Aderendo all’ottava edizione della “Giornata del Contemporaneo”, promossa da AMACI - Associazione Musei d’Arte contemporanea italiani e PARC - Direzione qualità e tutela dell’architettura e del paesaggio, la Galleria Spaziosei di Monopoli promuove dal 06 al 31 ottobre 2012 la mostra personale del maestro Vito Matera dal titolo: Le trasparenze del gioco.
Vito Matera è nato a Gravina in Puglia nell’agosto del 1944. Un’infanzia in bottega, col padre orafo e musicista; studi classici e laurea in Filosofia, con una tesi in Estetica sui problemi dello spazio pittorico. La sua vicenda artistica parte da un mondo classico con il ciclo delle Deliadi, in cui già prende le distanze dalla diffusa immagine di un Sud dolente e piagnone per recuperare l’identità fantastica e culturale. Nel 1983, dopo un’esperienza che lo porta a esporre nei Balcani, aderisce al gruppo barese di “Fragile” con Angiuli, Dell’Aquila, Nigro e Riviello: nasce un dialogo virtuoso in cui si conferma la relazione programmatica con le matrici formali dell’immaginario mediterraneo e si consolida la sua affinità col mondo letterario. Dal 1988 inizia una collaborazione mensile con “La Gazzetta Del Mezzogiorno” e con riviste di letteratura militante come “In/Oltre”, “Fogli di periferia”, “Puglia Emigrazione”, “Tarsia”, “Il Rosone”. In questa atmosfera si consolida la sua affinità col mondo letterario che gli consente nel 1995 un’incursione nella scenografia per il “Premio Ugo Betti”. In un mondo prevalentemente orientato verso i poli dell’arte concettuale, urbanocentrica e tecnocratica, la sua ricerca prosegue in chiave antropologica stemperata da un linguaggio poetico e giocoso nei cicli: Bestiario minimo, Tabulae pictae, De arte venandi cum avibus, Giocare alla luna. Contemporaneamente alla sua attività pittorica, cresce l’interesse per la grafica, una passione che lo porta a realizzare edizioni d’arte, tra cui il già citato Bestiario minimo, edito da Adda.
La mostra, a cura di Mina Tarantino è presentata dal critico d’arte e giornalista Rai Raffaele Nigro, che di lui scrive: «L’immaginario poetico di Vito Matera fa i conti con le esperienze culturali e le figurazioni fantasiose del barocco meridionale di cifra colta. C’è in Matera il bisogno di costruire per sintesi successive un figurativo simbologico che racconti la sua provenienza etnica, la sua formazione intellettuale, oltre che le avventure quotidiane del conscio e dell’inconscio. Matera ha bisogno di proiettare le creature e le architetture naturali del paesaggio e gli oggetti della nostra contemporaneità in un tempo remoto, indecifrabile, un’età metastorica, una non-età, fino a creare ambienti e situazioni metafisici. Tuttavia questa di Matera non mi sembra una pittura di citazioni, soprattutto perché la seconda componente è il colore, un pastellato che sa di scrostature, di tempere e calce, il bucciato rurale dell’imbiancatura povera, succo di erbe e cromatura da affresco tombale protoitalico. La roccia, a chi la guarda con occhi assonnati o controluce o in certi affioramenti dall’erba rada, assume spesso forme di animali di uomo di manufatto. Tutto il paesaggio collivo talora sa trasformarsi in oniriche e suggestive figurazioni, in forme fantastiche. L’allontanamento dai simboli ha prodotto un’ovvia consistenza della materia. Toccali se vuoi, questi quadri, hai una sensazione di bucciato rustico, sono muri di calce e gesso, i muri bianchi dei paesi di tufo».
Vito Matera è nato a Gravina in Puglia nell’agosto del 1944. Un’infanzia in bottega, col padre orafo e musicista; studi classici e laurea in Filosofia, con una tesi in Estetica sui problemi dello spazio pittorico. La sua vicenda artistica parte da un mondo classico con il ciclo delle Deliadi, in cui già prende le distanze dalla diffusa immagine di un Sud dolente e piagnone per recuperare l’identità fantastica e culturale. Nel 1983, dopo un’esperienza che lo porta a esporre nei Balcani, aderisce al gruppo barese di “Fragile” con Angiuli, Dell’Aquila, Nigro e Riviello: nasce un dialogo virtuoso in cui si conferma la relazione programmatica con le matrici formali dell’immaginario mediterraneo e si consolida la sua affinità col mondo letterario. Dal 1988 inizia una collaborazione mensile con “La Gazzetta Del Mezzogiorno” e con riviste di letteratura militante come “In/Oltre”, “Fogli di periferia”, “Puglia Emigrazione”, “Tarsia”, “Il Rosone”. In questa atmosfera si consolida la sua affinità col mondo letterario che gli consente nel 1995 un’incursione nella scenografia per il “Premio Ugo Betti”. In un mondo prevalentemente orientato verso i poli dell’arte concettuale, urbanocentrica e tecnocratica, la sua ricerca prosegue in chiave antropologica stemperata da un linguaggio poetico e giocoso nei cicli: Bestiario minimo, Tabulae pictae, De arte venandi cum avibus, Giocare alla luna. Contemporaneamente alla sua attività pittorica, cresce l’interesse per la grafica, una passione che lo porta a realizzare edizioni d’arte, tra cui il già citato Bestiario minimo, edito da Adda.
La mostra, a cura di Mina Tarantino è presentata dal critico d’arte e giornalista Rai Raffaele Nigro, che di lui scrive: «L’immaginario poetico di Vito Matera fa i conti con le esperienze culturali e le figurazioni fantasiose del barocco meridionale di cifra colta. C’è in Matera il bisogno di costruire per sintesi successive un figurativo simbologico che racconti la sua provenienza etnica, la sua formazione intellettuale, oltre che le avventure quotidiane del conscio e dell’inconscio. Matera ha bisogno di proiettare le creature e le architetture naturali del paesaggio e gli oggetti della nostra contemporaneità in un tempo remoto, indecifrabile, un’età metastorica, una non-età, fino a creare ambienti e situazioni metafisici. Tuttavia questa di Matera non mi sembra una pittura di citazioni, soprattutto perché la seconda componente è il colore, un pastellato che sa di scrostature, di tempere e calce, il bucciato rurale dell’imbiancatura povera, succo di erbe e cromatura da affresco tombale protoitalico. La roccia, a chi la guarda con occhi assonnati o controluce o in certi affioramenti dall’erba rada, assume spesso forme di animali di uomo di manufatto. Tutto il paesaggio collivo talora sa trasformarsi in oniriche e suggestive figurazioni, in forme fantastiche. L’allontanamento dai simboli ha prodotto un’ovvia consistenza della materia. Toccali se vuoi, questi quadri, hai una sensazione di bucciato rustico, sono muri di calce e gesso, i muri bianchi dei paesi di tufo».
Titolo mostra: Vito Matera. Le trasparenze del gioco
Sede: Galleria Spaziosei, Via S. Anna, 6 - Monopoli (BA)
Periodo: dal 6 al 31 ottobre 2012
Catalogo: in galleria, testo a cura di raffaele nigro
Orario galleria: da martedì a sabato, ore 17.30 - 20.30
Patrocini: Regione Puglia, Provincia di Bari, Città di Monopoli
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