domenica 30 ottobre 2011

Roma città di artisti

Comunicato stampa

Lo Studio d’Arte Sant’Agata a Roma venerdì 4 novembre 2011 a partire dalle ore 18,30 inaugura l’attività dell’Anno Accademico 2011-2012 con una manifestazione che intende proporre, ancora una volta, al pubblico della città di Roma, una kermesse di artisti di grande valore che consentiranno ai visitatori di apprezzare una simbiosi di opere che si muovono attraverso le più diversificate esperienze dell’arte contemporanea.
Alla importante rassegna d’arte si è voluto dare un titolo che racchiude in quattro parole il senso di una realtà metropolitana che ha fatto e fa della città di Roma uno dei centri propulsori più avanzati delle manifestazioni artistiche contemporanee italiane e, appunto, il tale ottica possiamo dedicare questa iniziativa ai 150 anni dell’unità d’Italia

ROMA CITTA’ DI ARTISTI
Rassegna d’arte dal 4 all’11 novembre 2011, espongono:
BERNABEI SANTINA, BIFFI ANGIOLA, BROGGIO PIA, CARLETTI LUIGI, CONSULO RITA, CORRENTI TERESA, DE VECCHIS AMERICO, DODDI ENRICA, MARINO ANNA, NICOLI IRENE, NICOLI VANESSA, TOLLI GABRIELLA, UGARTE MANUEL, VENTURA PAOLA
Nella serata inaugurale interverranno:
Il Prof. GIUSEPPE GIANNANTONIO, critico d’arte, La D.ssa Gabriella CETORELLI, Ministero Beni e Attività Culturali – Roma; ANTONIO MAZZA – DIRETTORE DEL GIORNALE “LA VOCE DI TUTTI”; e L’Ing. Egidio la rosa – responsabile del portale romart.it
La serata sarà condotta dal Prof. ALFREDO BORGHINI, Direttore Artistico, con la collaborazione del M° FRANCESCO ACCA, Direttore di Galleria.

Con l’occasione l’intero staff dello Studio d’Arte Sant’Agata nell’invitare i lettori di questo comunicato a non privarsi del piacere di assistere ad una così qualificata rassegna artistica, si augura che il messaggio venga raccolto, come al solito, da molti lettori che potranno visitare la mostra ROMA CITTA’ DI ARTISTI dal 4 all’11 novenbre 2011 compreso con orario 16,30-20,00 di tutti i giorni feriali.
Vi aspettiamo numerosi

UFFICIO STAMPA DELLO STUDIO D’ARTE S.AGATA

Nell'immagine un'Opera del Maestro Prof. Alfredo Borghini, Direttore Artistico dello Studio d’Arte Sant’Agata

martedì 25 ottobre 2011

Gli Orientalisti. Incanti e scoperte nella pittura dell’Ottocento italiano

di Sonia Gammone

Presso il Chiostro del Bramante a Roma, e stata inaugurata il 20 ottobre la mostra Gli Orientalisti. Incanti e scoperte nella pittura dell’Ottocento italiano a cura di Emanuela Angiuli e Anna Villari, una accurata selezione di circa una ottantina di opere, che raccontato l’Oriente attraverso la pittura dell’Ottocento italiano. Le cronache, gli echi della spedizione di Napoleone in Egitto, i racconti degli esploratori avevano acceso la grande fantasia del Vecchio Continente. Dall’Oriente arrivavano racconti accattivanti di piaceri proibiti, odalische sensuali, harem, e la fantasia degli artisti non si fece attendere per rendere su tela queste immagini di sogno. Ad alimentare la curiosità degli artisti contribuivano anche le committenza che ricevevano. Erano quindi curiosi ed attenti ad ogni novità da poter trasferire nelle loro opere. La mostra esplora proprio questo periodo di fervido lavoro da parte di molti artisti di tutta Italia. Punto d’avvio di questa ventata d’Oriente è Francesco Hayez che di fatto non si mosse dall’Italia ma che riuscì ad imprimere nelle sue tele tutto l’esotismo che contraddistingue il mondo arabo. Da Parma, prima Alberto Pasini e poi Roberto Guastalla, il "Pellegrino del sole", percorrono carovaniere e città per raccontare questi altri mondi. Il secondo lo fa portandosi dietro, oltre a tavolozza, cavalletto e pennelli anche uno strumento nuovo, la macchina fotografica, mentre da Firenze parte alla volta dell'Egitto Stefano Ussi che in quel Paese, subito dopo l'apertura del Canale di Suez, lavora per il Pascià prima di trasferirsi in Marocco. Anche il Mezzogiorno non sfugge a questa attenzione per l’Oriente. Basti pensare a Domenico Morelli che, senza mai aver messo piede nei territori d'oltremare, descrive magistralmente velate odalische e figure di arabi in preghiera. Un mondo insomma che ha suscitato un vasto interesse nel nostro paese e che ci ha regalato opere di grande realismo che permettono allo spettatore di fare un viaggio nell’Oriente.

