sabato 21 luglio 2012

Il castello di Clarus Mons

di Sonia Gammone

Dalla sommità del Monte Catarozzolo, sulle cui pendici è situato l’abitato di Chiaromonte, si gode la vista di uno stupendo scenario di monti e di valli e costellato da piccoli paesi ognuno di antichissime e mirabili origini. Tutto quanto è visibile dal monte in gran parte definisce quell’immenso feudo che dall’XI secolo è noto come la “Contea di Chiaromonte” creata dai Conti Normanni giunti nel mezzogiorno al seguito di Roberto il Guiscardo.
Chiaromonte è uno dei tanti gioielli paesaggistici inseriti nel cuore verde del Parco Nazionale del Pollino. Nel fiorente periodo feudale, "Clarus Mons" era anche definito "Il signore delle valli", proprio in virtù della sua posizione dalla quale domina le valli del Serrapotamo e del Sinni a sud. Gode di un clima salubre e asciutto e il paesaggio si mostra splendido e variegato, solcato da numerosi torrenti e diviso in diversi borghi rurali. Visitando il centro storico si possono ammirare caratteristici scorci tra vicoli, abitazioni antiche con splendidi portali, balconi, finestre e soglie in pietra lavorata, nonché vecchie porte. E’ proprio la bellezza di alcuni edifici che colpisce l’attenzione; in particolare il Castello dei Principi Sanseverino, ex Monastero, il palazzo Vescovile e il palazzo di Giura.
Il grande complesso chiamato attualmente “Monastero” nel periodo feudale fungeva da Castello baronale, essendo stato fondato dai primi signori di Chiaromonte in età normanna. Ingrandito e abbellito dai Sanseverino nel XIV secolo, il maniero proteggeva dall’alto del Catarozzolo la Terra sottostante, raccolta in un’ampia e poderosa cerchia di mura, di cui sopravanzano alcuni bastioni con torri. Col declinare della fortuna dei Sanseverino, anche il Castello di Chiaromonte subì un notevole degrado: molte fonti lo descrivono come un palazzone agricolo già nel XVII secolo. Nel 1660, in un apprezzo del Tavolario Gallarano conservato all’Archivio di Stato di Napoli, viene descritto “come un edificio di dimensioni notevoli ma in stato precario; vi sono diverse stanze senza tetto, pur se alcune di esse conservano ancora gli affreschi ed i controsoffitti in legno”. Per salvarlo dalla rovina, nel secolo successivo, la Camera Comitale decise di recuperarne la parte più solida, affidando i lavori ad alcuni artigiani del posto che avrebbero dovuto consolidare e ristrutturare un quartino di tre camere e camerino, una grande sala e una loggia intermedia tra detta sala e quartino. Il resto, formato da quattro case soprastanti, un soprano, un mezzano, otto case sottostanti, finiva di crollare prima del 1850. Acquisito dalla Curia di Anglona e Tursi nel 1849, il Castello fu riadattato e trasformato in monastero. La ricostruzione fu completata nel 1845. Dopo varie vicissitudini nel 1928 fu occupato dalle Suore Figlie dell’Oratorio, che vi istituirono un orfanotrofio, un asilo infantile e scuola di lavoro. Minacciato da un movimento franoso sul lato sud, fu rinforzato e consolidato nel 1930/31 ed è stato successivamente ristrutturato e abbellito. È formato da tre corpi: uno a sud a tre piani, con finestroni rinascimentali all’ultimo piano; un corpo a due piani sul lato ovest; e un terzo, pure a due piani, sul lato nord. Il giardino interno è abbellito da un’artistica cisterna, è protetto sul lato est da un muro dell’antica linea fortificata che curvando a nord chiudeva il Castello all’altezza dell’adiacente Chiesa di San Tommaso A. Particolarmente belli al primo piano una serie di archi, costituenti l’origine di un loggiato. La posizione stessa del castello, raccolto tra le abitazioni del centro rendono la “location” molto suggestiva.

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