lunedì 10 giugno 2019

“Il giovane favoloso” per la regia di Mario Martone

di Dario Aprea



L’interessante pellicola storico-biografica del regista napoletano Mario Martone, risalente all’anno 2015 , dal titolo “Il giovane favoloso”, riguarda molto da vicino la vita e le opere scritte nel tempo dal già arcinoto al grande pubblico nazionale, e non solo, letterato marchigiano Giacomo Leopardi, prodotto e distribuito da Palomar 01 distribution - Rai Cinema. Notevole afflusso di pubblico sull’intero territorio nazionale vi è stato al momento della sua uscita del lungometraggio nelle sale, e successivamente dagli spettatori del piccolo schermo con la messa in onda sulla terza rete della Rai nazionale in prima serata: notevole, dicevamo, per essere un film altamente profondo su una delle figure più amate, per quanto certo più difficili da comprendere fino in fondo, tanto più da un pubblico non per forza colto ed appassionato della preziosa produzione dei nostri poeti e, più in generale, letterati del nostro prestigioso panorama nazionale ottocentesco. Superba è stata l’interpretazione dell’attore protagonista Elio Germano, romano di origine molisana, reduce da grandi successi cinematografici, quali Il cielo in una stanza di Carlo Vanzina (1999), nel quale ha recitato con maestrìa ancora giovanissimo, non ancora ventenne, al fianco di interpreti del nostro cinema già navigati, come Mario Mattioli e Ricky Tognazzi, Che ne sarà di noi, di Giovanni Veronesi del 2004, film nel quale ha potuto mettersi in contatto con un’altra giovane promessa del cinema italiano come Silvio Muccino ed il lucano Rocco Papaleo, Romanzo criminale del 2005 di Michele Placido e DiazDon’t Clean Up this Blood di Daniele Vicari del 2012, lungometraggio nel quale Germano fu il giornalista della Gazzetta di Bologna Luca Gualtieri. 


La malinconica vicenda leopardiana viene analizzata nell’opera di Martone, girata tra la nativa, per l’illustre conte-letterato, Recanati, dove visse, tra alterne vicende, tra gloria professionale, ancor giovane, e repressione, dovendo fare i conti con la dura educazione impartitagli dal severo padre Monaldo Leopardi e la sua austera moglie Adelaide Antici , spinti spesso da gelosia personale nel far frequentare poco al giovane Giacomo grandi nomi della coeva critica letteraria nazionale , quali Vincenzo Monti e , soprattutto , il suo grande amico ed estimatore Pietro Giordani. Ma Giacomo , ad un certo punto , uscì dagli angusti confini di Recanati , per vivere prima a Firenze , dove conobbe l’attrice Fanny Targioni Tozzetti , al quale fu legata dal nobile sentimento dell’amore , come per Teresa Fattorini , la Silvia del celebre componimento poetico nel periodo recanatese , per la quale provo’, com’è noto anche ai posteri , un sentimento non altrettanto corrisposto , ed il nobiluomo napoletano Antonio Ranieri , al quale fu legato da un rapporto di intensa amicizia , per il quale ricevette già dai tempi a lui contemporanei non poche critiche dai suoi stessi retrivi parenti per le abitudini di vita piuttosto lascive , che il medesimo Ranieri ebbe anche nel suo intenso periodo fiorentino. Dunque , dopo la parentesi fiorentina vissuta in compagnia degli amici Antonio e Fanny , il talentuoso Giacomo approdò a Roma , odiata dal poeta come l’autorità politico-religiosa che essa già ai suoi tempi rappresentava non solo per lui , seppur accolto , come a Firenze , con tutti gli onori come grande letterato in voga a quel tempo ma , comunque , sommerso da tante critiche da quella fetta di critica letteraria nazionale , che poco condivideva il suo tipico pessimismo cosmico. Escluso da prestigiosi premi letterari per questo medesimo motivo , Giacomo quindi venne a contatto con la realtà della Napoli ottocentesca , città natale di Ranieri , spinto , per questa scelta , anche da ragioni di ristrettezza economica e , contemporaneamente , dal bene estremo che nutrirono nei suoi confronti sia Antonio Ranieri , per l’ appunto , che la sorella di questi Paolina , che lo accolsero nel migliore dei modi in questa stimolante e nuova per lui esperienza partenopea. 


Seppur oramai fortemente provato nel suo stato di salute , Leopardi trovò la forza per comporre , prima della morte , avvenuta proprio in terra partenopea , la celeberrima sua ultima composizione poetica La Ginestra o fiore del deserto , messa in opera dopo il suo sfuggire il colera imperversante nella città di Napoli nel secolo XIX° , dal quale aveva scampato , rifugiandosi nella villa Carafa-Ferrigni o delle Ginestre , posta alle pendici del Vesuvio con lo stesso Ranieri e la sorella , evidentemente ispirato dalle vicine e scenografiche eruzioni del vicino vulcano , le quali ben vengono messe in risalto da Martone al termine della pellicola. Altrettante ispirazioni , procurate da altri luoghi e paesaggi , a partire da quelli nativi recanatesi , portano il Germano-Leopardi a declamare interamente all’interno del film altri capolavori del repertorio poetico di questo grande letterato nostrano dell’Ottocento , come il memorabile L’infinito , che ebbe per protagonisti il più che famoso”ermo colle” e la prospiciente siepe , situati nei pressi dell’abitazione e quindi della ricca biblioteca del conte Monaldo , dove avvenne la prima e preziosa formazione letteraria del grande Giacomo.

                             

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