sabato 22 ottobre 2011

Rosa Lamberta. Le meraviglie negate

Ritornano le esposizioni di pittura presso la sede della rivista “In Arte Multiversi”, grazie al progetto “In Arte Exhibit”, che proporrà dal 28 ottobre al 17 novembre la personale dell’artista lucana Rosa Lamberta, dal titolo “Le meraviglie negate”. Il vernissage è previsto per venerdì 28 ottobre alle ore 18.30, con l’intervento della curatrice Angela Delle Donne e la partecipazione dell’artista. La mostra sarà visitabile tutti i giorni dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 22.00.
Rosa Lamberta è nata a Sant’Arcangelo (PZ), ma ha trascorso i primi vent’anni della sua vita in Germania, per poi far ritorno alle sue radici. Pittrice autodidatta, di sé racconta: “A sei anni ho preso coscienza dell’arte; a nove ho deciso di fare la pittrice; a 11 anni la visione di Guernica mi ha profondamente turbata. A trent’anni ho aperto il mio atelier.” La prima mostra personale, nel paese natio, risale al 1994, quando il suo fare arte si esprime soprattutto attraverso ritratti ad acquerello di piccole dimensioni. Negli anni le mostre si moltiplicano, come anche le partecipazioni a collettive, dentro e fuori regione. Abbandona l’acquerello per sperimentare su tele più grandi, attraverso l’olio e l’acrilico mescolati alla grafite, riempiendo la superficie di colori forti, intensi, primeggianti.
Tra le produzioni più recenti troviamo un ciclo ispirato all’archeologia lucana, fonte iconografica per dipinti in cui vasi, statuette bronzee, teste scultoree, riprodotti fedelmente, sono al centro della scena e sovrastano la stratificazione dei colori. Significativo è anche il ciclo dedicato all'infanzia dei nostri giorni, protagonista principale della mostra di Potenza. Catturati dalla realtà, volti, sguardi e pose di fanciulli vanno a riempire l’immaginario dell’artista e sono messi a confronto, non senza amarezza, con il mondo odierno, che essi dovranno ereditare. Un mondo fatto di fardelli, di assenze e di meraviglie negate. L’eredità che, invece, la Lamberta vuole lasciare alle nuove generazioni è il colore, dono disincantato, ma carico di emozione.

Titolo mostra: Rosa Lamberta. Le meraviglie negate
Sede: Redazione “In Arte Multiversi”, Largo Carlo Pisacane 15, Potenza
Periodo: 28 ottobre - 17 novembre 2011
Inaugurazione: 28 ottobre 2011, ore 18.30
Orari: tutti i giorni ore 10.00-13.00, 17.00-22.00
Ingresso: libero

venerdì 21 ottobre 2011

Scultori italiani tra Simbolismo e Déco

Comunicato stampa

Una mostra interamente dedicata ai percorsi della scultura italiana in un periodo ricco di fermenti innovativi quale è quello a cavallo tra Otto e Novecento. Si inaugura mercoledì 26 ottobre 2011 alla Nuova Galleria Campo dei Fiori la rassegna curata da Lela Djokic che ha raccolto una trentina di opere tra bronzi, marmi, gessi, bassorilievi in legno e terracotte dei più significativi scultori tra Simbolismo e Déco.
In primo piano la Bagnante di Alfredo Biagini, la “castigatissima figuretta bronzea” che aveva suscitato l’interesse di Ugo Nebbia alla Biennale di Venezia del 1924. E’ la scultura della “fontanina nella sala estrusca” citata da Cipriano Efisio Oppo nel descrivere la Quirinetta, ritrovo mondano della Capitale ricavato dall’architetto Marcello Piacentini nei sotterranei del Teatro Quirino.
Di straordinaria importanza è anche la Donna che si fa la treccia (1920) di Libero Andreotti, opera del nuovo corso post-parigino nel quale lo scultore toscano recupera i valori della classicità italiana da Pisano a Canova. Un altro esemplare della scultura è conservato al Museo d’Arte Moderna di Stoccolma.
Due i bronzi nei quali si coglie ancora l’impronta del Naturalismo di tradizione ottocentesca: lo Zampognaro del romano Camillo Innocenti e un’opera orientalista del milanese Leonardo Bazzaro. Tra le sculture di fine Ottocento, un altro bronzo, Il kimono, del napoletano Giovanni Battista Amendola.
Si deve a Edoardo Gioja l’originale e raffinato bassorilievo ligneo La Ridda dei pesci (1897), eseguito per la sala da pranzo liberty del villino Manzi di Roma.
Dello scultore bresciano Angelo Zanelli si espone una coppa in bronzo con fregio figurato (1911) proveniente da una storica collezione romana. Dello stesso periodo sono una piccola Bagnante in bronzo di Amleto Cataldi, la figura femminile in gesso di Arturo Martini e il grande disegno (Idillio pastorale) dello scultore dalmata Ivan Mestrovic.
Di Filippo Cifariello si espone I coniugi Pinto, gesso eseguito nel 1919 durante la breve fase simbolista della scultore pugliese. Un altro esemplare della scultura si trova dal 1934 alla Pinacoteca Provinciale di Bari. Sono invece di gusto Neoclassico le due teste in marmo di Nicolò D’Antino, appartenute alla collezione di un Ministro del Ventennio. Il Cavallo in bronzo di Publio Morbiducci è uno dei modelli per la Quadriga del Palazzo dei Congressi di Roma.
Tra gli scultori vissuti a Roma all’inizio del Novento negli atelier della storica Villa Strohl Fern, si espongono il faentino Ercole Drei, il veneto Attilio Torresini e il triestino Attilio Selva, mentre è del ligure Giovanni Prini la testa di bimbo, gesso esposto nel 1931 alla I Quadriennale Romana.

Titolo mostra: Scultori italiani tra Simbolismo e Déco
A cura di: Lela Djokic
Sede: Nuova Galleria Campo dei Fiori, via di Monserrato, 30 - 00186 Roma
Durata: 26 ottobre - 30 dicembre 2011
Inaugurazione: mercoledì 26 ottobre 2011, ore 17.00-20.00
Artisti in esposizione: Giovanni Battista Amendola, Libero Andreotti, Leonardo Bazzaro, Alfredo Biagini, Leonardo Bistolfi, Amleto Cataldi, Filippo Cifariello, Nicola D’Antino, Ercole Drei, Alberto Gerardi, Edoardo Gioja, Camillo Innocenti, Arturo Martini, Ivan Mestrovic, Publio Morbiducci, Giovanni Prini, Attilio Selva, Giovanni Battista Tedeschi, Thayaht, Attilio Torresini, Paolo Troubetzkoy, Angelo Zanelli, Ettore Ximenes.
Orari di apertura: 10-13 / 16-19, chiuso lunedì mattina e festivi

