Il 14 novembre alle ore 18,00 la Galleria Gentili di Prato inaugura la mostra collettiva a cura di Lorenzo Bruni dal titolo “Getting nowhere – voglio essere proprio qui” ( fino al 16 gennaio 2010).
Il progetto, ideato da Lorenzo Bruni, presenta installazioni di grandi dimensioni e opere pensate appositamente per lo spazio. Per “Getting nowhere”, Martin Boyce, Jose Dávila, Loris Grèaud, Alexis Harding, Sergej Jensen e Paolo Parisi, artisti internazionali, molti presentati in Italia per la prima volta, indagano nuove ipotesi di praticare e pensare lo spazio fisico e quello percepito come una dimensione allo stesso tempo personale e collettiva, intima e pubblica, ponendo particolare attenzione alla possibilità di rappresentare questa tensione; tentativo che paradossalmente non è soddisfatto da tutti i mezzi di riproduzione e distribuzione di immagini che abbiamo a disposizione oggi. Le opere degli artisti in mostra stabiliscono nuovi parametri di orientamento nella galleria conducendo così il visitatore ad una modalità di esperienza dello spazio differente da quella utilizzata nella pratica del quotidiano. Inoltre questo approccio porta il soggetto, che si confronta con quel “nuovo contesto spaziale”, a ripensare a nuove ipotesi di progettazione dello spazio urbano in quanto spazio sociale. Il progetto apre dunque una riflessione sul punto di vista, sul “tempo della fruizione”, e sulla sua manifestazione, mettendo in evidenza non solo ciò che si vede ma il come e la necessità di condividerlo con “gli altri diversi da sé”.
Alcune delle opere in mostra, pensate appositamente per l’occasione, vanno dalla grande silhouette attraversabile della parete in metallo di Martin Boyce, ai monocromi che dialogano con le forme di particolari di mappe geografiche di Paolo Parisi, dalle foto sgualcite di grandi grattacieli salvate metaforicamente dalla spazzatura da Jose Dávila, alla griglia modernista di Alexis Harding, la stessa sia dei piani urbani americani che dei quadri astratto-geometrici, che scivola per troppa materia dalla tavola di legno, e ancora dall’installazione sonora di Loris Gréaud che si rivela strumento con cui minare la sicurezza dell’architettura stessa della galleria, fino alla grande tela di Serghej Jensen con trama astratto-geometrica che può essere percepita anche come un tappeto o viceversa. Queste sono alcune tipologie di intervento, oltre ad ulteriori progetti, disegni, sculture che puntano alla stimolazione della percezione degli spettatori per una nuova reazione e misurazione di questi “luoghi” (evocati e indicati). Lo spazio diviene reale, convalidato, solo quando viene percorso e attraversato dal fruitore. In questo caso l’attenzione è posta sulla presenza dello spettatore stesso per mezzo di questi spazi o meglio “presenze di spazialità”. Infatti, queste opere sono tutte accomunate dal tentativo di eliminare il confine, o meglio rendere compresente, lo spazio rappresentato e quello vissuto, lo spazio osservato e quello percorso, per stabilire un nuovo equilibrio e dialogo tra la percezione fisica e la progettazione mentale dello spazio sociale da parte del singolo soggetto. Per fare questo gli artisti affrontano sia una riflessione sui codici dell’architettura, nata come organizzazione dello spazio esterno-interno, sia su quelli della pittura astratta, nata per evitare l’illusione della rappresentazione di uno spazio “altro”. Tutto ciò ci introduce in una nuova riflessione non retorica sul modernismo poiché ne affronta non le ideologie ad esso collegabili bensì gli strumenti e la loro attualità.
Tra le molte mostre internazionali a cui hanno partecipato questi artisti ricordiamo per Martin Boyce (Glasgow, Scottish, 1967; vive e lavora a Glasgow) la sua partecipazione all’ultima Biennale di Venezia nel padiglione scozzese, per Jose Dávila (Guadalajara, México, 1974; vive e lavora a Messico City) la mostra collettiva Megastructure reloaded a Berlino nel 2007, per Loris Greaud (Eaubonne, France 1979; vive e lavora a Parigi) la sua personale al Palais de Tokio a Parigi nel 2008, per Alexis Harding (London, 1973; vive e lavora a Londra) la mostra collettiva all’University of the Arts a Londra nel 2008, per Sergej Jensen (Maglegaard, Denmark 1973; vive e lavora a Berlino) la recente mostra al KW di Berlino; per Paolo Parisi (Catania, 1965; vive e lavora a Firenze) la mostra personale al Centro Pecci di Prato nel 2008/2009. Lorenzo Bruni, critico e curatore indipendente, sta attualmente scrivendo per Silvana Editoriale il libro “E’ tutta questione di spazio” che prende in esame le ricerche degli artisti che hanno saputo offrire una soluzione inedita relativa agli scambi sempre fruttuosi intervenuti fra arte e architettura tra gli anni Settanta ad oggi.
