di Grazia Martin
Luigi Marruzzella è stato un intellettuale a tutto tondo: si è occupato di fotografia e non ha mai smesso, con l’entusiasmo e la vivacità che erano tipici del suo carattere, di studiare, ricercare, analizzare e fagocitare libri. Come pittore, nella sua attività maestra ha avuto sempre ben presenti sia la tradizione pittorica locale che la grande storia dell’arte, “presa” dai libri di testo oppure osservata da vicino durante le sue innumerevoli visite ai musei. Marruzzella si può definire un piccolo atellano che si è confrontato con i giganti della pittura. Il nostro artista non si accontentava di fare semplicemente arte: voleva padroneggiare tutti gli stili e così, nel corso della sua attività, è riuscito a muoversi nel suo fare pittorico, senza particolari difficoltà, tra impressionismo, simbolismo, cubismo e realismo. Nei paesaggi da lui dipinti, si sente forte l’eco di Paul Cézanne e Vincent van Gogh. Le case rappresentate sulla tela dal pittore atellano sono state rese con una forma geometrica, ma realista, e questo permette di riconoscere, nelle sue rappresentazioni, luoghi passati e presenti del contado; il colore steso è fortemente astratto, il segno pittorico è rapido, veloce. Luigi Marruzzella non è stato un accademico, ma un’autodidatta: nel suo tratto vi è la forza, nel suo colore la vita e non una sterile regolarità.
Si possono osservare diverse analogie tra C’era una volta il cortile, dell’artista atellano, opere come I mangiatori di patate di Van Gogh e I giocatori di carte di Cézanne. Marruzzella nella sua opera, sembra aver ripreso il sentimento, la tristezza e la povertà dei contadini che si servono la modesta cena da un unico piatto di Van Gogh e il linguaggio pittorico, la linea e i volti allungati di Cézanne, rielaborando il tutto secondo un proprio linguaggio pittorico che sottolinea, forse, anche la noia degli abitanti del contado atellano. Non è l’unico “prestito” che Luigi ha ricevuto dalla grande arte del Novecento: si veda la somiglianza tra Il ritratto di Carmelina e una qualsiasi delle figure femminili dipinta da Amedeo Modigliani; non mancano citazioni di Degas nella Ballerina. Nell'arte di Marruzzella vi è uno spirito fortemente realista; egli pretende di rappresentare ciò che vede: la festa, la vita dei contadini, le processioni con i santi portati in spalla. Il pittore ha dipinto, oltre agli alberi di pesco, anche la vita mondana che ha potuto frequentare nelle serate passate a Napoli, presso il San Carlo, per assistere alle rappresentazioni teatrali e di lirica che tanto amava. Non manca nella sua pittura un riferimento al “principe dei realisti”, Pellizza da Volpedo, nella struttura compositiva della Crocifissione dipinta dal nostro artista.
Fissare la memoria della realtà che occasionalmente vive e di quella che conosce intimamente da vicino: è stato questo l’obiettivo di LUMAR (acronimo di Luigi Marruzzella che usava per firmare molte tele dipinte entro il 1975). La pittura di Marruzzella seguiva un solo punto fermo, una sola regola: prendere dall’esterno per elaborare all’interno. In questo modo, egli è riuscito ad assorbire il mondo che vedeva fuori di sé e a reinterpretarlo attraverso una visione personale. Al pari di molti grandi pittori contemporanei, Marruzzella ha dipinto le sue opere su supporti dichiaratamente “strani”, vetroresina, pannelli di plastica, zinco o legno.
La vita del contado, che il pittore ha raccontato con amore nelle sue tele, è scandita dal ritmo delle stagioni. I braccianti dipinti vivono quotidianamente il duro lavoro dei campi. Le donne come la terra-madre e in generale l’essere umano sono state raccontate con eterna venerazione dall’artista. Le corpulente massaie, rappresentate dal pittore, ricordano da vicino le Matres Matutae conservate nel Museo Campano di Capua. La donna che stata rappresentata da Marruzzella però non è solo madre, moglie, amica e anche oggetto di seduzione e desiderio: la spigolosità con cui è resa sulla tela, oltre alle celebri Matres Matutae, fa pensare inoltre alle più recenti Demoiselle d'Avignon di Pablo Picasso o alle sagome dipinte da Toulouse-Lautrec.
Ma non è tutto oro ciò che è stato dipinto sulla tela da Marruzzella: gli abitanti del paese, coltivatori della fertile Campania Felix, hanno visto con il passare dei decenni la loro terra – che costituiva e potrebbe costituire ancora oggi un’incommensurabile ricchezza – derubata dall’avanzare inesorabile del progresso. Il pittore, con la sua arte, denuncia gli scempi che un’urbanizzazione troppo veloce e incontrollata ha causato. Dall’opera di Marruzzella si coglie quasi un grido, un appello accorato, ancora fortemente attuale, sulla necessità di rispettare la terra, la natura, la memoria – di cui il pittore stesso è stato prezioso portatore – e la vita.
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