giovedì 17 marzo 2011

Bellezza e armonia: le donne di Raffaello

di Sonia Gammone

Nei primi anni del Cinquecento Firenze torna a splendere artisticamente e culturalmente dopo la stasi del periodo savonaroliano, conclusosi con la condanna al rogo del frate nel 1498. Raffaello vi giunge nell’ottobre del 1504, subito dopo aver terminato lo Sposalizio della Vergine, opera con la quale raggiunse un risultato stilistico tale da porlo come il massimo esponente della pittura umbro-marchigiana del suo tempo. Gli anni fiorentini saranno fondamentali per la definizione della sua arte. Raffaello, giovanissimo, attuerà una geniale mediazione tra i linguaggi di Leonardo e Michelangelo, assimilando dal primo la grazia e dal secondo il furore creativo, ma staccandosi da entrambi e creando quel suo stile fatto di equilibrio compositivo e di perfezione formale.
Nella sua produzione pittorica è dedicato ampio spazio al genere del ritratto che nel primo ‘500 è particolarmente richiesto dall’aristocrazia. Nei ritratti fiorentini per Raffaello sarà fondamentale l’insegnamento della Gioconda, che egli però tradurrà in un linguaggio sostanzialmente diverso: non un ritratto ideale ma fedele alla realtà che costituisce un importante documento della società del tempo. Uno dei primi ritratti è probabilmente la Dama con liocorno. La giovane ritratta per lungo tempo si è celata dietro i panni di Santa Caterina d’Alessandria, tema iconografico diffuso dalla Controriforma. Infatti, prima del restauro del 1935, vi comparivano alcuni attributi iconografici del martirio: la ruota dentata, la penna d’oca e un mantello sulle spalle. Il dipinto è datato intorno al 1505-1506. La dama bionda è ritratta seduta, con il corpo leggermente girato verso sinistra ma il viso quasi frontale allo spettatore. La linea delle braccia e delle spalle disegna un volume rotondo, il volto ha un ovale perfetto che viene messo in grande risalto. La luce diffusa infonde un senso di calme e serenità, senza forti contrasti d’ombra. L’unicorno è simbolo di verginità e castità. La giovane corrisponde esattamente ai canoni estetici celebrati dagli scrittori dell’epoca, così come i gioielli e l’abito sontuoso ne mostrato l’alto stato sociale.
Successivamente Raffaello si trasferì a Roma, ed è a questo periodo che risale una seria superba di ritratti che si caratterizzano per la profonda analisi psicologica. In particolare La Velata del 1514-1515, è il ritratto di un’affascinante nobildonna che Vasari all’epoca identificò come Margherita Luti, la donna amata da Raffaello. Il ritratto deve il proprio nome al velo chiaro che copre la testa della giovane. Qui troviamo un magistrale controllo del colore e della luce, caratteristiche proprie della maturità pittorica raggiunta. La figura si appropria dello spazio con un’espressione che è più un’istantanea che un ritratto di genere. Gli abiti sontuosi mostrano l’abilità di Raffaello nel rendere i magnifici drappeggi. La luce poi, dona quello splendore particolare che sfuma i contorni e addolcisce la figura. La stessa donna sembra essere secondo molti raffigurata in tutt’altra veste nel dipinto La Fornarina del 1518-1519. Il sensuale ritratto raffigura la musa-amante del pittore, ritratta a seno scoperto e con un turbante in testa su uno sfondo scuro. Al braccio, la donna ha un bracciale che riporta la firma di Raffaello, "RAPHAEL URBINAS". Anche se non è accertata l’identità della donna, è innegabile che Raffaello amasse molto le donne. La comprensione della femminilità gli permise di recuperarne l’immagine da quell’atmosfera irreale e sentimentale in cui le aveva collocate Leonardo per riportarle in una dimensione reale di sensualità terrena.

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