giovedì 20 ottobre 2011

Storia della Mole Antonelliana

di Francesco Mastrorizzi

Simbolo della città di Torino, nasce come sinagoga nel 1860, quando la comunità ebraica decide di acquisire un’area nella contrada del Cannon d’Oro, per costruire un monumento celebrativo della libertà di culto alle religioni non cattoliche concessa dal re Carlo Alberto. Per il progetto viene interpellato l’architetto Alessandro Antonelli, già professore di architettura presso l’Accademia Albertina tra il 1836 e il 1857.
Il progetto iniziale prevede un edificio, con annessa una scuola, alto 47 m. Nel 1863 iniziano i lavori, durante i quali l’estroso architetto propone una serie di modifiche e varianti: il pronao a colonne all’ingresso, un piano aggiuntivo, modifiche alla cupola, aggiunta della guglia e delle colonne esterne ai vari piani. Aumentano così i tempi e i costi di realizzazione, tanto che nel 1869 la comunità ebraica, per mancanza di fondi, pone termine ai lavori con un tetto provvisorio.
Deciso a terminare la sua esaltante opera, nel 1873 l’Antonelli convince il Comune di Torino a rilevare il cantiere, per dedicare l’edificio a re Vittorio Emanuele II, e successivamente ad approvare – nel 1880 – le variazioni che porteranno l’edificio prima a quota 146 m., poi a 163,35 m. e quindi ai definitivi 167,5 m., con l’aggiunta in cima alla guglia della statua del “genio alato”, alta più di 4 m. e pesante 300 kg.
La Mole viene inaugurata, come sede del Museo del Risorgimento, nel 1889, un anno dopo la morte del suo progettista. A portare a termine i lavori, che proseguono per diversi anni, è il figlio dell’Antonelli, Costanzo, coadiuvato fino al 1900 dall'allievo del padre Crescentino Caselli, mentre tra il 1905 e il 1908 l'architetto Annibale Rigotti realizza le decorazioni interne.
Al momento dell’inaugurazione la Mole può fregiarsi del titolo di edificio in muratura più alto d'Europa. Tuttavia nel 1930 il primato viene perso a causa dei lavori di rinforzo strutturale con cemento armato. Il 23 maggio 1953 un violento nubifragio, accompagnato da una tromba d'aria, fa precipitare 47 m. di guglia, che nel 1961 viene ricostruita con rinforzo interno in acciaio, in tempo per le celebrazioni dell'Unità d'Italia. Già nel 1904 un fulmine aveva abbattuto la statua del “genio alato”, poi sostituita da una stella a cinque punte di diametro superiore ai 4 m. La statua del genio è attualmente collocata all'interno della Mole e viene regolarmente scambiata per quella di un angelo.
Dopo il trasferimento nel 1938 del Museo del Risorgimento a Palazzo Carignano, tra gli anni ‘60 e ‘90 la Mole viene usata prevalentemente come “balcone sulla città”, oltre che come sede per mostre estemporanee. Nel 1996 inizia il suo recupero funzionale e dal 2000 diventa sede permanente del Museo Nazionale del Cinema.

giovedì 13 ottobre 2011

Franco Corbisiero. Hyle - La materia di un nuovo realismo

Il Comune di Calvello, in collaborazione con In Arte Exhibit, presenta la mostra personale dell’artista lucano Franco Corbisiero, dal titolo “Hyle - La materia di un nuovo realismo”, che sarà inaugurata presso il Convento di Santa Maria de Plano di Calvello, sabato 22 ottobre alle ore 18.00. Al vernissage saranno presenti il Sindaco Mario Domenico Antonio Gallicchio, lo storico dell'arte Fiorella Fiore e lo stesso Corbisiero, ai cui interventi seguirà un momento musicale con il gruppo elettro-etno dei Babalù. L’esposizione rimarrà aperta fino al 30 novembre e sarà visitabile il venerdì, il sabato e la domenica dalle 16.00 alle 19.00.
Franco Corbisiero sceglie il suo paese natio come “vetrina” ideale per esporre le sue ultime opere, realizzate dal 2009 ad oggi, i cui soggetti privilegiati sono il paesaggio (in modo particolare quello di Calvello) e il variegato universo femminile, raffigurato nelle più intime e liriche angolazioni. In questo nuovo ciclo pittorico Corbisiero, pur rivelando i sintomi di una costante evoluzione, conserva i tratti distintivi della sua maniera: l'uso preponderante della materia, la pratica del levare per creare diversi strati di colore, l'utilizzo della spatola. Da qui il titolo della mostra, che prende le mosse proprio dal concetto aristotelico di materia (in greco hyle), come ciò che permane immutato nel sostrato del divenire.
Corbisiero è nato a Calvello il 31 dicembre 1949, ma sin da bambino ha vissuto a Potenza. Ha frequentato l’Istituto d’Arte di Potenza (a partire dal suo primo anno di fondazione), assieme a Gerardo Cosenza, Rita Olivieri, Angela Padula, Felice Lovisco, Achille De Gregorio e Anna Faraone, ed è stato allievo di Giuseppe Antonello Leone, uno dei più grandi artisti viventi. Negli ultimi anni ha iniziato un percorso artistico innovativo e originale, sperimentando nuovi modi di espressione, attraverso l’utilizzo di materiali particolari, che conferiscono alle sue opere una visione personale di tutto ciò che il mondo è stato ed è.
Il chiostro del Convento di Santa Maria de Plano, che ospiterà la mostra di Corbisiero, in virtù del suo notevole pregio artistico, è stato scelto dall’Amministrazione Comunale come spazio ideale per eventi di tipo culturale. È per questo motivo che il Sindaco Gallicchio ha deciso di destinare parte dei proventi ottenuti dall'estrazione del petrolio alla ristrutturazione dello storico edificio, che potrà costituire un ponte ideale tra il passato e il presente della comunità calvellese.

