lunedì 17 dicembre 2012

Ad Otranto una cattedrale unica

di Francesco Mastrorizzi

Si trova ad Otranto la cattedrale più grande della Puglia, con i suoi 54 metri di lunghezza e 25 metri di larghezza. L’edificio, terminato e aperto al culto nel 1088, costituisce uno dei maggiori monumenti del romanico pugliese, come si evince già dalla facciata, ornata da un rosone a sedici raggi del XV secolo, che sovrasta il portale seicentesco. All’interno le tre navate sono scandite da quattordici colonne di granito levigato, sormontate da capitelli romanici figurati. La navata centrale si caratterizza per un soffitto a cassettoni in legno dorato della fine del XVII secolo. Al di sotto dell’abside troviamo un’ampia cripta, formata da cinque navate e dotata di tre absidi sporgenti, il cui soffitto è sostenuto da sessantotto colonne – collegate tra loro da volte a crociera – in marmi diversi e con capitelli molto vari.
Di incomparabile valore è il grandioso mosaico pavimentale, l’unico esemplare del genere superstite nel Mezzogiorno. Eseguito tra il 1163 e il 1165 da un gruppo di artisti guidati dal monaco Pantaleone, si sviluppa per l’intera dimensione della chiesa ed è composto da 600 mila tessere policrome raffiguranti nell’insieme un Albero della Vita, che copre la navata centrale, il presbiterio, l’abside e le due ali del transetto. Si presenta come una sorta di enciclopedia della cultura dell'Alto Medioevo, sintesi di influenze greche, bizantine e normanne. L’opera, conservata nella quasi totalità delle sue parti, si ricollega alla tradizione musiva dell'arte bizantina, ma anche alla scultura romanica, di cui riprende l’iconografia. Tuttavia molti aspetti non trovano ancora un’interpretazione unanime tra gli studiosi, come ad esempio la scelta di utilizzare l'Albero della Vita per ripartire gli spazi narrativi, che non trova riscontro in alcun altro mosaico dell'epoca. Il programma iconografico ripercorre l'esperienza umana dal peccato alla salvezza: tra le varie scene si riconoscono episodi dell'Antico Testamento, dei cicli cavallereschi e del bestiario medievale. L’intento era probabilmente pedagogico: le immagini erano utilizzate come allegorie della lotta multiforme fra bene e male, comprensibili ai fedeli del luogo oppure a viandanti, pellegrini e crociati, che passavano da Otranto lungo il viaggio per la Terra Santa.

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