“Getting nowhere – voglio essere proprio qui”
Galleria Gentili, Prato
14 Novembre 2009 - 16 Gennaio 2010
Inaugurazione: sabato 14 novembre 2009, ore 18.00
A cura di Lorenzo Bruni
Espongono: Martin Boyce, Jose Dávila, Loris Grèaud, Alexis Harding, Sergej Jensen, Paolo Parisi
Il progetto, ideato da Lorenzo Bruni, presenta installazioni di grandi dimensioni e opere pensate appositamente per lo spazio. Per “Getting nowhere”, Martin Boyce, Jose Dávila, Loris Grèaud, Alexis Harding, Sergej Jensen e Paolo Parisi, artisti internazionali, molti presentati in Italia per la prima volta, indagano nuove ipotesi di praticare e pensare lo spazio fisico e quello percepito come una dimensione allo stesso tempo personale e collettiva, intima e pubblica, ponendo particolare attenzione alla possibilità di rappresentare questa tensione; tentativo che paradossalmente non è soddisfatto da tutti i mezzi di riproduzione e distribuzione di immagini che abbiamo a disposizione oggi. Le opere degli artisti in mostra stabiliscono nuovi parametri di orientamento nella galleria conducendo così il visitatore ad una modalità di esperienza dello spazio differente da quella utilizzata nella pratica del quotidiano. Inoltre questo approccio porta il soggetto, che si confronta con quel “nuovo contesto spaziale”, a ripensare a nuove ipotesi di progettazione dello spazio urbano in quanto spazio sociale. Il progetto apre dunque una riflessione sul punto di vista, sul “tempo della fruizione”, e sulla sua manifestazione, mettendo in evidenza non solo ciò che si vede ma il come e la necessità di condividerlo con “gli altri diversi da sé”.
Alcune delle opere in mostra, pensate appositamente per l’occasione, vanno dalla grande silhouette attraversabile della parete in metallo di Martin Boyce, ai monocromi che dialogano con le forme di particolari di mappe geografiche di Paolo Parisi, dalle foto sgualcite di grandi grattacieli salvate metaforicamente dalla spazzatura da Jose Dávila, alla griglia modernista di Alexis Harding, la stessa sia dei piani urbani americani che dei quadri astratto-geometrici, che scivola per troppa materia dalla tavola di legno, e ancora dall’installazione sonora di Loris Gréaud che si rivela strumento con cui minare la sicurezza dell’architettura stessa della galleria, fino alla grande tela di Serghej Jensen con trama astratto-geometrica che può essere percepita anche come un tappeto o viceversa. Queste sono alcune tipologie di intervento, oltre ad ulteriori progetti, disegni, sculture che puntano alla stimolazione della percezione degli spettatori per una nuova reazione e misurazione di questi “luoghi” (evocati e indicati). Lo spazio diviene reale, convalidato, solo quando viene percorso e attraversato dal fruitore. In questo caso l’attenzione è posta sulla presenza dello spettatore stesso per mezzo di questi spazi o meglio “presenze di spazialità”. Infatti, queste opere sono tutte accomunate dal tentativo di eliminare il confine, o meglio rendere compresente, lo spazio rappresentato e quello vissuto, lo spazio osservato e quello percorso, per stabilire un nuovo equilibrio e dialogo tra la percezione fisica e la progettazione mentale dello spazio sociale da parte del singolo soggetto. Per fare questo gli artisti affrontano sia una riflessione sui codici dell’architettura, nata come organizzazione dello spazio esterno-interno, sia su quelli della pittura astratta, nata per evitare l’illusione della rappresentazione di uno spazio “altro”. Tutto ciò ci introduce in una nuova riflessione non retorica sul modernismo poiché ne affronta non le ideologie ad esso collegabili bensì gli strumenti e la loro attualità.
Tra le molte mostre internazionali a cui hanno partecipato questi artisti ricordiamo per Martin Boyce (Glasgow, Scottish, 1967; vive e lavora a Glasgow) la sua partecipazione all’ultima Biennale di Venezia nel padiglione scozzese, per Jose Dávila (Guadalajara, México, 1974; vive e lavora a Messico City) la mostra collettiva Megastructure reloaded a Berlino nel 2007, per Loris Greaud (Eaubonne, France 1979; vive e lavora a Parigi) la sua personale al Palais de Tokio a Parigi nel 2008, per Alexis Harding (London, 1973; vive e lavora a Londra) la mostra collettiva all’University of the Arts a Londra nel 2008, per Sergej Jensen (Maglegaard, Denmark 1973; vive e lavora a Berlino) la recente mostra al KW di Berlino; per Paolo Parisi (Catania, 1965; vive e lavora a Firenze) la mostra personale al Centro Pecci di Prato nel 2008/2009. Lorenzo Bruni, critico e curatore indipendente, sta attualmente scrivendo per Silvana Editoriale il libro “E’ tutta questione di spazio” che prende in esame le ricerche degli artisti che hanno saputo offrire una soluzione inedita relativa agli scambi sempre fruttuosi intervenuti fra arte e architettura tra gli anni Settanta ad oggi.
“Getting nowhere – voglio essere proprio qui”
Galleria Gentili, Prato
14 Novembre 2009 - 16 Gennaio 2010
Inaugurazione: sabato 14 novembre 2009, ore 18.00
A cura di Lorenzo Bruni
Espongono: Martin Boyce, Jose Dávila, Loris Grèaud, Alexis Harding, Sergej Jensen, Paolo Parisi
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