Titolo mostra: Franco Corbisiero. Hyle - La materia di un nuovo realismo
Sede: Convento di Santa Maria de Plano, Calvello (Pz)
Durata: 22 ottobre - 30 novembre 2011
Vernissage: sabato 22 ottobre 2011, ore 18.00
Orari: venerdì, sabato e domenica dalle ore 16.00 alle 19.00;
su appuntamento al numero 327 3187162
Ingresso: libero

mercoledì 12 ottobre 2011

La torre aragonese di Scanzano Jonico

di Francesco Mastrorizzi

Turris Hischinzanae è l’antico nome della torre marina da cui ha preso il nome la località di Scanzano Jonico. Essa fu fatta costruire nel XVI secolo, durante il periodo aragonese, su ordinanza del vicerè spagnolo, per assolvere la funzione di avvistamento. Successivamente fu adibita a faro per i pescatori, tanto che oggi è nota come Torre del Faro.
Con la denominazione di “Torre la Scanzana” compare nel manoscritto del Cartaro (1613), mentre con l’attuale toponimo “Torre del Faro” è riportata sulla carta manoscritta della Terra d’Otranto (XVIII sec.), conservata nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Torre Scanzana era un nodo essenziale nella rete di fortificazioni atte a presidiare la costa jonica. La difesa dei litorali del Regno di Napoli dalle incursioni di pirati Turchi provenienti dal mare, per mezzo di torri di avvistamento, fu progettata organicamente a partire dal 1563, ma la sua realizzazione venne molto ritardata nel tempo. Nel 1569 venne redatto un elenco delle torri esistenti e di quelle ancora da farsi, in cui erano previste o confermate tredici torri sulle marine della Basilicata. Delle sei originarie sul litorale jonico lucano, Torre Scanzana è l’unica ancora esistente, assieme alla Torre Mozza di Policoro (in pessimo stato di conservazione).
La Torre del Faro rientra nella tipologia più semplice fra quelle costruite nel regno: pianta quadrangolare e volume tronco-piramidale, vano unico a mezza altezza sul terrapieno di base a cui si accedeva tramite scale volanti, feritoia sulla facciata a mare, sul tetto un volume unico con uscita dall’interno da scala inframurale e guardiola di riparo per l’avvistamento.

La Madonna di Ferrandina

di Sonia Gammone

Il piccolo santuario della Madonna dei Mali o del Pozzo di Ferrandina rivela nella parte strutturale la sua fondazione cinquecentesca. Essa è infatti costituita da un’unica aula rettangolare, conclusa da una parete piatta priva di abside, con volta a botte unghiata e pareti d’ambito scandite da arcate divise da robusti pilastri. Questi ultimi presentano il blocco d’imposta piuttosto aggettante e interrotto sulla facciata esterna in corrispondenza di una lesena piatta, che pare frutto di una manomissione di epoca successiva e che raggiunge il cornicione. Ad un successivo intervento settecentesco di devono gli stucchi della parete di fondo che, con un disegno flessuoso, simulano il prospetto di un edificio. Il santuario riceve luce dalle finestre strombate, poste nelle lunette al di sopra del cornicione ed un’altre facciata, collocata in asse con una nicchia rettangolare, che accoglie l’affresco della Madonna col Bambino e i SS. Giuseppe e Domenico, e con il portale. Su quest’ultimo è possibile riscontrare la data del 1616. Un ciclo di affreschi si sviluppa sulle pareti laterali, al di sotto delle arcate, con sei episodi della vita della Vergine: a sinistra la Natività della Vergine, la Presentazione al Tempio e l’Annunciazione; sull’altare la Madonna dei Mali; a destra dalla terza arcata la Visitazione, la Presentazione di Gesù al tempio e l’Assunzione della Vergine. Nel riquadro centrale della volta appare l’immagine della Vergine che cura con l’acqua di un’ampolla un ammalato ai suoi piedi. Il riquadro è affiancato da altri due riquadri che rappresentano S. Domenico e S. Tommaso. Ai lati di ciascuna unghia vi sono inoltre ovali con santi dell’ordine domenicano. Il ciclo è stato attribuito al pittore Pietro Antonio Ferro e per la sua datazione è stato suggerito un periodo compreso all’incirca tra il 1605 e il 1615. Sulla parete di fondo, al di sopra dell’altare maggiore, è il riquadro della Madonna col Bambino, attribuito, come gli altri affreschi della chiesa, al pittore Pietro Antonio Ferro e riconducibile ad un periodo compreso tra gli anni 1606 e 1615. Esso raffigura la Vergine a mezzo busto che tiene tra le braccia il Bambino nudo e in piedi, il quale con la destra benedice e con la sinistra sorregge un globo, oggetto di devozione da secoli.

martedì 11 ottobre 2011

Omaggio a Emilio Vedova e Hans Hartung

Comunicato stampa

Protagonisti assoluti dell’arte post-bellica internazionale, Hartung (1904-1989) e Vedova (1919-2006), colpiscono il mondo dell’arte fin dal termine degli anni ’40 per la loro pittura violenta e tormentata. Già nel 1948 sono entrambi acclamati per i lavori esposti alla Biennale di Venezia, partecipazione che si ripete nel ’52 e nel ’54, fino al riconoscimento che arriva nel 1960 con la vittoria del Gran Premio per la Pittura. Durante gli anni ’60 il loro stile, chiaramente distinguibile, diventa sinonimo di due diverse accezioni dell’Informale; durante i decenni successivi i due maestri continuano la loro produzione su linee sempre nuove ricordando sempre però il sostrato culturale e storico da cui sono partiti. Ad oggi la loro produzione è stata di importanti retrospettive nei maggiori musei del mondo.
Lo Studio d’Arte G.R. rende omaggio a Hartung e Vedova presentando una mostra antologica che raccoglie saggi artistici esemplari prodotti dal dopoguerra fino agli anni ‘90. L’esposizione sarà visitabile presso la sede dello Studio G.R. in Viale Zancanaro n. 44 dal 18 ottobre 2011. Saranno presentate nel complesso circa trentacinque opere che attraversano le varie tappe creative dei due artisti, faranno da sfondo al corpus principale della mostra alcune fondamentali testimonianze dell’Informale in Europa rappresentato da lavori di Karel Appel, Asger Jorn, Corneille, Georges Mathieu, Gerard Schneider, Paul Jenkins e Antoni Tapies. La mostra segue un percorso espositivo suddiviso per autore disposto cronologicamente, allestimento che pone in particolare risalto la grandezza e la capacità di reinvatarsi di continuo da parte dei due autori partendo dal panorama dell’arte Informale.
Un elegante catalogo a colori di 96 pagine edito da Antiga riunisce le illustrazioni di tutte le opere messe in mostra con l’integrazione di ulteriori opere che non trovano posto nello spazio espositivo. Il medesimo sarà corredato un saggio critico a cura di Giovanni Granzotto e da riflessioni e testimonianze ad opera di Mauro Corona, Leonardo Conti e Alberto Pasini. La mostra inaugurerà il 16 ottobre alle ore 12.00 con una presentazione a cura di Giovanni Granzotto

