di Eleonora D’Auria
La recente mostra sul cortonese Luca Signorelli (1450-1523),
articolatasi in tre sedi della stessa regione (Perugia, Orvieto e Città di
Castello), ci dà lo spunto per esaminare la parabola di un pittore le cui
vicende si svolgono nel grande momento di maturazione del Rinascimento centro-italiano.
Cerniera tra la suprema immobilità di Piero della Francesca (il grande
matematico Luca Pacioli lo definirà “degno discipulo” del maestro di Borgo San
Sepolcro) e la dinamica tensione portata agli estremi dai Pollaiolo, Signorelli
seppe arricchire le scene di decorativismo e virtuosismo architettonico,
innestandole su una potente vivacità cromatica e su uno strenuo
sperimentalismo.
Determinante il soggiorno ad Urbino, dove il Signorelli
entra in contatto con Piero stesso nei primi anni 1470. Solennità
pierfrancescana e concezione fiorentina del movimento, unite alla stesura di un
colore compatto e campito, senza dimenticare le innegabili suggestioni di
derivazione fiamminga, trovano, dunque, nel percorso maturo del Signorelli
adeguata rispondenza, attraverso un linguaggio che toccherà la sua acme negli
affreschi della basilica marchigiana di Loreto (1477-1478), dove il pittore
andrà riepilogando, con crescente autonomia stilistica, i recenti insegnamenti
pierfrancescani.
Nel decennio successivo, la fama di Luca si estende alla
città dei Papi. Gli anni ’80 lo vedranno, infatti, ormai affrancato da Piero,
impegnato nella decorazione della Cappella Sistina, accanto al celebre Perugino
e a Bartolomeo della Gatta. Grandiosità compositiva e una potente forza
espressiva dei piani facciali, modellati plasticamente, di cui aveva già dato
ampia prova (per es. nel Ritratto di un
giurista, Berlino, Staatliche Museen), costituiranno i cardini di una cifra
stilistica che troverà dispiegamento nel grande ciclo che dal 1499 al 1504
dipingerà sulle pareti della Cappella di San Brizio ad Orvieto, portando a
compimento l’opera iniziata dal Beato Angelico e dal Gozzoli nel 1477.
E, se pare ancora di udire la terribile voce di Girolamo
Savonarola riecheggiare all’interno della Cappella, ciò si deve alla
straordinaria capacità del Signorelli di rappresentare la punizione dei
peccatori, attraverso una visualizzazione tesa e drammatica delle apocalittiche
affermazioni del frate ferrarese, messe a tacere sul rogo un anno prima.
L’opera orvietana, caratterizzata da corpi violentemente
scorciati e da un energico plasticismo, sarà uno dei testi formativi per il
giovane Michelangelo, impegnato nella resa drammatica delle anatomie. Nondimeno
non mancheranno, nella produzione dell’artista, cadute qualitative che, se
avranno negative ripercussioni sulla sua fama moderna, non ne danneggeranno
l’innegabile autorevolezza esercitata su almeno due generazioni di artisti.
Immagine: Luca Signorelli, Sacra Famiglia, 1485-1488, olio su tavola, diametro cm. 124, Firenze, Galleria degli Uffizi
Immagine: Luca Signorelli, Sacra Famiglia, 1485-1488, olio su tavola, diametro cm. 124, Firenze, Galleria degli Uffizi
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