giovedì 26 luglio 2012

Oliveto Lucano, un presepe nel Parco

di Francesco Mastrorizzi

Il paesino di Oliveto Lucano sorge su una piccola altura circondata da boschi di cerri e querce sulle pendici orientali del Monte Croccia Cognato, lungo il lato sinistro del torrente Calandrella, nel territorio del Parco Naturale di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane.
Il fulcro architettonico del paese è costituito dalla chiesa madre intitolata a Maria SS. delle Grazie, situata alla sommità del paese e risalente al ‘500, con impianto basilicale romanico a tre navate. All’interno la chiesa custodisce la statua lignea della Madonna delle Grazie del XVIII secolo e soprattutto una pregevole tavola raffigurante la Madonna con Bambino ed i SS. Agostino e Francesco e le anime purganti di scuola napoletana, attribuita a Decio Tramontano e datata al 1596. Il dipinto, racchiuso in una ricca cornice lignea dorata e policromata, è completato in alto da una cimasa raffigurante Dio Benedicente ed in basso da una predella con Gesù e gli Apostoli. La tela principale presenta la Madonna seduta in alto sulle nubi, circondata da puttini intenti a sorreggerle la corona o a sollevare il mantello, mentre in basso, tra i due santi adoranti, trovano posto le anime purganti, avvolte dalle fiamme e immerse nell’acqua fino alla cintola.
Un elemento che caratterizza il centro del paese sono i cosiddetti “Portoni di Bacco”, antiche porte in legno, finemente intarsiate e lavorate, realizzate tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 dai “maestri d’ascia” del posto. Il procedimento di fabbricazione di queste porte era lungo e complesso e richiedeva un tempo variabile da una settimana fino a 20 giorni, oltre che perizia e competenza da parte dell'artigiano. Il legno usato era prevalentemente quello di farna, un tipo di quercia specifica della zona, adatto per la costruzione di un portone esterno perché molto resistente all'acqua e all'umidità. Sui portali venivano intagliati disegni a moduli geometrici, che non erano fissi e ripetitivi, ma cambiavano secondo le esigenze dei clienti o in base alla fantasia del falegname stesso, che con abilità tagliava, limava, intagliava e rifiniva. Come serratura di sicurezza, i portoni venivano muniti di un lucchetto particolare, il “cardo", fatto anch'esso artigianalmente, fissato alle due ante delle porte con due chiavistelli, in cui si inseriva la chiave. Le porte, una volta terminate, venivano verniciate con olio di lino, che dava un colore più naturale e serviva a proteggere il legno dalle intemperie. Negli anni scorsi sono state portate avanti iniziative atte a sensibilizzare i cittadini al recupero dei portoni, attraverso incentivi comunali a favore di quei proprietari intenzionati a restaurare questi importanti beni storico-architettonici. Restituiti al loro originario splendore, possono essere ammirati lungo la via delle cantine, quali sintesi esemplare di arte, cultura e tradizione.

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