Tiolo: Omaggio a Emilio Vedova e Hans Hartung. Sulle tracce dell’informale in Europa
Sede: Studio d’Arte G.R., viale Zancanaro n. 44, 33077 Sacile (PN)
Date: 16 ottobre 2011 - 8 gennaio 2012
Inaugurazione: domenica 16 ottobre 2011, ore 12.00
Orari: lunedì-sabato 9.30-12.30, 16.00-19.30.

giovedì 6 ottobre 2011

Lo Stato dell'Arte - Basilicata

Comunicato stampa

43 opere tra dipinti, sculture, fotografie e installazioni saranno esposte a partire dal 10 ottobre prossimo nella Galleria Civica di Palazzo Loffredo in Largo Pignatari a Potenza nella mostra dal titolo: “L’Arte non è cosa nostra - Regione Basilicata”, iniziativa promossa dal Padiglione Italia alla 54° esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia per il 150° dall’unità d’Italia.
La mostra qui presentata è un avvenimento senza precedenti dal momento che il curatore, Vittorio Sgarbi, in collaborazione con Arthemisia Group srl in ragione della sua poliedrica personalità, ha voluto conferirgli una dimensione del tutto inconsueta.
Il progetto, anche in considerazione delle celebrazioni per il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, estendendosi a tutte le Regioni e a tutti gli Istituti di Cultura Italiani all’estero, intende documentare lo stato dell’arte italiana contemporanea.
La ricognizione vasta quanto rigorosa degli artisti italiani viventi e operanti negli ultimi dieci anni consente di conoscere la produzione artistica contemporanea secondo un criterio rivoluzionario.
Vittorio Sgarbi non ha realizzato la “sua” mostra con i “suoi” artisti, come di solito avviene, ma ha ideato e coordinato un immenso lavoro di ricerca, sugli artisti contemporanei, offrendo la più ampia possibilità di vedere, sapere e conoscere.
La scelta è coraggiosa, inusuale e titanica, ma è anche la più utile per avere una visione della produzione artistica, non forzatamente ed unicamente filtrata dal gusto personale del critico o del curatore. Numerosi sono stati i segnalatori allertati.
Una commissione di studio ha raccolto e valutato il lavoro di migliaia di artisti, al fine di individuare quelli più rappresentativi, oltre 1000, tra scultori, pittori, fotografi, ceramisti e video artisti per ogni Regione.
Le opere degli artisti scelti saranno esposte nelle Città più importanti, tra cui Potenza, consentendo una visuale globale che porterà ad indagare a fondo la creatività italiana nel territorio.
Il progetto è finalizzato a tracciare una mappatura, mai realizzata prima, della storia dell’arte contemporanea in tutte le sue declinazioni.
“L’iniziativa – commenta il Presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo – non poteva che raccogliere la nostra attenzione e il nostro sostegno per molteplici ragioni: sicuramente l’arte e la cultura sono valori in cui crediamo, il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia è un’occasione di visibilità da agganciare per la Basilicata, ma soprattutto, è un modo per ribadire quel valore unitario dell’Italia per il quale, a 150 anni di distanza dal raggiungimento del traguardo, è stato necessario un fermo intervento del Capo dello Stato”. “Una grande vetrina nazionale per l’arte lucana. – ha detto il Sindaco di Potenza, Vito Santarsiero – E’ davvero una occasione di notevole importanza per i nostri artisti per proporsi ed esprimere attraverso le loro opere sensibilità e specificità della nostra terra.” “La regia di Vittorio Sgarbi – ha aggiunto – impreziosisce e garantisce qualità e rigore alla iniziativa. Più in generale l’evento per il Comune di Potenza si inserisce in un contesto più ampio, quello dell’investimento in cultura quale fattore primario di sviluppo da sostenere soprattutto nei momenti difficili per recuperare identità e memoria storica e per rendere la nostra comunità più vivace, competitiva, innovativa. Un grazie – ha concluso Santarsiero – alla Regione Basilicata, Ente promotore, per aver voluto sostenere e finanziare l’iniziativa.”

Elenco artisti:
ANDRISANI Michele, CAFARELLI Giovanni, CAPUTO Carmine, CARDONE Karmil, CARMENTANO Dario, CATALDI Daniela, CILIENTO Pasquale, COMMINIELLO Salvatore, DE ANGELIS Giovanbattista, DI LECCE Bruno, DI PEDE Franco, DITARANTO Maria, DI TEANA Marino, FALCIANO Rocco, FARUOLO Donato, FORNATARO Gerardo, GENOVESE Leonardo, GIORDANO Silvio, LAURIA Pino, LINZALATA Donato, LONGO Luciano, LOVISCO Felice, LOVISCO Massimo e Gruppo EllesPlusElles, MANNO Vittorio, MANTA Tarcisio, MARINETTI Aldo, MASI Vito, MASINI Antonio, MOLES Arcangelo, MITAROTONDA Peppino, NATALE Rocco, PALUMBO Angelo, PERRUCCI Nunzio, RIZZELLI Angelo, ROSATI Angela, SALADINO Gianvito, SEBASTE Salvatore, SERRA Margherita, SPINAZZOLA Giovanni, TARASCO Pietro, TELESCA Vito, TRICARICO Nino, TRIVIGNO Antonio.

