martedì 20 marzo 2012

Gravina in Puglia: quell’aquila sulla chiesa

di Francesco Mastrorizzi

Nel 1602 l’allora vescovo di Gravina in Puglia Vincenzo Giustiniani fece costruire a proprie spese, fuori dalle mura della città, una chiesa a somiglianza della cattedrale, con annesso un fabbricato destinato ad ospitare vescovi e seminaristi durante i mesi estivi, dedicando la stessa alla Madonna della Grazia. La facciata dell’edificio, originariamente semplice e lineare, nel 1710 venne arricchita con l’enorme figura dello stemma del committente: un’aquila ad ali spiegate in volo su tre torri. Ed è così che ci appare ancora oggi, suggestiva e affascinante nella sua originalità che non ha alcun riscontro altrove, tanto da diventare uno dei simboli della città di Gravina e punto di riferimento per i suoi abitanti.
La chiesa nel tempo è stata più volte profanata, anche a causa della sua collocazione lontana dalla città. Nel 1734 vi si accamparono le truppe austriache, mentre durante la seconda guerra mondiale servì da caserma alla fanteria motorizzata italiana. Dopo un lungo oblio fu riaperta al culto nel 1951 dal vescovo Giovanni Maria Sanna. A seguito del terremoto del 1980, che ebbe come epicentro l’Irpinia, la chiesa ha subito un restauro, che ha eliminato i vari interventi costruttivi succedutisi nei secoli, in quanto ritenuti sovrabbondanti ed inutili. Sono così venuti alla luce elementi decorativi di cui non si conosceva l’esistenza, come medaglioni e capitelli. Il piccolo campanile laterale fu fatto aggiungere nel 1841 per volontà dei fedeli.
Il prospetto della facciata è scandito in tre ordini, sotto i cui cornicioni sono incise frasi tratte dalla Bibbia. Il primo ordine presenta un paramento bugnato, alleggerito dal portale centrale e da due porte laterali sulle quali incombono due oculi. La porta centrale ha un architrave a bugnatura con capitelli corinzi, su cui è posto un rotolo di pietra spiegato. Al di sopra un timpano triangolare. Nell’ordine superiore, con una sorta di continuum con il bugnato inferiore, si ergono tre torri merlate, in asse con i tre portali. Nell’ultimo ordine campeggia l’aquila trionfale, con in testa una corona regale tempestata di pezzi di vetro policromi; nell’occhio un cristallo simula una scintillante iride, grazie al riflesso dei raggi solari. Al centro del rapace un rosone. Completa la facciata un timpano triangolare monco, in cui spicca una mitra, la cui punta ne sostituisce il vertice. Nel suo insieme la facciata risulta perfettamente simmetrica, fatta eccezione per il collo dell’aquila.

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