giovedì 28 maggio 2009

Mi ricordo di noi

Comunicato stampa

Mi ricordo di noi è la seconda di un ciclo di esposizioni collettive che puntano alla creazione di uno spazio di relazione a Dryphoto arte contemporanea dal mese di maggio a quello di luglio. Una sorta di piazza aperta agli incontri e alle relazioni e anche luogo di informazione all'interno del laboratorio per educazione visiva dal titolo Manuale per autostoppisti dell’arte. Progetto di educazione alla comunicazione visiva ideato da Lorenzo Bruni e coordinato da Dryphoto che si tiene sempre da maggio a luglio presso Officina Giovani-Cantieri Culturali, Prato. La prima mostra del ciclo dal titolo Avevamo un appuntamento ma io sarò in ritardo ha ospitato opere di Giorgia Accorsi, Silvia Bongianni, Vittorio Cavallini, Irina Kholodnaya.
Mi ricordo di noi è una mostra di opere autonome di differenti artisti che, per l’associazione in quel dato spazio, stimolano una riflessione generale su cosa intendiamo per immagine oggi, indagando le sfumature tra ciò che definiamo fotograficamente rappresentazione, informazione e documentazione della realtà. Questa formula aperta, rispetto all’idea di mostra episodica chiusa in sé, rispecchia l’idea di rendere permeabile e aperto per incontri lo spazio di Dryphoto nel periodo durante il quale si svolgerà il laboratorio Manuale per autostoppisti dell’arte. Progetto di educazione alla comunicazione visiva. Questo ciclo di presentazioni è l’introduzione e lo svolgimento in parallelo di ciò che verrà affrontato durante il laboratorio, oltre a proporre una visione pragmatica della pratica curatoriale e artistica. Inoltre gli appuntamenti si propongono come una mappatura delle attuali nuove energie creative sul territorio. Ciò che accomuna tutti gli artisti coinvolti in questo progetto è una riflessione sulla natura dell’immagine oggi e sulla sua veridicità. Infatti, tutte le immagini adesso sono vere o false e quindi l’unica cosa che le rende concrete è il tipo di fruizione da parte dello spettatore. Per mettere in evidenza questo, gli artisti in mostra non privilegiano solo lo spazio rappresentato nelle loro opere ma anche lo spazio che le accoglie e che in qualche modo andranno ad illuminare e a vivere in maniera differente. Queste immagini non sono il punto di arrivo ma il mezzo per tendere all’evocazione di una narrazione collettiva e personale che non si vuol limitare solo alla semplice documentazione del reale.
Le opere presenti in Mi ricordo di noi ruotano attorno all’idea di identità. Chi sono? Cosa vedo? Chi ero quando ho incontrato quelle date persone in quello specifico luogo? O meglio chi volevo essere quando mi sono trovato in quella situazione? La fotografia d’epoca con il volto annerito sul muro da un accendino di Gabriele De Santis, il dittico con i disegni di Felice Serrelli che si sviluppano attorno al nastro adesivo applicato sulla superficie, il libro di immagini di Osvaldo Sanviti di soggetti ripresi in solitudine, che osservati uno dopo l’altro riconquistano una dimensione corale inaspettata e perduta, il video di Raffaele Luongo sul come ripensare l’arte e come metterla in pratica nella propria intimità, pongono una domanda inconscia che emerge dalla loro associazione nella mostra e riguarda la domanda sul peso della memoria collettiva/personale e su come reagiamo ad essa. Proprio partendo da questa domanda gli artisti hanno proposto opere che indagano il concetto di traccia e hanno il potere di evocare un messaggio e un desiderio di dialogo e di scoperta dell’altro simile a sé. Come per la prima collettiva, anche in questo caso, la risposta avviene ponendo l’attenzione sul dialogo tra lo spazio rappresentato, le immagini e lo spettatore. Questa chiave di lettura parziale non vuole imbrigliare le opere in una sola visione di significato ma proporsi come stimolo di discussione all’interno delle lezioni del laboratorio.

Gabriele De Santis (Roma, Italia, 1983. Vive e lavora a Roma): senza titolo, 2007, video. Il video consiste in un movimento lento sulla superficie di fotografie d’epoca di ritratti di gruppo le cui facce sono invisibili poiché non cancellate ma come asportate. Questo non è un atto malinconico che esprime il problema generale della perdita di memoria collettiva, ma un mettere in evidenza le situazioni che si vivono con gli altri e la necessità di desiderarne altre. L’altra opera di De Santis consiste in un trapano che sospeso nel vuoto continua a funzionare senza creare nessun effetto, negando così la sua funzione. All’estremità della punta c’è un foglio che gira su se stesso e porta su di se una lettera, scritta a mano, che si mostra ma non si dona del tutto al nostro sguardo.
Raffaele Luongo (Caracas, Venezuela, 1966. Vive e lavora tra Napoli e Firenze): Raffaele e l’arte contemporanea, 2008, video. Immagini di capolavori dell’arte sfrecciano di fronte a noi. Perché quelle opere? Perché esposte in quel modo? Le domande sul ruolo del museo, sul senso dell’associazione di particolari opere d’arte e sull’allestimento viene risolto dall’artista nella costruzione della sua personale classifica di opere d’arte nel luogo asettico di un bagno piastrellato. Questo mondo personale viene condiviso con gli “altri” e la fruizione viene permessa dal movimento concitato di una macchina giocattolo elettrica con la videocamera montata sopra.
Osvaldo Sanviti (Nato a Pistoia, vive e lavora a Firenze): Drumming, 2009, serie di stampe inkjet a colori, cm 21x29. L’immagine è quella di un ragazzo che suona la batteria che, preso dalla concitazione dei movimenti, ci mostra, nel reclinare la testa, solo la sua capigliatura. Il contesto diviene quel gesto di eterna ribellione e indice di giovinezza. La sequenza è composta da una serie di quattro fotografie che ripropongono la stessa immagine, una polaroid trovata su inernet, che perde colore e nitidezza via via che viene stampata e scansionata nuovamente. Le immagini sembrano tutte uguali e tutte diverse come il ruolo impersonato dal ragazzo ritratto.
Felici Serrelli (1974, Cagliari, Italia. Vive e lavora a Milano.): 4Mhz, 2006, stampa 40x65, la fotografia è quella di un cubo di polistirolo consumato negli angoli. L’oggetto galleggia su un fondo neutro come se si mostrasse al mondo per la prima volta. Vicino alla foto si trova un video, 4Mhz, in cui un uomo in giacca e cravatta, l’artista stesso, corre trascinando con sé proprio quel cubo di polistirolo, che rappresenta niente altro che la sua memoria.

Mi ricordo di noi
a cura di Lorenzo Bruni
Dryphoto arte contemporanea, via dei Pugliesi n. 23, Prato
Promosso da: Comune e Assessorato alla cultura e alle Politiche, Giovanili, Officina Giovani - Cantieri Culturali, Dryphoto arte contemporanea, Prato.
Mostra visibile fino al 7 giugno dal mercoledì al sabato dalle ore 17 alle ore 20 e su appuntamento

Immagine: Felice Serrelli, 4MHz (2006), polistirolo, acrilico, spago

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