Titolo evento: Lo Stato dell’Arte - Basilicata. L’arte non è cosa nostra
Iniziativa speciale del Padiglione Italia alla 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia
A cura di: Vittorio Sgarbi - Arthemisia Group srl
Sede: Galleria Civica di Palazzo Loffredo, Potenza
Periodo: 10 ottobre - 27 novembre 2011
Inaugurazione: 10 ottobre 2011, ore 18.30
Ente Promotore: Regione Basilicata
Ente Attuatore : Comune di Potenza - Città Cultura
Ingresso: libero
Orari: dal martedì alla domenica (compresi festivi) ore 9.00 / 13.00 - 16.30 / 20.30

mercoledì 5 ottobre 2011

Le Strade del paesaggio. Annibale

Comunicato stampa

Al via la quinta edizione de “Le strade del paesaggio”, la rassegna che, come per gli anni precedenti, coniugando arti visive, musica, convegni e percorsi formativi, elabora un percorso che punta decisamente alla cultura come motore dello sviluppo locale.
Organizzato e cofinanziato dalla Provincia di Cosenza, il festival aprirà i battenti il 5 novembre con l'inaugurazione di due mostre: “Astarte & Zanardi, Andrea Pazienza at the war” a cura di Marina Comandini Pazienza e “Annibale”, una collettiva europea nell'ambito della quale diversi artisti hanno dato volti e colori al racconto di Paolo Rumiz. Performance artistiche e musicali accompagneranno la giornata di inaugurazione, insieme ad una sezione dedicata ai bambini curata dalla casa editrice Coccole & Caccole.
Le attività del festival proseguiranno per circa un mese: quelle laboratoriali e di formazione consisteranno in due corsi, uno di sceneggiatura e uno di disegno, finalizzati alla realizzazione e pubblicazione di un volume a fumetti; docenti saranno Sergio Nazzaro, scrittore e giornalista e Max Frezzato, disegnatore.
Il centro storico di Cosenza sarà il teatro dei numerosi eventi che scandiranno il ricco programma della manifestazione volta alla valorizzazione del paesaggio e delle interrelazioni tra i fattori umani e territoriali.
“Le strade del Paesaggio”, consolidata esperienza nell’ambito dell’offerta culturale della Calabria, intende collocarsi quale attrattore di nuovi e qualificati segmenti del settore del turismo culturale. Il progetto si caratterizza, inoltre, per l’attenzione verso percorsi formativi legati alle figure professionali proprie dell’economia della conoscenza, nell’intento di fornire concrete opportunità ai giovani del territorio, anche attraverso politiche di attrazione di talenti, da attuare nell’ambito di un processo di internazionalizzazione della manifestazione e dell’iniziativa culturale nel suo complesso.
Il programma completo è consultabile sul sito della manifestazione: www.lestradedelpaesaggio.com

Mostre:
  • Astarte & Zanardi. Andrea Pazienza at the war (5 novembre - 11 dicembre)
  • Annibale (5 novembre - 11 dicembre)
    Artisti in mostra: Nicola Alessandrini, Federico Appeal, Nikko Barber, João Vaz de Carvalho, Elisa Cesari, Elda Cingolani, Coen Met E en C, Marina Comandini Pazienza, Sonja Danowski, Jan Van Doornspeek, Katia Kaduk, Artem Kostyukevic, Alexis Marcou, Mireia Macip Padrell, Sac Magique, Martina Peluso, Elena Rapa, Macus Romero, Roberta Maddalena, Rasa Joni, Anna Sedziwy, Soju Tamaka, Bruna Troise, Thanos Tsiovsis, Marianna Venczàc.
  • Nostalgia Canaglia (19 novembre - 11 dicembre)
    Artisti in mostra: Nicola Alessandrini, Birò, Cesko, Allegra Corbo, Alberto Corradi, Diavù, Max Frezzato, Francesca Ghermandi, Massimo Giacon, Ale Giorgini, Miss Miza, Ombrascura, Marilina Ricciardi, Andrea Scoppetta, Flavia Sorrentino, Tokidoki, Daniela Volpari.
Sede: Museo delle Arti della Provincia di Cosenza, Corso Telesio - Cosenza
Orari: tutti i giorni 10.00/13.00 - 15.00/19.00

