La discussione su questa grande e nota famiglia di artisti medievali è inclusa nella parentesi romanica che copre i secoli XI-XIII, ed è segnata da valide testimonianze sia nella produzione plastica che nell’intaglio. Questi moti artistici presero vita nei cosmati dapprima tra i contesti romani per poi espandersi a macchia d’olio nei maggiori fulcri di cultura dell’Italia meridionale. Dalle fonti, scritte ma soprattutto materiali, se ne ricava che il raggio d’azione degli scultori in questione è molto ampio, e che ha il suo esordio a Roma dove gli abili artifex si formano ed assimilano dal clima antico delle rovine i loro modus caratteristici. Con precisione, la sempre più crescente irradiazione della plastica cosmatesca parte dal Lazio (Gaeta e Castellana) diffondendosi in area umbra, con qualche rara e prestigiosa testimonianza in Campania (Duomo di Amalfi e Cattedrale normanna di Salerno) per poi raggiungere le lussureggianti coste della Sicilia. Numerose furono anche le committenze d’Oltremanica (Abbazia di Westminster, dove vi fu operante tale “Petrus civis romanus”).
La denominazione “Cosmati” potrebbe essere storicamente giustificabile dalle testimonianze epigrafiche, dove compare con marcata frequenza tra gli artisti intagliatori il nome “Cosma”. Tra le varie personalità attive, le figure più emergenti erano Cosmatus (attivo e documentato nel 1264) e Cosma di Jacopo di Lorenzo (1210-1228), rinomato incisore, abile esperto delle tarsie e conosciuto per la sua fedele riproduzione della classicità romana. Come “cosmatesca” la storiografia ottocentesca ha voluto identificare quella tecnica che gli artisti romani concepirono con l’intarsio e assemblaggio di pietre dure e marmi policromi integrati al raffinato espediente dell’opus sectile. Paste vitree, serpentino, porfido e marmo bianco si accostano sul piano lapideo per delineare un sistema decorativo intricato e virtuoso, quasi edonistico, di puro “piacere visivo”.
La formulazione delle tarsie si presenta all’occhio dell’osservatore tramite “un’elaborata combinazione cromatica di materiali duri e nobili. Una fantasiosa metrica musicale guidata dalla pietra bianca che come d’incanto si incastra, striscia, ed intona forme contorte e ammiccanti luccichii. Note geometriche ed accentuate policromie che, sotto il motivo elegante e fastoso dell’intarsio, emergono dal parametro musivo, accordate allo sfavillio dell’oro. Dal marmo freddo e morto, si orchestra così la viva sintonia decorativa”. Di questa grande scuola ornamentale applicata agli arredamenti liturgici si possono qui annoverare due esempi notevoli presenti in area campana: i due pergami presenti nella Cattedrale di Salerno, rispettivamente l’ambone Guarna e l’ambone d’Aiello (entrambi del 1180 ca.). Minuzia dell’ornato, il gusto di uno stile sopraffino e l’intaglio policromo caratterizzano i Cosmati come i fautori di una fantasia medievale, ma di gusto classico. Da vero revival.
Dalla letteratura specialistica e per maggiori indicazioni sul tema, si consiglia la lettura del contributo di Alessio Monciatti, titolato “I «Cosmati»: artisti romani per tradizione familiare”, presente in “Artifex bonus. Il mondo dell’artista medievale”, opera di Enrico Castelnuovo e pubblicata da Laterza in Ia ed. nel 2004.
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