venerdì 20 giugno 2014

MFAA: la più grande caccia al tesoro della storia

di Carlo Maria Nardiello


MFAA: dietro questo freddo acronimo si nasconde un gruppo di eroi del Novecento che hanno fatto la storia e tuttavia non sono celebrati adeguatamente. La Monuments Fine Art and Archives è la sezione degli eserciti americano e inglese composto da circa 345 uomini e donne, per la maggior parte estranei al mondo della guerra prima del 1943. Sono esperti d’arte, studiosi, accademici, archeologi, direttori di museo, restauratori, archivisti e bibliotecari provenienti da 13 Paesi diversi che per 8 anni hanno rincorso lungo tutto il Vecchio Continente opere d’arte depredate, sistematicamente, dai nazisti. 
Il corpo speciale nasce a seguito dell’approvazione del XXXII Presidente degli Stati Uniti, Roosevelt. Esiste una data ufficiale: il 23 giugno 1943, nella quale il presidente americano ha approvato la Seconda Commissione Roberts, col compito specifico di recuperare e restituire ai legittimi proprietari i bottini di guerra razziati dalle truppe naziste. Secondo molti studiosi, tuttavia, la volontà di creare l’MFAA si trasforma in necessità solo dopo il bombardamento, da parte degli Alleati, della città di Milano nell’agosto del ’43, episodio durante il quale il Cenacolo di Leonardo da Vinci ha rischiato di essere irrimediabilmente danneggiato. Di sicuro è che durante gli eventi della tragica estate ’43 l’idea prende corpo.
Si calcola che ammonti a circa 5 milioni il numero di opere d’arte, sculture, libri rari, manoscritti, monete e preziosi varî salvati dai Monuments Men, così soprannominati durante quegli anni e ai quali Hollywood ha dedicato l’omonimo film nel 2014, con la regia di George Clooney. 
La dama con l’ermellino di Leonardo, La Madonna di Bruges di Michelangelo, La Ronda di Notte di Rembrandt, e poi Goya, Monet, i fiamminghi, Rubens, Tintoretto, Velasquez, sono solo alcuni dei capolavori dell’arte universale salvati da quello che sarebbe potuto essere un Olocausto “artistico”, scongiurato solo grazie all’eroica passione dei soldati dell’arte. 
L’intero patrimonio sottratto all’Italia, alla Francia, a collezionisti (su tutti Rothschild, Gutmann e Bondy) e fondazioni private tedesche avrebbe trovato ospitalità in quello che Hermann Goering (la cui ossessione per l’arte è nota), Martin Bormann e Adolf Hitler hanno definito il “più grande e ricco museo del mondo mai realizzato”, il Fhürermuseum di Linz, Austria. Il progetto di catalogazione delle opere da ospitare (cioè a dire da segnalare alla Gestapo e alla NSDAP per il pronto sequestro) viene affidato ad Hans Posse, direttore della Galleria d’Arte di Dresda, e il lavori preliminari per la costruzione del monumentale edificio, regalo del Fhürer a tutto il popolo del Reich, hanno inizio il 18 giugno del 1939, sulla base del plastico realizzato dall’architetto di fiducia Albert Speer.
L’Italia, teatro delle devastazioni del Secondo conflitto mondiale, ha contribuito in buona misura alla missione del variegato e multidisciplinare gruppo dei Monuments Men, grazie alla devozione e alla perizia di studiosi quali Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Emilio Lavagnino, Bartolomeo Nogara, Rodolfo Siviero. Tuttavia, nell’ambito dell’Operazione Salvataggio, fortemente voluta dal ministro Giuseppe Bottai e affidata al critico Pasquale Rotondi, anche nel contesto del regime fascista l’amore per i tesori nazionali, che da sempre hanno reso l’Italia un museo a cielo aperto, ha preso il sopravvento sulla politica e sulle armi.
Ogni storico sa perfettamente che molti tesori nazisti sono ancora sepolti in cantine, depositi, a volte in abitazioni private da ignari proprietari o addirittura finiti sui banchetti dei mercatini dell’usato. C’è da aspettarsi, pertanto, ancora un cospicuo numero di ritrovamenti più o meno fortuiti.



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