martedì 4 ottobre 2011

Roma al tempo di Caravaggio

Comunicato stampa

Caravaggio è stata una stella luminosissima che ha messo in ombra tutti gli artisti della sua epoca, ma chi erano i suoi compagni di strada? La mostra "Roma al tempo di Caravaggio" (Palazzo Venezia, 11 novembre 2011 - 19 febbraio 2012 a cura di Rossella Vodret), attraverso quasi 200 opere provenienti da tutto il mondo - alcune mai viste in Italia - , ricostruisce per la prima volta il tessuto connettivo della Città eterna, in cui visse e operò il grande genio lombardo.
La mostra prende in esame quello che può essere definito un momento cruciale della pittura italiana, che nasce negli ultimi anni del XVI secolo in una Roma ancora in crisi per il traumatico scisma luterano e si sviluppa, con sempre maggiore vigore, attraverso il regno di quattro importanti Pontefici: Clemente VIII Aldobrandini, Paolo V Borghese, Gregorio XIV Boncompagni, Urbano VIII Barberini. Questo irripetibile momento durò pochi anni, appena quaranta, dal 1595 al 1635 circa, ma dagli avvenimenti accaduti di questi anni è dipeso gran parte dello sviluppo delle correnti artistiche europee fino alla fine del XVII secolo.
I primi anni sono segnati dal confronto serrato e diretto tra due giganti della pittura italiana: il bolognese Annibale Carracci, capo indiscusso della pittura classicista, e il lombardo Caravaggio, creatore di una nuova suggestiva rappresentazione della realtà, che non sembra inadeguato definire rivoluzionaria. Entrambi scomparvero a un anno esatto l’uno dall’altro: il 15 luglio 1609, Annibale; il 18 luglio 1610, Caravaggio.
Nei due decenni successivi le stimolanti basi gettate dai due maestri furono raccolte e sviluppate sia da quanti seguirono il drammatico naturalismo di Caravaggio sia dai pittori classicisti bolognesi, che avevano seguito Annibale nella città papale.
Le due correnti dominarono il panorama artistico romano del secondo decennio, e continuamente modificate e arricchite non solo da frequenti influssi e intrecci reciproci, ma anche con intensi scambi con i numerosi pittori toscani, emiliani, genovesi, lombardi e soprattutto stranieri (francesi, olandesi e spagnoli) presenti a Roma in quel periodo. Di cruciale interesse è l’esuberante schiera di artisti europei, attirati a Roma non solo dalle prestigiose committenze papali e da quelle delle grandi famiglie romane, che in quegli anni andavano formando le loro collezioni, ma anche dalla fama della nuova maniera caravaggesca che, con fulminea rapidità, in pochi anni, si era diffusa in tutta Europa.
Lo studio di questo particolare fenomeno artistico – che può essere considerato il primo a carattere veramente europeo – non è stato ancora affrontato con sufficiente approfondimento e la presentazione in mostra di tanti dipinti tra loro coevi, costituisce una occasione unica per la piena comprensione di questo particolare momento creativo, tra i più stimolanti della storia della pittura, non solo italiana.
Le opere prescelte per l’esposizione sono state selezionate in modo da dare il panorama più ampio possibile delle complesse vicende che caratterizzarono l’ambiente artistico romano all’inizio del ‘600. Per l'occasione è presente eccezionalmente in mostra per la prima volta in Italia il "Sant’Agostino", recentemente attribuito a Caravaggio e oggetto di un vivace dibattito: a questo dipinto sarà dedicata una giornata di studi, condotta in collaborazione con l’Università di Roma, che vedrà riuniti a confronto i protagonisti della querelle attributiva.
La mostra è promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico e per il Polo Museale della Città di Roma e realizzata con il supporto organizzativo di Civita e Munus

Titolo: Roma al tempo di Caravaggio
Periodo: 11 novembre 2011 - 19 febbraio 2012
Dove: Roma, Palazzo Venezia
Orari: da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle 19.00, lunedì chiuso

Immagine: Carlo Saraceni, Madonna con Bambino e Sant'Anna, olio su tela, 180x155 cm, Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini, Roma.

