giovedì 18 dicembre 2014

Cabiria, il primo colossal firmato d'Annunzio

di Carlo Maria Nardiello

In un'intervista per ‹‹Il Corriere della Sera›› rilasciata il 28 febbraio 1914 così d’Annunzio confessa il grande fascino esercitato su di lui dal cinematografo: ‹‹Or’è parecchi anni a Milano, fui attratto dalla nuova invenzione che mi pareva potesse promuovere una nuova estetica del movimento. Passai più ore in una fabbrica di film per studiare la tecnica e specie per rendermi conto del partito che avrei potuto trarre da quegli accorgimenti che la gente del mestiere chiama “trucchi”. Pensavo che dal cinematografo potesse nascere un’arte piacevole il cui elemento fondamentale potesse essere il “meraviglioso”››. 
In questa circostanza il poeta – oltre ad esternare con entusiasmo le sue aspettative nei riguardi delle possibilità offerte dalla “settima arte” – si accinge a presentare l’imminente uscita del colossal Cabiria (1914) che lo vedrà coinvolto solo apparentemente a metà accanto al regista Giovanni Pastrone, con la funzione di elaborare didascalie a ciò che egli definisce un “romanzo storico”. Così d’Annunzio da poeta della parola diventa, dopo il suo incontro col cinema, poeta del silenzio. Salvatore di Giacomo dice: ‹‹A Gabriele d’Annunzio spetta il merito di essere stato il primo a curare davvero la plasticità della colorazione del quadro cinematografico, rinnovando con maggiore efficacia i lodevoli tentativi che già aveva fatti a teatro››.


Tale dirompente trionfo si deve molto probabilmente alla ferma volontà dell’autore di smantellare il giudizio riduttivo che in quel periodo etichettava gli intellettuali impegnati nella transcodificazione dei testi letterari in testi cinematografici come meri parolieri, sudditi delle esigenze del nuovo mezzo. In Cabiria la redazione delle didascalie si rivela estremamente meticolosa: quello dannunziano risulta essere un linguaggio alto, solenne, caratterizzato da un sistema metaforico raffinato ed un’aggettivazione iperbolica. È questo un linguaggio che, liberatosi di una connotazione puramente descrittiva, arriva ad agire su tutti i sensi dello spettatore raggiungendo così, l’obiettivo primo e del teatro e del cinema: il coinvolgimento totale del pubblico. 
Come Shakespeare ricorda e d’Annunzio ribadisce, l’audience è il motore di tutto, perciò la cura della messa in scena è un obbligo frutto della più completa devozione. 
In questo senso l’esperienza cinematografica di d’Annunzio sembra essere preparata dal suo impegno decennale nel teatro. 
D’Annunzio ha reso sovrano l’oggetto nel testo e sulla scena, aprendo nuove e molteplici possibilità di interpretazione del suo disegno artistico celato dietro ogni sipario.

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