lunedì 20 aprile 2015

L'arte della letteratura (Parte 2)

di Carlo Maria Nardiello


L’amore per la diffusione culturale presso un pubblico il più ampio possibile si concretizza già nei primissimi articoli di De Robertis, pubblicati sulla «Voce» di Firenze: in scritti come Varizioni in maggiore, Saper leggere, Collaborazione alla poesia (tutti del biennio 1914-’15) il professore invita i propri giovani lettori a «compromettersi» con la poesia, diventarne insieme artefici e complici. Questi sono testi nati da una mente sensibile, attenta, generosa nei riguardi dell’altro, del lettore, col quale instaura sempre un rapporto di fiducia e mai di superiorità. De Robertis, infatti, durante i quarant’anni di docenza mai si è posto con alterigia o diffidenza nei riguardi degli alunni che, prima nelle aule di scuola e poi anche in quelle universitarie, accorrono numerosi alle sue lezioni. Anzi, specie in ambito universitario, egli ama intrattenersi con i propri studenti nei caffè letterarî del capoluogo toscano (celebre il caso del caffè delle Giubbe Rosse). 
Conclusa l’esperienza vociana, insieme con Pietro Pancrazi il professore di Firenze pubblica per le scuole Poeti lirici dei secoli XVIII e XIX (Firenze, 1923) e Le più belle pagine di Vittorio Alfieri (Milano, 1928). Tali pubblicazioni hanno contribuito a creare un vero e proprio canone di autori della letteratura italiana contemporanea. De Robertis, infatti, insieme con i professori Gianfranco Contini e Attilio Momigliano, è fra coloro i quali hanno disegnato e indicato la strada ad una tradizione di studi di enorme fortuna. Inoltre, egli inaugura la stagione del «Variantismo», inteso come metodo d’indagine da compiersi sulle carte autografe degli autori, con i suoi studi su Giacomo Leopardi (primo fra tutti la selezione commentata dei Canti pubblicata nel 1927). Quest’ultimo testo segna l’avvio di una fortunatissima stagione di ricerca dedicata al poeta di Recanati, destinata ad avere un lungo e importante seguito nella tradizione critica italiana. 
Da un punto di vista prettamente biografico, le vicende di De Robertis si intrecciano con la cosiddetta “questione universitaria” del 1945: con la fine della dittatura fascista fanno rientro negli atenei italiani quei professori allontanati per motivi razziali, tra i quali Momigliano. A seguito di un’inchiesta parlamentare e di un’indagine interna all’università di Firenze, De Robertis vede confermata la cattedra di Letteratura Italiana Contemporanea.

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