lunedì 3 ottobre 2011

La meraviglia della natura morta

Comunicato stampa

A partire dal 2001 la Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona ha messo a disposizione del pubblico la sua collezione d’arte che, grazie ad una serie di selezionate acquisizioni, rappresenta oggi un qualificato polo di studio e valorizzazione della pittura italiana tra Ottocento e Novecento, con particolare riferimento alle figure di maggiore rilievo del Divisionismo.
Nel segno di una continuità programmatica, la Fondazione presenta ora una mostra dedicata al genere della natura morta nell’Ottocento italiano d’area settentrionale, analizzando in particolare il fenomeno del collezionismo d’epoca.
La rassegna, curata dalla storica dell’arte Giovanna Ginex e intitolata La meraviglia della natura morta. 1830-1910. Dall’Accademia ai maestri del Divisionismo, parte da una riflessione riguardo allo speciale rapporto tra il genere della natura morta, le Accademie di Belle Arti, intese come aree d’influenza e divulgazione delle arti - ovvero luogo di formazione e aree culturali entro le quali gravitano gli artisti selezionati - e la nuova committenza borghese.
L’esposizione, che si propone come una mostra di studio, presenta una serie di nature morte tra le più affascinanti della pittura italiana dell’Ottocento, di cui un cospicuo nucleo - diciassette opere - sedici delle quali oggetto di un attento restauro finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona - proviene dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano, con la quale è stato siglato in occasione della rassegna uno specifico accordo di collaborazione.
Il percorso critico ed espositivo parte dal terzo decennio dell’Ottocento, quando si affermano anche in Lombardo-Veneto gli esempi di un genere artistico rinnovato dal gusto Biedermeier e dall’influenza della scuola pittorica di Lione; si presentano dipinti - tra gli altri - di Francesco Hayez e Domenico Induno, nell’ambito milanese, mentre da Brescia giunge la pittura di animali di Francesco Inganni, apprezzata dal principe Odone di Savoia, e le esposizioni dell’Ateneo bresciano premiano la perizia dell’ornatista Tommaso Castellini.
Nel 1863 viene creato all’Accademia di Belle Arti di Brera un nuovo corso alla Scuola di Ornato, dedicato alla decorazione e alla pittura di fiori, affidato a Luigi Scrosati: da qui deriva un ulteriore slancio al rinnovamento del genere, che va diffondendosi anche presso una committenza alto borghese e imprenditoriale milanese e lombarda desiderosa di adeguare l’arredo e le collezioni d’arte delle proprie dimore ad un raggiunto, cospicuo benessere e riconoscimento sociale.
Da Brera, o comunque dal suo ambito, dall’Ateneo di Brescia e dall’Accademia Carrara di Bergamo, esce la generazione di artisti della “nuova scuola lombarda”, figlia della Scapigliatura; giovani provenienti anche da altre regioni d’Italia e dal Canton Ticino - come Adolfo Feragutti Visconti e Luigi Rossi -, che tra la metà degli anni Settanta e gli anni Ottanta dell’Ottocento dimostrano straordinarie capacità innovative nell’uso del colore, nel gesto pittorico e nei soggetti delle loro opere. Il genere della natura morta rientra a pieno titolo nella loro produzione: nelle rassegne espositive la sua presenza cresce in modo esponenziale, costituendo al tempo stesso banco di prova e importante occasione di vendita sia per maestri del naturalismo quali Filippo Carcano, Mosè Bianchi, Eugenio Gignous, Giuseppe Barbaglia e Cesare Tallone, sia per i più giovani, Gaetano Previati, Giovanni Segantini, Emilio Longoni, Giovanni Sottocornola, Giuseppe Pellizza da Volpedo, protagonisti della rivoluzione divisionista dall’apertura del decennio a seguire.
Questi artisti rinnovano il genere della natura morta anche dal punto di vista stilistico. “Da levigato particolare all’interno di una scena di genere o di un ritratto - scrive Giovanna Ginex nel suo saggio in catalogo - la natura morta diventa soggetto unico del dipinto, scompigliando l’ordine e la rassicurante fissità di fiori e frutta, sparigliando gli elementi, sconvolgendo le simmetrie e abbandonando i modelli fiamminghi e Biedermeier: le ceste si aprono e ne sfuggono frutti imperfetti e maturi”.
A queste nuove firme si rivolge un collezionismo e un mecenatismo che predilige in modo specifico le arti contemporanee: tra gli altri, ricorrono i nomi dei coniugi Benedetto e Teresa Junck, di Giovanni Torelli, e del cotoniere e banchiere Carlo Dell’Acqua, fino ad arrivare ai primi anni del nuovo secolo, con la raccolta della famiglia italo-elvetica Chiattone, da cui proviene una coppia di tele di Ambrogio Alciati.
Il progetto scientifico della mostra ha portato alla selezione di una sessantina di opere di importanti artisti (elenco allegato) tra le migliori rappresentazioni del genere, provenienti principalmente dalle raccolte storiche di musei, fondazioni e altri istituti, organizzate in tre aree, nelle quali il dato cronologico dialoga con una lettura critica della committenza e delle varie declinazioni del genere: dal nitore di un precoce capolavoro di Hayez, al tema della Vanitas che attraversa i tre decenni presi in considerazione dalla rassegna, alla ricostruzione di una “sala del collezionista” con tele di Filippo Carcano, Adolfo Feragutti Visconti, Arnaldo Ferraguti, Emilio Longoni e Giovanni Segantini commissionate dall’editore e collezionista Giuseppe Treves per una delle sue dimore, fino alla pura cromia divisionista delle composizioni di Gaetano Previati che chiudono la rassegna entrando nel Novecento. Completano il percorso due sculture di Paolo Troubetzkoy raffiguranti i collezionisti Giovanni Torelli e Teresa Junck Garbagnati.
Accanto all’importante nucleo di opere dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano, la rassegna presenta opere provenienti, tra le altre, dalla collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona e dalle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, della Galleria d’Arte Moderna di Genova, del Museo della Città - Santa Giulia di Brescia, del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, della Raccolta d’Arte Lamberti di Codogno, del Museo del Paesaggio di Verbania, del Museo Civico di Belle Arti di Lugano, della Civica Galleria d’Arte-Villa dei Cedri di Bellinzona, del Museo Segantini di St. Moritz, dal Touring Club Italiano di Milano, dalla raccolta della Banca di Credito Cooperativo di Barlassina e da altre importanti collezioni di singoli privati.
La mostra è accompagnata da una sezione dedicata ad analisi scientifiche multispettrali e spettroscopiche (tra le altre: radiografia, riflettografia, XRF, spettrofotometria) svolte da Gianluca Poldi e Thierry Radelet su tre dipinti esposti - di Giovanni Segantini, Emilio Longoni e Giuseppe Pellizza - a siglare uno specifico approccio metodologico per quanto riguarda le opere di artisti della prima generazione divisionista. Gli esami scientifici, volti a documentare i problemi conservativi così come a conoscere i materiali usati e approfondire la tecnica pittorica degli autori, hanno affiancato fruttuosamente l’analisi storico-artistica.
La mostra è corredata da un ampio catalogo scientifico edito da Skira con testi di Giovanna Ginex, Alberto Finozzi e Cristiana Sburlino, Maria Fratelli, Gianluca Poldi e Thierry Radelet, Aurora Scotti, Monica Vinardi e Paola Zatti.

Titolo mostra: La meraviglia della natura morta. 1830-1910
Dall’Accademia ai maestri del Divisionismo
A cura di: Giovanna Ginex
Organizzazione: Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona, Galleria d’Arte Moderna di Milano
Sede: Palazzetto medievale, Tortona
Date: 24 settembre 2011 - 19 febbraio 2012
Orari: dal giovedì alla domenica dalle 11.00 alle 19.00
Catalogo: Skira editore

Immagine: Emilio Longoni, Natura morta con frutta candita e caramelle. Studio dal vero, 1887, olio su tela, 63x110 cm, Collezione Giuseppe Treves, Milano.

sabato 1 ottobre 2011

Bellini, Botticelli, Pollaiolo. Capolavori s-velati da Omar Galliani

di Sonia Gammone

Fino al prossimo 23 ottobre sarà possibile ammirare presso io Museo Poldi Pezzoli di Milano, una particolare mostra realizzata da Omar Galliani che ci propone una sua rivisitazione e reinterpretazione di tre capolavori dell’arte italiana rinascimentale: il Ritratto di dama di Piero del Pollaiolo, il Compianto sul Cristo morto di Sandro Botticelli e l’Imago Pietas di Giovanni Bellini. Tre capolavori ai quali Galliani riserva un omaggio d’artista del tutto particolare e volutamente personalissimo. In particolare sull’opera del Pollaiolo, è stata eseguita una reinterpretazione originalissima che vede il Ritratto di dama trasposto in grandi dimensioni, due metri di altezza e quattro di base, interamente realizzata a matita su tavola. Di grande impatto visivo per le dimensioni, l’opera vuole essere nelle intenzioni dell’artista un’immagine di contrasto e di specularità data dall’utilizzo di una tavola di pioppo grezzo con il contrasto della luminescenza di una matita che mette il soggetto come davanti ad uno specchio. Le opere e le stesse bozze preparatorie sono esposte negli ambienti del museo con una grande ricercatezza che li mette a confronto con le altre opere e gli stessi ambienti del Museo di Poldi Pezzoli. Sicuramente un appuntamento singolare ma di grande innovativa reinterpretazione e svelamento delle opere del passato.