venerdì 23 gennaio 2015

Alberto Giacometti e l’evoluzione della sua arte

di Rosanna D’Erario

La mostra Alberto Giacometti, ospitata presso la GAM, Galleria d’Arte Moderna di Milano fino al 1 febbraio, popone l’intero percorso artistico di uno dei più significativi scultori del Novecento con oltre 60 opere provenienti dalla Fondazione Alberto e Annette Giacometti di Parigi.
Lo spettatore potrà seguire l’evoluzione dell’artista dagli anni Venti agli anni Sessanta attraverso le sezioni della mostra che sono sia tematiche che cronologiche, iniziando con la parte più intima di Giacometti, quella dedicata alle sculture familiari e agli esordi cubisti della sua carriera. Nel 1922 infatti, si trasferisce a Parigi e qui capterà l’influenza artistica del tempo.
Successivamente aderirà al Surrealismo come testimonia la seconda sezione. Una parentesi breve per l’artista ma molto proficua. Appartengono a questo periodo capolavori come Boule Supendue (Sfera sospesa), definita da Dalì come il prototipo degli «oggetti a funzionamento simbolico», punto saliente del pensiero surrealista. L’opera è composta da tre semplici elementi, un’intelaiatura di metallo che contiene una mezzaluna sulla quale pende una sfera in gesso; ha una chiara funzione erotica ed il parziale scorrimento di un atto non riuscito innesca frustrazione, facendo risuonare echi inconsci dell’artista. Nonostante la produzione di opere di grande fascino appartenenti a questo periodo, nel 1935, dopo anni di esplorazioni delle Avanguardie, Giacometti manifesta l’idea di tornare a lavorare di fronte al modello e puntuale giunge la scomunica di Breton dal movimento surrealista.
Solo dopo pochi anni nasceranno i personaggi filiformi di Giacometti, che troviamo nella terza sezione: lunghe figure collocate su alti piedistalli o dentro gabbie. La figura umana, sia singola che in gruppo, diventa centrale nelle nuove creazioni caratterizzate da sculture esili e ieratiche.
La successiva sezione è incentrata sul ritratto, fermando l’attenzione sullo sguardo. Queste sculture mostrano come l’artista negli anni della sua maturità si sia misurato, con una consueta tenacia ed una perenne insoddisfazione nella ricerca della somiglianza, costringendo i suoi modelli a posare anche per settimane.
Il percorso espositivo si chiude con due sculture monumentali, La grande testa e La grande donna, che compendiano tutto ciò che l’artista aveva sperimentato negli anni precedenti, soffermandosi sul fulcro espressivo delle sue opere, lo sguardo.
In questa esposizione emerge chiaramente il genio di Giacometti e la sua profonda inquietudine nella costante ricerca di qualcosa che poi sfugge, come scriveva l’artista stesso: «Tutto il percorso degli artisti moderni è in questa volontà di afferrare, di possedere qualcosa che sfugge continuamente».

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