Si trova ad Otranto la cattedrale più grande della Puglia, con i suoi 54 metri di
lunghezza e 25 metri di larghezza. L’edificio, terminato e aperto al culto nel
1088, costituisce uno dei maggiori monumenti del romanico pugliese, come si
evince già dalla facciata, ornata da un rosone a sedici raggi del XV secolo,
che sovrasta il portale seicentesco. All’interno le tre navate sono scandite da
quattordici colonne di granito levigato, sormontate da capitelli romanici
figurati. La navata centrale si caratterizza per un soffitto a cassettoni in
legno dorato della fine del XVII secolo. Al di sotto dell’abside troviamo un’ampia
cripta, formata da cinque navate e dotata di tre absidi sporgenti, il cui
soffitto è sostenuto da sessantotto colonne – collegate tra loro da volte a
crociera – in marmi diversi e con capitelli molto vari.
Di
incomparabile valore è il grandioso mosaico pavimentale, l’unico esemplare del
genere superstite nel Mezzogiorno. Eseguito tra il 1163 e il 1165 da un gruppo
di artisti guidati dal monaco Pantaleone, si sviluppa per l’intera dimensione
della chiesa ed è composto da 600 mila tessere policrome raffiguranti nell’insieme
un Albero della Vita, che copre la navata centrale, il presbiterio, l’abside e
le due ali del transetto. Si presenta come una sorta di enciclopedia della
cultura dell'Alto Medioevo, sintesi di influenze greche, bizantine e normanne. L’opera,
conservata nella quasi totalità delle sue parti, si ricollega alla tradizione
musiva dell'arte bizantina, ma anche alla scultura romanica, di cui riprende
l’iconografia. Tuttavia molti aspetti non trovano ancora un’interpretazione
unanime tra gli studiosi, come ad esempio la scelta di utilizzare l'Albero
della Vita per ripartire gli spazi narrativi, che non trova riscontro in alcun
altro mosaico dell'epoca. Il programma iconografico ripercorre l'esperienza
umana dal peccato alla salvezza: tra le varie scene si riconoscono episodi dell'Antico
Testamento, dei cicli cavallereschi e del bestiario medievale. L’intento era
probabilmente pedagogico: le immagini erano utilizzate come allegorie della
lotta multiforme fra bene e male, comprensibili ai fedeli del luogo oppure a
viandanti, pellegrini e crociati, che passavano da Otranto lungo il viaggio per
la Terra Santa.
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