della
basilica sarebbe stata prolungata con l’innesto del transetto allineato e del
coro odierni. Tra il XII ed il XIV secolo, a seguito del crollo del lato
meridionale a causa di eventi non ben precisati, si procedette al suo rifacimento
con arcate a sesto acuto. L’attuale facciata presenta un prospetto a
coronamento orizzontale affiancato da una torre campanaria, la quale
originariamente era accompagnata sul lato opposto da un’altra torre gemella. La
chiesa è preceduta da un protiro sostenuto da quattro colonne, terminante
esternamente con un arco a tutto tondo decorato con una fascia interna da un
motivo a zigzag a denti di sega, e in quella esterna da una serie di protomi
animali e umane. La parte muraria accoglie nella zona superiore una serie di
bassorilievi raffiguranti l’Agnello
simbolo di Cristo e gli Evangelisti. Sulle
pareti esterne del transetto e dell’abside sono incastonate formelle in cotto
recanti delicate raffigurazioni di influenza araba, mentre le superfici murarie
sono ritmate da archetti pensili e lesene. I rilievi lapidei del campanile sono
opere di Melchiorre da Montalbano al pari di quelli dell’interno. Quest’ultimo
appare suddiviso in tre navate spartite da una duplice fila di pilastri a
sezione rettangolare che sorreggono cinque arcate per lato, si cui quelle a
meridione sono a tutto sesto, mentre le altre a sesto acuto. Il presbiterio è
caratterizzato da un transetto non sporgente rispetto alle navate laterali e da
un profondo coro che si conclude con un’abside semicircolare. Del grazioso
ciclo pittorico che originariamente copriva le pareti interne della navata
principale, databile fra la fine del XII ed i primi decenni del XIII secolo, ci
rimane oggi solo la metà. Si sono conservati gli affreschi della parete destra
della navata centrale, accompagnati da una serie di iscrizioni in lingua greca
e contenenti circa quarantuno episodi del Vecchio Testamento tratti dalla
Genesi, dalle scene della Creazione alle storie di Giuseppe. Originariamente
sul semicatino di destra era raffigurato S. Michele Arcangelo, ancora
parzialmente identificabile, mentre non più riconoscibile è il personaggio
dell’absidiola sinistra identificato in S. Pietro. Affrescato era anche il vano
d’ingresso, dove nella controfacciata vi era la rappresentazione del Giudizio
Universale. Di grande impatto visivo, questo santuario mariano conserva ad oggi
tutto il suggestivo fascino di bellezza e devozione che da secoli lo rendono
metà di pellegrinaggi.
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