di Carlo Maria Nardiello
Francesco Leto, giovane calabrese di Cirò Marina, a soli trentatré anni è già autore di due romanzi, Suicide Tuesday e Il Cielo Resta Quello.
Il primo, pubblicato per i tipi di Perrone nel 2013, è stato candidato al Premio Strega e poi giunto finalista del Premio Sila ’49. Il Suicide Tuesday è il giorno della depressione post-weekend, ma può diventare anche il giorno dello spiraglio, quello in cui si dà un colpo di reni per ricominciare e resettare. In questo romanzo veloce e gradevole la trama, per la verità piuttosto semplice ed immediata, si compone dell’intreccio di tre diversi personaggi, ciascuno portatore di una storia propria destinata ad incrociarsi le altre.
La medesima capacità di seguire e dettagliare i personaggi nei minimi particolari è riscontrabile in Il Cielo Resta Quello, uscito intenzionalmente il 12 maggio 2015, a vent’anni esatti dalla morte di Mia Martini, personaggio rilevante all’interno della trama del libro, e presentato lo scorso 29 maggio all’interno degli incontri del Borgo d’Autore, il I festival del libro tenutosi nella cittadina di Venosa.
“Il romanzo è la pretesa di descrivere la vita di ciascuno” diceva la scrittrice e critica Virginia Woolf. Ogni vita è la summa di più vite, in questo il romanzo può dirsi un mosaico ricco e variegato. Ogni tessera ha una propria forma e una propria espansione, che trova però un trait d’union in elementi quali Maria, la frustrazione, il mare. Con la capacità propria di un bozzettista, Leto ritaglia e assembla con bravura ogni tassello del mosaico narrativo.
Il Cielo Resta Quello ripercorre la storia di una famiglia fotografata nell’arco di 40 anni fatti di incontri, di formazione, di litigi, di debolezze, perdite, ambizioni e spesse volte di ricerca. I membri della famiglia Morise sono contraddistinti dal dinamismo, da un motore interiore, dalla spinta a fare qualcosa, e soprattutto dall’andare (il romanzo si apre e chiude con l’idea di un cammino).
Il mare è protagonista, talvolta addirittura personificato. Nel romanzo esso è “ombra” di ogni personaggio e, come l’ombra, ciascuno se lo trascina dietro con sé, diventando un alter-ego. Inoltre assume anche una valenza curativa, tanto da far sorgere spontaneamente la domanda intorno al reale scarto tra la sua essenza fisica e il suo valore simbolico, traslato.
Altro cardine determinante per la resistenza dell’impalcatura di carta eretta da Francesco Leto è il personaggio di Maria: la figlia, la moglie, la nuora, la madre. Presentata inizialmente come un’assoggettata a dinamiche e contingenze imposte dall’esterno, Maria riesce negli anni a conquistare la sua porzione di libertà e autorità e autonomia. È lei l’elemento catalizzatore dell’intera famiglia Morise: gestisce la regia dei vari attori sulla scena, supera i momenti di difficoltà e le perdite, con fierezza e schiena ben dritta. Questo uno dei ritratti di Maria eseguiti dallo scrittore calabrese: “Si convinse che non esiste destino che non sia nelle nostre mani”: un manifesto dell’autodeterminazione nella lontana Calabria del secondo Novecento.
Uno dei personaggi più discussi e amati della scena musicale italiana occupa una posto rilevante nelle pagine del libro: si tratta di Mimì Bertè. La cornice del personale ritratto della diva tratteggiato da Francesco Leto si riempie del dono di una voce e della maledizione di un destino. Mimì, come i Morise, è sospinta da motivazioni forti e reali: da un lato l’anelito al raggiungimento di un sogno (diventare cantante) e dall’altro la lotta contro l’autorità paterna e contro la società pronta ad affossarla di odiose maldicenze. Una contrapposizione che l’autore lascia riflettere dentro di lei quando le lascia affermare: “o faccio la cantante o faccio la bagnarota”.
Come si evince, Il Cielo Resta Quello è costellato di personaggi femminili. Spesso essi si fanno portatori di un arcaico senso dell’irrazionale: Rosa con proprietà terapeutiche misticheggianti, la Strega, la matrigna Cotugna e poi la fierezza e il riscatto di Maria, la Sasso che traffica, commercia e mantiene l’economia del microcosmo familiare, Sisina che riscatta gli anni faticosi del collegio con la professione dell’insegnamento, Mimì che rompe il recinto culturale imposto. Da questi singoli ritratti emerge un superamento dell’idea del femminile inteso come “angelo del focolare”. A metà tra invenzioni letterarie e proiezioni contestualizzabili nell’Italia degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta, l’autore riesce a dar voce ad una congerie di figure che risultano sin da subito piacevoli e care al lettore.
Da tutta questa coralità di personaggi coinvolti e dalla pluralità di storie raccontate emerge il desiderio di dar vita ad un racconto popolare, rivolto a tutti e per tutti, costruito, nelle intenzioni dell’autore, come una tragedia greca. Oltreché nella scrittura, questa volontà è espressa anche tramite il divertente cortometraggio andato in onda in alcuni programmi d’approfondimento in tv e pubblicato sul web, nel quale si vede Francesco Leto bussare porta a porta e invitare un pubblico di anziane signore calabresi a leggere, interagire e a lasciarsi catturare dalla sua storia. Abbiamo, dunque, un triangolo di popolarità: Mia Martini, il libro/la storia e il marketing editoriale.
Il Cielo Resta Quello di Francesco si classifica come una lettura di senso, generato da una scrittura decisa e sicura, priva di titubanze: in questo risiede il miglior invito alla lettura.
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