di Francesco Mastrorizzi
«Viggianello ha un Castello di
mille e mille anni, grigio di tempesta e di mistero, arroccato sulla cima di un
colle roccioso. Esso sovrasta e domina l'antico borgo medioevale e quel mucchio
di case nerastre, dai tetti rossicci, aggrappate e addossate le une alle
altre.» Così scriveva Francesco Santoro nel 1925, per descrivere l’antico
maniero che dominava il paese di Viggianello. Quel castello è ancora lì a
troneggiare sul groviglio di case, vicoli stretti e scalinate lastricate in
pietra ai suoi piedi e a vigilare sulla sottostante Valle del Mercure,
circondato da un maestoso scenario di monti.
Il primo insediamento nel luogo
dove sorge il castello risale al periodo dei Romani, che al tempo della II
guerra punica (III sec. a.C.) vi costruirono una fortificazione, Castrum Byanelli, a controllo della
valle e della via Popilia, strada che congiungeva Capua a Rhegium. Ai
Romani subentrarono i Longobardi e poi i Bizantini, che trasformarono il castrum in kastrion, inglobante entro solide mura il borgo agricolo che si era
andato sviluppando. La presenza bizantina è attestata anche da numerose laure
eremitiche, abitate dai monaci basiliani, e da numerosi ruderi di antiche
chiese e conventi.
Con i Normanni cominciò a
consolidarsi l'insediamento sulla collina di Viggianello, grazie alla creazione
della roccaforte con torre a base quadrata (tipica dell'architettura normanna)
e della chiesa del castello dedicata a San Nicola (di cui restano oggi solo
pochi ruderi). Gli Svevi ampliarono la struttura, che assunse le sembianze dei
tipici manieri federiciani. Nel XVI secolo i Sanseverino, principi di Bisignano,
feudatari dalla fine del ‘400, trasformarono la fortezza in palazzo, usandolo
come residenza estiva e di caccia.
Attualmente, dopo essere stato restaurato
con cura, il castello viene utilizzato come struttura ricettiva e congressuale,
conservando intatto il suo fascino antico. Infatti nel maniero si respira un’atmosfera
che proviene direttamente dai secoli di storia che si porta alle spalle, dal
suo passato a volte misterioso, di cui ci parlano l'antico pozzo scavato nella
roccia, il ricordo del passaggio segreto che attraverso le viscere del paese
permetteva ai castellani di mettersi in salvo in caso di bisogno, il camino in
pietra, immenso e severo, scolpito da anonimi artisti locali, le antiche
pergamene, i volumi della biblioteca che datano dal tardo Cinquecento.
Una
vecchia leggenda viggianellese, riportata dal Santoro, racconta che «nella
cantina del Castello dei principi di Bisignano, una serpe verde, sempre la
stessa, viva e covi certe sue uova divenute di pietra. La serpe non può morire:
le uova non possono schiudersi alla nascita dei serpentelli. È questa la
figurazione più ardua e inconsapevole del destino di Viggianello: paesello di
secoli, fermo nelle sue tradizioni e nel suo patriarcalismo, che non muore alla
luce, e non può o non sa nascere al progresso.» Forse sono proprio questi i
motivi per i quali, oggi, i giovani lasciano il paese, per cercare altrove il
progresso, ma conservando nel loro cuore il retaggio delle tradizioni di quei
secoli di storia, di cui il castello è il simbolo.
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