di Carlo Maria Nardiello
Totus mundus agit histrionem, queste le parole riportate sulla bandiera che dominava, fiera, il Globe Theatre nell’Inghilterra elisabettiana. Questo, il “credo” imprescindibile professato dal bardo di Stratford-upon-Avon il quale, con la sua granitica fiducia nella forza ermeneutica ed inclusiva della rappresentazione teatrale, mostrava il mondo al mondo. Ed è proprio nel possente “Globo” in legno e gesso, eretto con fedelissima precisione in Villa Borghese a Roma, che il trionfo dell’immortalità shakespeariana si perpetua ogni estate, consegnando allo spettatore la verità del gesto e della parola, verità che vince la tirannia erosiva del tempo.
«He was not of an age, but for all the time!»: i versi scritti in memoria di William Shakespeare dall’amico e collega Ben Jonson, attraversando indefessamente lo spazio di quattrocento anni, sembrano riecheggiare nelle espressioni di entusiasmo ed empatia del pubblico romano quando gli attori raccolgono gli applausi e, inchinandosi, pare che dicano: adesso spetta a voi continuare!
Anche quest’anno, il cartellone presentato dal Globe Theatre della Capitale, offre un ventaglio di opere selezionate con innegabile cura, quasi con la devozione di chi intende rendere giustizia all’inesauribile polifonia della voce shakespeariana che continua ad aleggiare, indisturbata, sulle esistenze di tutti noi.
Come non riconoscere nella tragica follia di Re Lear la frustrazione che spinge tutti gli esseri umani al desiderio di rinsavire, di prendere coscienza dei propri limiti facendo i conti con la “cecità” che li ha indotti nell’errore innumerevoli volte? È forse improbabile scorgere, negli accesi monologhi di Shylock, l’incongruenza di un sistema di giustizia che ancora oggi, così come allora, continua ad operare secondo dinamiche alimentate dal pregiudizio e dal disconoscimento dell’alterità? Chi fra noi, seduto sulle nude panche delle gallerie o accovacciato alla meglio nel pit, non si rivede negli sguardi allucinati di Leonte perché, come lui, irretito da un’infondata e irrazionale gelosia?
«Tutto il mondo è un palcoscenico e uomini e donne, tutti, sono attori; hanno proprie uscite e proprie entrate; nella vita un uomo interpreta più parti». Né mimesi della realtà, né fuga da questa: il teatro di Mastro Shakespeare è vita esso stesso, è esperienza conoscitiva, è la nostra storia.
Consapevoli della verità insita nell’inscindibilità del binomio arte/vita, applaudiamo commossi l’innegabile bravura dei numerosi attori che si avvicendano sul palco del Globe Theatre sotto la mirabile direzione di Gigi Proietti e ci inchiniamo dinnanzi alla loro generosità che consente al nostro spirito di elevarsi. L’incasso del “Racconto d’inverno” andato in scena domenica 28 agosto, infatti, è stato interamente devoluto in favore dei cittadini di Amatrice. Così esclamerebbe Miranda, e noi con lei, a questo proposito: «Oh meraviglia! Quante magnifiche creature ci sono qui! Com'è bello il genere umano! Oh nuovo mondo che ha gente simile dentro di sé!».
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