di Sonia Gammone
Il Quattrocento volge al termine
quando Leonardo da Vinci si trasferisce a Milano. Il periodo milanese (1482-1499)
sarà il più importante e significativo di tutta la sua vita. Alla corte di
Ludovico il Moro egli potrà dedicarsi in maniera esclusiva alle sue opere e
alle sue invenzioni, creando in pittura i suoi massimi capolavori. Per Leonardo
il compito principale dell’artista è l’esplorazione della natura considerata
come un immenso essere vivente e la pittura, la più importante delle arti,
l’unica in grado di rappresentarla. Il sottile chiaroscuro e la capacità di
cogliere gli affetti umani sono alla base del suo naturalismo pittorico.
Creatore di una tecnica sfumata, con delicati contrasti di luce e di ombra che
fanno sparire i contorni e creano un’illusione di atmosfera e di vita nella
scena rappresentata.
Furono molte e stupende le opere
a soggetto sacro nelle quali è possibile ravvisare il percorso di
perfezionamento che egli intraprese fin da giovanissimo, quando a Firenze
passava le sue giornate nella bottega del Verrocchio. Ma altrettanto celebri
rimangono i ritratti che a più riprese gli vennero commissionati. Al periodo
milanese appartengono quelli di due donne aristocratiche vicine a Ludovico il
Moro: il ritratto di Cecilia Gallerani, meglio noto come La dama con l’ermellino (1488-1490), e La Belle Ferronière (1495-1498)
identificata da alcuni come Lucrezia Crivelli o la stessa Cecilia Gallerani
in età più adula. Cecilia Gallerani era l’amante di Ludovico il Moro. L’ermellino oltre
ad essere simbolo di purezza, allude al cognome della stessa Cecilia Gallerani e
allo stesso Ludovico il Moro, di cui era emblema. Leonardo studia attentamente
la luce, che cade sul viso e sulla spalla della dama, e la figura, dal viso
voltato a guardare fuori campo. Sono stati curati tutti i dettagli, dai capelli
ai gioielli, ai colori sgargianti del vestito. I suoi lineamenti sono dolci e
delicati, gli occhi fieri, il sorriso accennato appena ricorda quello della Gioconda,
le mani sono lunghe e affusolate. Il ritratto sembra essere lontano sia da
connotati erotici, legati alla sua figura di amante, sia da quelli sacri che
l’avrebbero voluta triste, in continuo rimando alla figura della Madre di Dio.
Quello che emerge è una donna che sembra aver raggiunto una grande apertura
mentale e intellettuale, che guarda all’uomo senza sottomissione. Per quanto
riguarda La Belle Ferronière, oltre all’innovativo taglio dato alla
figura, colpiscono la profondità e il fascino dello sguardo che sembra diretto
allo spettatore.
A distanza di anni, e lontano da Milano,
Leonardo darà vita a quella che è considerata il suo capolavoro assoluto: la Gioconda
(1503-1516). L’identità della donna è ancora motivo di dibattito, tuttavia i
più ritengono si tratti di Monna Lisa, moglie di Francesco del Giocondo. Il
mistero che avvolge l’opera, si riflette da sempre in quell’interesse
collettivo per l’enigmaticità dello sguardo e del sorriso. Qui lo sfumato
leonardesco raggiunge la perfezione, la luce che giunge dallo sfondo ha i toni
del crepuscolo e rende tutto quasi sfocato. L’immagine è misterioso, ambigua,
sfuggente, perché Leonardo ha volutamente lasciato indefinite alcune parti del
volto immergendole in una morbida penombra. La figura è intimamente legata alla
natura del paesaggio. La grande sfida di Leonardo di rendere con massima
veridicità e naturalismo i propri modelli, giunge al culmine e ancora una
volta, nella storia dell’arte, la donna ne è protagonista. “…la pittura…penetra dentro ai medesimi corpi, considerando in quelli
le lor proprie virtù” (da Il trattato della pittura, di L. da Vinci).
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