sabato 10 gennaio 2015

Cenni storici sulla Città di Potenza (Parte 1)

di Carlo Maria Nardiello


Provincia autonoma dal 1643, la Basilicata è bagnata su due fronti dal mare, lo Ionio ad est e il Tirreno a sud-ovest. Sul versante settentrionale confinava con la Capitanata e il Principato Ultra, la popolosa Terra di Bari e la Terra d’Otranto a oriente, la Calabria Citra sul margine meridionale e infine il Principato Citra su quello occidentale. Dei quasi 10.000 kmq. di territorio, circa la metà è occupata da rilievi montuosi, quindi dell’Appenino Lucano, le cui cime disegnano un territorio nettamente montuoso in direzione nord-ovest sud-est. Il versante ionico era attraversato dai corsi fluviali Agri, Basento, Bradano e Sinni, a carattere torrentizio, che dopo un lungo percorso raggiungono il Golfo di Taranto.
Per lungo tempo considerata la regione più ricca del Regno, la Basilicata fu descritta in toni affatto incoraggianti nella inchiesta condotta da Rodrigo Maria Gaudioso, avvocato fiscale in carica presso l’ Udienza di Matera. Questi diede alle stampe nel 1736 una puntuale relazione, dietro diretto incarico del ministro di origini toscane Bernardo Tanucci (1698-1783). In seguito alla disperata impressione ricevuta da Carlo III durante una rapida visita (gennaio 1735) in questa terra, la Relazione Gaudioso traccia un disegno della regione e delle popolazioni locali, basandosi sulle informazioni dei sindaci ed eletti delle singole Università, ben lontano dalle immagini idilliache suscitate da onirici resoconti risalenti al Seicento, che dicevano di una Basilicata quale terra amena e prospera. Da essa emerge che la Basilicata aveva una popolazione di poco superiore ai 250.000 abitanti, oltre Matera, all’epoca sede della Regia Udienza, la regione si divide in quattro dipartimenti: quello di Tursi, Maratea, Tricarico e Melfi. La città di Potenza con i suoi 8000 abitanti era il secondo centro più popoloso, preceduto da Matera (13.382 abitanti) e seguito da Lauria (6000 abitanti), Melfi, Avigliano e Ferrandina (5000 abitanti). In aggiunta a ciò, si ricavò che fiscalismo di ordine regio, fiscalismo di ordine baronale, fiscalismo di ordine ecclesiastico e inoltre “nascite incontrollate, bracciali e mendichi, cerealicultura, assenza di scuole e quindi mancanza della classe dirigente” rappresentarono nella prima metà del Settecento le cause di una cronica decadenza e dello stato disastroso dei bilanci delle Università.
Di differente natura rispetto alle “impressioni dei viaggiatori”, che a metà tra visioni immaginarie e ricordi letterari affollavano l’ampio bacino dello studio e della rappresentazione geografica dell’Italia, fu la cosiddetta “Statistica murattiana” datata 1811. Una delle più complete fonti per la storia economica e sociale del Mezzogiorno. Diffusione di nuove colture e consolidata manifattura tessile ricoprirono una ruolo fondamentale nella economia della Basilicata di inizio XIX secolo: in quasi tutti i comuni della regione, in particolare nel Potentino e nel Lagonegrese, il lino fu una delle colture più diffuse, destinato principalmente alla produzione di tele e telette. Insieme con la lana, il cotone e anche la seta, il lino costituì una delle materie maggiormente impiegate nelle manifatture tessili, pur tuttavia con l’utilizzo di telai ancora rudimentali.
A far data dal 1663 la città di Matera, sede vescovile, assunse il titolo di capoluogo provinciale, che avrebbe perduto a vantaggio della città di Potenza il fatidico 8 agosto 1806: a questo giorno risale la volontà legislativa di Giuseppe Bonaparte nell’ambito della ridefinizione del territorio.



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