giovedì 5 febbraio 2009

W. Se Oliver Stone rappresenta George Bush

di Gabriele Di Stasio

W (dubya) di Oliver Stone ha aperto la scorsa edizione del Torino Film Festival. Nanni Moretti, ormai ex timoniere del Festival, non poteva scegliere momento migliore per accaparrarsi il film di Stone, fresco di spocchioso rifiuto alla ex Festa del Cinema di Roma. Mentre George Walker Bush jr. è una foto che sbiadisce in un passato da dimenticare, il primo presidente afro-americano della storia si insedia alla Casa Bianca, fatto questo che ci concede la calma e la distanza necessaria per gustarci un film che di politico ha poco, ma che fino a pochi mesi fa poteva prestarsi a facili letture e strumentalizzazioni. Si, perchè W (dubya) è la storia di un uomo prima che essere la storia del più controverso presidente degli Stati Uniti; tutto incentrato su una figura tribolata, sul rapporto irrisolto con il padre, con la fede ritrovata e vissuta in maniera “estrema” fino a ritenersi un prescelto da Dio. Bush il sognatore, Bush l'affabulatore, Bush figlio devastato, Bush marito, Bush presidente assediato da un gruppo di consiglieri che assomiglia terribilmente a un nido di vipere e infine Bush uomo solo e smarrito: è così che Oliver Stone non cerca né la provocazione a tutti i costi, né la polemica contro il personaggio e tanto meno l'attacco alla figura istituzionale.
Il film non calca la mano su niente, nemmeno sugli anni degli eccessi del giovane George, ma cerca di penetrare la psicologia dell'uomo, che, al massimo, ha avuto la cattiva idea di circondarsi della gente sbagliata (memorabili le scene delle riunioni con i perfidi consiglieri, tra i quali un temibile Donald “Rummy” Rumsfeld). Approccio umanista, che da alcuni critici è stato ritenuto addirittura eccessivo, tanto da far sorgere il dubbio di “esagerata simpatia” del regista nei confronti del suo personaggio. Ma conoscendo Stone non dobbiamo fermarci ad un’idea “di superficie” come questa; la sua è piuttosto una tattica, uno studio di un personaggio, un metodo narrativo di approccio ad un soggetto complesso verso il quale vuole essere, come lui stesso ha dichiarato, “fair”, imparziale.
Bravissimo il protagonista Josh Brolin, che incarna – nel vero senso della parola – George W. Bush, tanto da far dimenticare abbastanza in fretta allo spettatore la linea di demarcazione tra personaggio e uomo; ottimo il cast e stellari le interpretazioni (ad eccezione di una marginale e caricaturale Condoleezza Rice interpretata da Thandie Newton). In ultima analisi W (dubya) è un film che può essere guardato e giudicato da due punti di vista ben distinti: quello dello spettatore medio e quello dell'esperto di Cinema. Nel primo caso W è un film troppo lungo (131 minuti) e ostico, lento, eccessivamente sofisticato e se vogliamo un tantino noioso, di difficile collocazione per la distribuzione e un rischio per il botteghino; nel secondo caso, invece, W è un'opera eccelsa, un vera “leccornia” cinematografica da mostrare nelle scuole, per la tecnica, per l'equilibrio perfetto tra tutti gli elementi narrativi e visivi, per la pennellata da maestro di un regista, Stone, che riesce a controllare la produzione e la realizzazione in ogni sua fase e dettaglio, lasciando un’impronta autoriale e profonda ad opere che, senza ombra di dubbio, resisteranno alla prova della Storia.

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