di Sonia Gammone
Artista rivoluzionario e tormentato, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, vive un’esistenza sempre al limite, fatta di mille contraddizioni
umane e di altrettante stupefacenti intuizioni nel campo pittorico che
segneranno una svolta epocale per la storia dell’arte. La sua rivoluzione sta
in quel naturalismo espresso dai soggetti e nelle atmosfere in cui le figure
emergono dall’oscurità grazie al volume che la luce dona ai loro corpi. La luce
rivela ciò che l’ombra nasconde. In quella pittura lontana dal sublimare la
sacralità comunemente riconosciuta, il Caravaggio sconvolge tutti, committenti,
pubblico, critici, portando il divino nel mondo degli umani, lasciando che il
realismo dei suoi personaggi prenda il posto delle figure ideali che fino a
quel momento avevano rappresentato il sacro nella pittura.
La sua produzione
pittorica è vasta e i tanti committenti che si sono susseguiti nel corso della
sua vita ci permettono di avere oggi, a quattrocento anni dalla sua morte,
opere magnifiche che non smettono di stupire tutti quegli spettatori che
giungono da lontano per ammirarle. Spettatori estasiati e non più sconvolti e
imbarazzati come quelli che per la prima volta videro la Madonna di Loreto o
Madonna dei pellegrini ritratta sulla soglia di un’umile dimora dalle mura
fatiscenti, vestita da popolana con Gesù in braccio, con il piede sinuoso quasi
a mostrare la sua femminilità. E davanti a lei i due pellegrini, così reali con
quei piedi sporchi mostrati in primo piano. Il volto della Madonna è quello di
Lena, Maddalena Antognetti, una prostituta romana descritta in alcune cronache
come “donna di Michelangelo”. E sarà sempre suo il volto della Madonna dei
Palafranieri o della serpe che mostra la Madonna e il Bambino mentre
schiacciano il serpente del peccato originale alla presenza di Anna. Ma l’opera
fece scandalo e venne rifiutata dai committenti: il bambino è troppo cresciuto
per essere ritratto nudo e la scollatura della Madonna è troppo abbondante. Già
prima di queste opere egli era ricorso ai volti di donne di malaffare
probabilmente conosciute di persona nelle sue frequentazioni tra i ceti più
bassi. Il volto di Anna Bianchini, detta Annuccia, lo ritroviamo in almeno
quattro opere: nella Maddalena penitente, nel Riposo durante la fuga in Egitto,
nella Marta e Maria Maddalena e nella Morte della Vergine. La Maddalena
penitente è il primo soggetto sacro dipinto dal Caravaggio. Rispetto
all’iconografia classica qui non ci sono gesti plateali di autopunizione, ma
c’è solo l’atteggiamento umanissimo di una ragazza che si sente peccatrice e
che chiede perdono. La sua sofferenza è tutta lì nelle mani raccolte in grembo
e nel suo viso dolente mentre se ne sta seduta su una sedia. Ma la donna che
più di ogni altra ha segnato la sua vita è Fillide Melandroni poiché legata
anche a Ranuccio Tommasoni, l’uomo che il pittore assassinò nel 1606. La
ragazza, prostituta anche lei, compare in quattro dipinti: nel Ritratto della
cortigiana Fillide, nella Marta e Maria Maddalena, nella Santa Caterina
d’Alessandria e in Giuditta e Oloferne. Opera, quest’ultima, che ancora una
volta traccia una netta linea di separazione rispetto alla tradizionale rappresentazione del soggetto. Egli sceglie di fissare su tela il momento culminante della storia dell’eroina biblica, la decapitazione del generale assiro Oloferne, e lo
fa in maniera cruenta e realistica. Giuditta, concentrata nell’azione, appare
stupita e quasi disgustata per la violenza e la rapidità del suo gesto, e
accanto a lei la serva, vecchia e rugosa, che con lo sguardo terrorizzato tiene
fra le mani la bisaccia nella quale è pronta ad accogliere la testa del
tiranno. Donne di vita quelle che Caravaggio sceglie di fissare nei suoi
dipinti, accompagnate nell’esistenza reale così come sulla tela da luci ed
ombre.
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