
Sulla linea ideologica della rappresentanza dei due poteri, regale ed ecclesiastico, temporale e spirituale, questi vennero equilibrati con la soluzione di due distinti impianti: l’abbazia su di un lato, e il palazzo reale sull’impianto opposto, mentre la facciata, ad Est, si ergeva imponente verso la città di Palermo. Il corpo di fabbrica mosse numerose maestranze (forse anche costantinopolitane) tali da ridurre i tempi di costruzione sin dall’anno di posa della sua prima pietra (1174).
Dopo quindici anni, la prematura morte di Guglielmo (1189) ne prolunga i lavori, lasciando incompiute le murature interne, ancora senza alcuna decorazione nonché prive delle progettate coperture capriate. Lo spazio religioso all’interno venne riccamente intessuto da fitti parametri musivi, i quali descrivevano ieratiche scene testamentarie (Vecchio e Nuovo Testamento) completamente profuse di luce color dell’oro. Tra gli sfavilli delle tessere, Guglielmo compare effigiato riccamente vestito “alla bizantina”, ai piedi della Vergine mentre le offre il modellino della chiesa imitando, per provocazione, la rappresentazione regale del nonno Ruggero II, raffigurato analogamente nella Martorana all’epoca di Giorgio di Antiochia. La ricchezza degli elementi, tendenti al moresco e alla prassi decorativa di area campana, si esprime a Monreale soprattutto all’esterno dell’abside e nel chiostro, dove il repertorio compositivo ad archi intrecciati e fittamente ornato, ricrea nel duomo normanno quasi una trasposizione stilistica degli edifici di culto islamico.


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