lunedì 22 maggio 2017

OPEN: l’arte accomunata di Antonio Del Donno e Fabio Ferrone Viola

OPEN
Trenta opere di Antonio Del Donno e Fabio Ferrone Viola
Spazio Cerere – Roma
25-29 maggio 2017

di Carlo Maria Nardiello


Il Novecento, il “secolo breve” teorizzato dallo storico britannico Eric Hobsbawm, dopo aver affermato il culto dell’innovazione e della conquista ha prodotto una miriade di riflessioni circa gli effetti di tali fenomeni sulla società. Una volta preso atto della neo-nata “massa”, intellettuali dai diversi profili hanno concepito una personale valutazione circa le possibilità di intervenire attivamente sull’ininterrotto fluire (veloce e lento) del Tempo. Tramite il ricorso alla fantasia generata dalla creatività speculativa e indagatrice della mente dell’artista, dal figurativo alla Settima Arte, dalla narrativa alla musica, lungo tutto il Novecento si è inteso generare una forma brillante e originale di “interventismo culturale”.
Il proliferare di teorie e declinazioni ha prodotto una sovrabbondanza di materia innovativa da un lato (il progresso) e dall’altro un recupero del già noto ma riletto in virtù dei cambiamenti intervenuti nella realtà circostanziale (la tradizione riformulata). 
Nel novero degli artisti che hanno prodotto un valido risultato muovendosi sull’incerto confine tra Progresso e Tradizione (quest’ultima in senso lato) troviamo Antonio Del Donno, beneventano del 1927, uno dei più longevi artisti italiani attivo sulla scena nazionale e internazionale da oltre sessant’anni. Frutto del continuo dialogo tra arte e vita, Del Donno ha intenzionalmente messo al centro della propria opera la sacralità del divenire inesorabile dei materiali, di qualsiasi materiale, specie quelli relegati alla categoria dello “scarto”. Sotto questo punto di vista, appare naturale l’accostamento a Fabio Viola Ferrone, romano del 1966, formatosi negli ambienti pop statunitensi e interessato ad esasperare i contenuti della cultura contemporanea del consumo, emblematicamente sintetizzata dai rifiuti metropolitani, adoperati con maestria e cura. Da questo carico di residui l’artista romano è riuscito ad estrapolare la valenza distruttiva della civiltà dei consumi. 
Dal confronto tra i due artisti emerge la comune dimensione di avversità al figurativo ed una spiccata intenzione di riprodurre l’estensione della modernità sull’universo di immagini e forme generate al di là del tempo, inteso come processo in divenire, fortemente connotato dall’eterno ritorno di materiali rifiutati dal canone (Del Donno) o dalla società (Viola Ferrone). Rendere un’opera nobile e di senso non in virtù della materia utilizzata ma perché risultante da un’analisi del mondo, osservato in maniera disincantata e libera, è il traguardo raggiunto da entrambi gli artisti, così distanti per anni e formazione, eppure così vicini per intenzioni e sguardi. 
La mostra OPEN: Generazioni a confronto, a cura di Paola Valori presso Spazio Cerere di Roma (aperta e visitabile per pochi giorni dal 25 al 29 maggio) persegue l’obiettivo di rendere immediatamente tangibile il terreno comune tra Antonio Del Donno e Fabio Viola Ferrone. Nell’universo di entrambi, infatti, si staglia netta l’idea di un’arte intesa come pratica esistenziale e quotidiana, capace di offrire uno spunto critico (ma non ideologico) sul moderno villaggio globale, che simultaneamente è arricchito e impoverito, potenziato e depauperato, alimentato e spremuto. Il sistema di oggetti e forme prodotte da entrambi rifugge dalle intenzioni di “catechizzare” l’attuale società bensì intende, in maniera inclusiva, rendere tutti i fruitori partecipi dei fenomeni in atto, ricordando come attraverso il racconto esistenziale dell’arte sia possibile rendersi protagonisti del cambiamento. 
OPEN, dunque, non è solo un racconto generazionale aperto e dialogante tra i due artisti, ma anche l’invito ad accogliere una rinnovata comunicazione tra il Passato e il Presente con occhi e orecchi tesi al Futuro, quello prossimo e quello lontano.   

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