di Carlo Maria Nardiello
Charles Paterno, Anthony Cilibrizzi, Rosita Melo, Leonard Coviello e Joseph Stella sono solo alcuni dei migranti italiani la cui storia è vividamente raccontata all’interno del Museo dell’Emigrazione Lucana, nelle sale del Castello di Lagopesole.
Insieme con altri dodici tra uomini e donne, il museo restituisce al visitatore il tribolato iter affrontato da coloro i quali muovevano verso l’ignoto nascosto oltre Oceano, abbandonando per sempre il vuoto materiale ed esistenziale delle colline e dei monti lucani di ieri.
Il viaggio e le storie ad esso legate costituiscono il perno intorno al quale muove il lavoro del Museo dell’Emigrazione Lucana e del Centro Lucani nel Mondo “Nino Calice”.
La transmedialità e la crossmedialità sono le tecniche narrative usate, pionieristicamente, nell’allestimento delle quattro sale aperte al pubblico.
La prima di esse consente al racconto dei personaggi di caricarsi di esperienze vissute in prima persona, con un posto in prima fila negli uffici della Prefettura dove avveniva la consegna dei documenti utili alla partenza. Il Saluto Alla Famiglia e i Bauli E Fagotti, tangibili e annusabili, sono le successive tappe che favoriscono una totale immersione nel clima agitato da attese e paure –verosimilmente avvertite da qualsivoglia viaggiatore di ogni tempo e luogo – specie per coloro i quali puntavano dritto verso continenti lontani lontani.
Dopo aver puntato il dito su un punto distante del Mappamondo (quasi sempre America o Australia) e in seguito ad un lungo Viaggio Per Ferrovia in vagoni affollati, a bordo di treni notturni e lenti necessari per raggiungere il porto di Napoli o, al più, quello di Genova, ecco finalmente il mare aperto che si offriva alla vista al momento dell’Imbarco.
Nella terza sala sembra di salire a bordo delle prime navi della speranza, dell’avventura, del miraggio di una vita nuova, diversa, migliore. È possibile indugiare lo sguardo attraverso Gli Oblò, soffrire la pena di una traversata spesso accompagnata da violente tempeste, su un mare non sempre ospitale e placido. E poi Le Cuccette: distesi su semplici letti a castello, in camere lontane dall’essere candide, il visitatore diventa il destinatario privilegiato di una lettura viva ed emozionata di lettere scritte a bordo, indirizzate ai parenti rimasti in campagna, prossimi a partire non appena il pioniere numero uno della famiglia si fosse stabilizzato nel nuovo mondo. Sono righe concitate, scritte in un italiano non ancora nazionale, unificato, fra le quali alla narrazione del viaggio si frappongono i sentimenti di nostalgia, solitudine, fede nella prossima riconciliazione, spesso perfino del pentimento di aver preso una decisione così drastica e definitiva. Sono testimonianze preziose, storiche e al tempo stesso senza tempo: gli umori dell’emigrante di ieri sono gli stessi di quello moderno.
Nella quarta e ultima sala è riprodotto lo sbarco presso Ellis Island, insieme con altre procedure e pratiche indispensabili prima di approdare sul suolo ospitante.
Nella quarta e ultima sala è riprodotto lo sbarco presso Ellis Island, insieme con altre procedure e pratiche indispensabili prima di approdare sul suolo ospitante.
Tramite il ricorso a nuove tecniche narrative l’utente percepisce, quasi inconsapevolmente, i molteplici livelli narrativi. La collaborazione attiva da parte del pubblico impone un nuovo concetto di partecipazione ad un evento espositivo, grazie a contenuti mediati e veicolati in modo coinvolgente, finalizzati ad ampliare i “punti di entrata” da parte dell’utente finale. Fusi armonicamente, i singoli elementi della struttura narrativa offrono un bagaglio informativo specifico e sinfonico, volto ad arricchirne sensibilmente l’esperienza museale. L’idea di narrare il viaggio attraverso documenti, racconti, video-riproduzioni, installazioni, itinerari e pannelli interattivi diventa il migliore dei modi possibili per vivere un’esperienza non già mediata ma personale, intima, privata. Il gran numero di medium garantisce una fruizione partecipata e vissuta.
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